A proposito di INVALSI: lettera
aperta di risposta a Maurizio Tiriticco
di Anna Angelucci
Coordinamento scuole secondarie di Roma
Tra "le bordate della destra
berlusconiana" e quelle "dell'ultrasinistra che vede in quelle prove la
mano del demonio" ci sono decine di migliaia di insegnanti lucidi,
equilibrati e raziocinanti che, in queste ultime settimane, stanno esprimendo
parere negativo nei confronti delle prove INVALSI, sia sul piano
giuridico-formale, sia sul piano pedagogico-culturale.
Le prove INVALSI per la
valutazione degli apprendimenti degli studenti della seconda e quinta classe
della scuola primaria, della prima e terza classe della scuola secondaria
di I grado e della seconda classe della scuola secondaria di II grado sono
obbligatorie per l'INVALSI che, dunque, deve provvedere autonomamente
alla loro concreta somministrazione, al controllo del loro svolgimento e
alla loro correzione in tutte le scuole accreditate, ad eccezione della
terza classe della scuola secondaria di I grado dove le prove INVALSI sono parte
integrante dell'Esame di Stato, in virtù della legge 176/2007.
Tuttavia, la nota ministeriale
3813 del 30/12/2010 sottolinea la necessità della collaborazione dei docenti
"in tutte le diverse fasi della procedura" e il Presidente
dell'INVALSI, Cipollone, in una lettera inviata ai dirigenti lo scorso 10
gennaio, specifica che nelle classi prive di osservatore esterno saranno i
docenti a "provvedere direttamente alla correzione delle prove, riportando
gli esiti su un foglio risposta", aggiungendo altresì che "non vanno
tra l'altro trascurati i connessi risparmi finanziari".
Quindi, ricapitolando, l'INVALSI
deve obbligatoriamente rilevare gli apprendimenti degli studenti, ma non
disponendo di risorse umane e finanziarie adeguate chiede ai docenti, che non
sono affatto obbligati a rilevare gli apprendimenti dei loro alunni attraverso
le prove INVALSI, di farlo e di farlo gratis o, tuttalpiù, con un piccolo obolo
strappato all'ultimo momento dai magrissimi bilanci delle singole scuole. Tutto
questo non ci sorprende: la stima del costo complessivo
dell'intera operazione, se condotta tutta dall'INVALSI nel triennio 2009 -2011
(materiali stampa e spedizione, somministrazione e correzione), variava da 31 a
81 milioni di euro; i costi di una rilevazione graduale, censuaria,
campionaria, quindi con la collaborazione volontaria del personale delle scuole,
arriva complessivamente intorno ai 20 milioni di euro: decisamente un bel
risparmio! Del resto al MIUR, e quindi per estensione a
tutte le sue diramazioni, INVALSI compreso, negli ultimi anni si sono abituati a
considerare le spese per l'istruzione solo come uno spreco, e le
remunerazioni dei docenti (fannulloni e comunisti) un optional!
Sarà dunque legittimo che i
docenti riflettano attentamente sulla questione, che si pongano il problema
dell'opportunità della collaborazione richiesta e che formalizzino un loro
parere, che a mio avviso non può essere che negativo, in una mozione del
Collegio dei docenti, visto che l'intera operazione viene "allocata"
internamente alle istituzioni scolastiche?
E ancora.
Che le prove INVALSI per la valutazione
degli apprendimenti degli studenti siano uno degli strumenti di valutazione
delle scuole (ergo, per metonimia, dei docenti) è un dato di fatto.
E' scritto nella legge 53/2003 e
nel d. lgs. 286/2004 che hanno definito il profilo dell'lNVALSI, nonchè
nelle direttive triennali 74/2008 e 67/2010; è spiegato molto chiaramente nel
documento di Checchi, Ichino, Vittaddini (non a caso intitolato "Un sistema
di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole: finalità e
aspetti metodologici"); è ribadito nei progetti di sperimentazione della
valutazione del merito delle scuole proposti quest'anno dal Ministero.
Esse si fondano sul concetto di "valore
aggiunto", ovvero sul quid che nella performance dello studente
può essere attribuito specificatamente alla scuola e ai suoi insegnanti (al
netto del contesto socioeconomico e culturale in cui lo studente vive e di ciò
che può essere attribuito allo studente stesso) considerato un indicatore di
efficacia.
Il "valore aggiunto" delle scuole
superiori si misura dunque su un prodotto parziale, costituito da alcune
competenze dell'alunno, di base e disciplinari, attraverso prove oggettive
standardizzate, ascrivibili alla modalità del testing e del problem
solving, costituite da domande a risposta chiusa e aperta, corrette sulla
base di un protocollo pubblico, indipendentemente dal tipo di scuola e
dall'indirizzo di studio frequentato o da come e dove si è assolto l'obbligo
formativo (sic!).
Tralascio ogni riflessione
pedagogica, didattica, professionale e di politica culturale che questa
operazione induce!
Dico semplicemente che
i risultati delle indagini pedagogiche italiane e internazionali più
recenti invitano alla cautela.
Nelle loro analisi sul "valore
aggiunto", esse rilevano differenze significative di efficacia tra classi,
non tra istituti. Rilevano inoltre una forte
correlazione tra rendimento e status socio-culturale e addirittura
l'incremento delle differenze di rendimento tra studenti con opposte
caratteristiche socio-culturali, il che significa che le scuole inserite in
contesti svantaggiati sono già in partenza penalizzate. Mette appena conto
notare che nel progetto di valutazione delle scuole proposto dal MIUR
l'erogazione del "premio" veniva garantita a una percentuale predefinita di
scuole cosiddette "migliori", dunque con una logica esattamente opposta a quella
che il semplice buon senso (e l'art. 3 della Costituzione) suggeriscono: dare
più risorse alle scuole in difficoltà.
In un sistema
di accountability (che la scuola come istituzione, e non come
servizio variamente declinabile sul territorio, non può che rigettare),
il "valore aggiunto" appare dunque come un indicatore non solo
scarsamente informativo ma, direi, fuorviante e iniquo.
Ma la finalità ultima del Governo
non è quella di valorizzare e promuovere l'attività didattica nelle scuole,
bensì, come è chiaramente espresso nei titoli II e III del d. lgs.
150/2009, attivare un meccanismo punitivo/premiante della performance dei
docenti, oggi ancora inapplicato in assenza del previsto decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri.
Del resto, nell'Introduzione alla
proposta del MIUR di progetto sperimentale per premiare gli insegnanti si dice
esplicitamente che "le azioni del Ministero sono in coerenza con i principi
del d.lgs. 150/2009, con particolare riferimento ai sistemi di misurazione della
performance".
I nostri sforzi per ricondurre la
questione in una cornice pedagogica e culturale appaiono dunque, di fronte a
questo, del tutto inappropriati.
Queste sono le ragioni logiche,
prima che sindacali, che legano il rifiuto pressochè unanime delle
sperimentazioni per la valutazione del merito delle scuole e dei docenti e,
oggi, la somministrazione delle prove INVALSI per la valutazione degli
apprendimenti degli studenti, obbligatorie per tutti solo negli esami di III
media in virtù di una legge, la 176/2007.
E sono tante, generali e particolari. Di metodo e di
merito.
Con la sua politica economica e con le
sue iniziative legislative questo governo sta distruggendo la scuola
statale, sta azzerando il "valore aggiunto" che l'istituzione-scuola
ha avuto nel contesto storico-sociale italiano dal dopoguerra a oggi,
con un drenaggio di risorse umane e finanziarie che appare
irreversibile e che inficia radicalmente le condizioni per la costruzione
di qualunque possibile forma di insegnamento/apprendimento dignitosa,
articolata, ricca, profonda ed efficace.
Attraverso la progressiva dismissione
di un'istituzione garantita dalla Costituzione, si sta violando il
principio fondamentale della garanzia delle pari opportunità, del
superamento degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità
umana, della possibilità per i giovani di esercitare una cittadinanza attiva e
partecipativa e di concorrere al progresso materiale e spirituale della
società.
Non possiamo accogliere alcuna proposta di sperimentazione
del merito nè di valutazione del sistema che non sia condotta attraverso forme e
criteri condivisi e costruiti con i docenti, con le famiglie e con gli
studenti; che non sia preceduta da seri investimenti sulla sicurezza degli
edifici scolastici e dalla creazione di nuove scuole; che non sia accompagnata
da seri investimenti sulle attività didattiche dei bambini e degli
adolescenti normodotati e disabili, o non italofoni, o con bisogni speciali, da
una drastica riduzione del numero degli alunni per classe e dalla creazione di
un organico stabile e funzionale in ogni singola scuola.
Il governo
restituisca alle scuole tutto il denaro che ha sottratto con la legge 133 del
2008. Abroghi tutte le riforme, fatte solo per esigenze di bilancio, senza
nessuna reale valutazione pedagogica e didattica, che hanno
cancellato le migliori esperienze di tutti i segmenti della pubblica
istruzione. Rimetta gli enti locali in condizione di provvedere alla sicurezza
degli studenti e dei lavoratori e di garantire il diritto allo studio. Respinga
i privati nel mercato, fuori da un’istituzione sancita dalla Costituzione.
Poi, quando tutto
questo sarà stato fatto, potremo finalmente chiarire di cosa parliamo quando
parliamo di valutazione e merito.
Cordialmente
Anna
Angelucci