UNICOBASaCONVEGNO UMANISTAsu"ANARCHISMOe POLITICA"
Centro
Mondiale di Studi Umanista
2°
Simposio Internazionale
Fondamenti
della nuova civiltà
(tre
giornate)
Programma
del Parco di Attigliano in Italia
h.
09.00 – Iscrizioni
h.
10.00 – Apertura della II giornata
h.
10.15 – Seconda sessione: L’organizzazione
sociale e l’ambiente
_________Interventi dell’area: Diritto,
Politica e Economia
_________Interverranno: Hervé Andres, Stefano
d’Errico, Enrico Longo, Alessandro Pizzoccaro
h.
13.00 – Lunch
h.
14.00 – Interventi dell’area: Educazione e Salute
_________Interverranno: Mario Betti, Cinzia Mion,
Pat Patfoort
h.
14.00 – In contemporanea: Tavola rotonda sul Maschile ed il
Femminile
_________Interverranno: Marcella Serli, Irene
Serini, Davide Tolu
h.
17.00 – Interventi dell’area: Ambiente
_________Interverranno: Dominique Béroule, Jacopo
Fo, Alessandro Ronca
h.
18.30 – Omaggio a Silo ispiratore e fondatore del Nuovo
Umanesimo Universalista
h.
19.30 – Chiusura della II Giornata
h.
20.30 – Cena sociale
Seconda
sessione: L’organizzazione sociale e l’ambiente
Relatori nell’area Diritto, Politica e
Economia
Hervé
Andres
Hervé Andrès (1966), è dottore in scienze politiche presso
l'Università Parigi 7 Denis Diderot (2007). Lavora come ingegnere nel Centro
Nazionale della Ricerca Scientifica a Nizza, presso un laboratorio specializzato
in ricerche sulle migrazioni e sulle relazioni interetniche. Il suo
dottorato verte sulla problematica del diritto di voto agli stranieri, intesa
come sintomo della crisi del modello democratico degli Stati sovrani odierni. I
nuovi modelli di ricerca lo conducono anche a studiare lo sport-spettacolo come
fenomeno politico, principalmente a partire dal tema della nazionalità nello
sport.
Titolo
intervento
L'esclusione
degli stranieri dal diritto di voto: punto nevralgico di contraddizione tra
sovranità e democrazia.
ABSTRACT
Gli
stranieri possono votare in un paese su tre al mondo e solo in alcuni scrutini.
Pertanto nessun paese al mondo riconosce una rigorosa uguaglianza politica tra i
propri cittadini e i residenti stranieri. Così il paradigma che concepisce la
cittadinanza come un rapporto di fedeltà verso uno Stato sovrano predomina nei
fatti e, ancora di più, nello spirito. Il diritto di voto è oggi il principale
strumento, al tempo stesso simbolico e strumentale, che segna la formazione di
una comunità politica e contribuisce a legittimare i suoi meccanismi
decisionali. Gli stranieri, se residenti in una comunità politica, sono
sottomessi alle stesse disposizioni dei cittadini della nazione in cui si
trovano. Se esclusi del diritto di voto, non partecipano alle decisioni che li
riguardano, e questo pone un problema di legittimità
democratica.
Stefano
D’Errico
Stefano D’Errico (1953) partecipa al movimento degli studenti del
1968 e, successivamente, a diverse esperienze comunitarie di quel periodo.
Attivo nell’anarchismo romano, collabora a lungo alla rivista “A” e ad “Umanità
Nova”. È fra i fondatori della Cooperativa “Bravetta ‘80”, esperienza pilota
capitolina, autogestita dall’area del “movimento” contro l’istituzionalizzazione
della tossicodipendenza e per il recupero del sottoproletariato urbano. Sviluppa
una lunga ricerca collettiva sul campo, riferita in AA. VV., La diversità
domata. Cultura della droga, integrazione e controllo nei servizi per
tossicodipendenti (a cura di R. De Angelis, Istituto “Placido Martini” -
Officina Edizioni, Roma 1987).
Tra gli animatori dei Comitati di Base della
Scuola, nel 1990 d’Errico diviene segretario nazionale della Confederazione
Italiana di Base Unicobas, prima realtà intercategoriale del sindacalismo
alternativo in Italia. Negli anni ’90, contribuisce anche allo sviluppo
dell’Associazione culturale “l’AltrascuolA”, attiva sul terreno
dell’aggiornamento dei docenti, promotrice di studi e convegni. Firma
l’introduzione di A scuola fra le culture del mondo (D. Rossi, Teti Editore,
Milano 2000) ed un libro di materia sindacale (Tutti i contratti. Manuale per
l’uso, U Book – Rubbettino, Catanzaro 2000).
Titolo
intervento
L’anarchismo
fra politica ed antipolitica
ABSTRACT
Il dominio del socialismo statalista ed
autoritario che ha immancabilmente prodotto il capitalismo di stato in tutti i
paesi in cui s’è imposto o la socialdemocrazia (per lo più integrata nel sistema
di sfruttamento, compartecipe della spoliazione del Terzo Mondo), non poteva che
compromettere la sinistra su basi planetarie. Il giacobinismo moderno, succube
di ciò che Camillo Berneri denunciò già negli anni Trenta come mito
“operaiolatra”, ha da una parte corroborato la crescita selvaggia
dell’industrialesimo, la crisi ambientale ed il saccheggio indiscriminato delle
risorse. Dall’altra ha quasi imposto un marchio xenofobo contro i contadini
(considerati “retrivi” e “piccolo borghesi”) e negato (come il colonialismo) le
culture astatali libere dalla soccombenza alla produzione, considerate
“involute” dallo stesso Marx. L’etnocentrismo occidentale ha così avuto mano
libera nell’imporre su basi globali il proprio modello tecnologico, culturale e
religioso come “marchio di fabbrica” ed un sistema mercantile assolutamente
apocalittico e fine a se stesso.
Il primo revisionismo (quello autoritario)
ha “sdoganato” nel movimento dei lavoratori la cosiddetta “statualità
proletaria”, ovvero l’utilizzabilità del principale veicolo del sistema di
sfruttamento (poiché non sono le classi a produrre lo stato, ma è lo stato che
ne determina la nascita). In ambito politico, tutto ciò ha accreditato
l’utilizzazione sconsiderata dell’autonomia del partito (nuova classe dirigente)
in funzione totalitaria. Con buona pace di Lenin, il comunismo autoritario ha
imposto a milioni di persone un “pensiero unico” ante litteram basato
sull’assurdo di un materialismo cosiddetto scientifico considerato (su basi
idealistiche e deterministe) perfetto ed “invincibile”, negando al contempo il
metodo sperimentale ed empiriocriticista (libertario e pluralista per
definizione). Tali sono le radici della ragion di stato giacobina (del partito
fatto stato) e dell’assurdo di una (presunta) eguaglianza conquistabile in
assenza di libertà con la dittatura del (sul) proletariato. E vi sono elementi
di prossimità anche con le inevitabili accezioni del resto della “modernità”
involuta, rappresentate dai totalitarismi di destra (ugualmente statalizzatori)
e dalle democrazie apparenti, blindate e consociative. Tali i punti di contatto
con il pensiero unico attuale (neo-darwinismo sociale e revanche del
capitalismo), impostosi dopo che il crollo del socialismo autoritario ha –
nell’immaginario collettivo di una sconfitta “cosmica” – trascinato con sé anche
l’incolpevole socialismo libertario. A questi si può imputare infatti solo un
vizio sovrastrutturale ed indotto rispetto alla propria ideologia: quello di
aver buttato il bambino (la politica intesa come autogoverno della
polis) insieme all’acqua sporca (il politicismo), impedendosi infine di
esprimere in tempi e modi dovuti quella critica radicale e di classe al
capitalismo di stato che è parte imprescindibile della sua base fondativa dai
tempi di Proudhon e Bakunin.
Oggi occorre partecipare ai movimenti radicali,
progressivi e d’emancipazione riconoscendone finalmente la necessaria e
strutturale pluralità. Se vogliamo riprendere il cammino interrotto non possiamo
abbandonarci alle subdole trappole del revisionismo storico, tantomeno
dimenticare le nostre origini, come credono di poter fare i fanatici del “post”
(“post-moderno, post-socialismo, post-anarchismo”). Né adottare la “religione”
del “nuovismo” (“neo-socialismo, neo-anarchismo”), per sua natura troppo
eterogeneo, caotico e indistinto.
I movimenti (e non vanno trascurate le
organizzazioni sindacali di base che adottano un metodo libertario ed
autogestionario), devono ricominciare dalla loro autonomia rispetto alla
politica, negando proprio la cosiddetta “autonomia del politico”. Se devono
ripartire dai propri ambiti specifici e dal territorio, costruendo una rete di
democrazia diretta solidarista, associazionistica e comunalista in alternativa
al centralismo ed allo stato, occorre soprattutto che imparino onestamente a
subordinare la politica all’etica, perché il fine non giustifica i mezzi. Ma, al
tempo stesso, non possono negare di assumersi le responsabilità che tutti coloro
che sviluppano azione sociale hanno di fronte alla storia. Devono svincolarsi
dalla paura di “compromettersi”, da ciò che Berneri indicava come “fobia della
degenerazione” (e lo diceva criticando giustamente anche il diktat
onnicomprensivo dell’astensionismo). Occorre evitare la confusione fra giudizi
di merito e giudizi di valore, ovvero che passi tattici assurgano al ruolo di
principi (e che i principi stessi vengano considerati inamovibili persino a
fronte di una loro eventuale confutazione, sedimentino un’ortodossia
integralista). Quanti vogliono cambiare le cose devono aborrire particolarismi e
soggettivismi e dotarsi di un’organizzazione e di un programma collettivo
flessibile e sempre riformabile.
Occorre ritornare alle basi del socialismo
umanitario e libertario, moralmente intransigente, eppur tollerante ed aperto
alla sperimentazione. Chi vuole cambiare il mondo deve accettare strutturalmente
la necessità del pluralismo e del confronto quali elementi inalienabili. Sarebbe
bene convincersi del fatto che, se è giusto perseguire la perfettibilità, non
esiste la perfezione assoluta. L’idea stessa di una società “trasparente” è
assolutamente totalitaria. L’idea di potere deve ridursi al diritto di poter
fare. Va apertamente rifiutata a priori qualsiasi forma di dittatura,
palese o occulta che sia. Il totalitarismo, sotto qualsiasi forma, non può certo
costruire la libertà né, tantomeno, l’eguaglianza. In nessun caso, neanche di
fronte al cambiamento radicale o alla rivoluzione, si è da soli, ed anche
qualora si fosse maggioranza (come capitò agli anarchici spagnoli), la cosa di
per sé non esime dalla politica. Occorre quindi tener sempre presente a priori
che sono necessarie delle alleanze, riconoscendo l’alterità delle forze in campo
e delineando un progetto gradualista che non si ponga in contraddizione con il
fine ultimo. Sapendo prefigurare e concordare percorsi comuni con altre forze,
senza nessun tabù sulla politica né complessi d’inferiorità o chiusure settarie.
Non si tratta di accettare quel riformismo che vuole solo “aggiustare”
l’esistente, ma neppure di abbandonarsi ad un massimalismo totalizzante che nega
la necessità di una politica dei piccoli passi. In ultimo, proprio il “fine” va
concepito come un (problematico) inizio: non esistono palingenesi
sociali.
Enrico Longo
Dottore in Economia e Commercio. Nel 2001
inizia la sua attività nel Movimento Umanista e, nel 2003 si dimette dal proprio
incarico nel mondo finanziario e bancario. È oggi responsabile di progetti FSE e
docente di discipline economiche nel circuito delle Agenzie Formative del
Piemonte. Co-fonda l’Associazione Culturale Jak Bank Italia, organizzazione che
ha l’obiettivo di riprodurre in Italia il modello svedese di banca senza
interessi, e, nel 2008 viene eletto presidente. Nello stesso anno è relatore al
convegno internazionale sulla Finanza Etica tenutosi a Torino, in
compartecipazione con Jak Medlemsbank, esponenti della finanza etica
internazionale, dell’Università degli Studi di Torino, del circuito MAG e di
Banca Popolare Etica.
Titolo
intervento
Il
ruolo delle banche nella sperequazione ed un futuro senza
interessi
ABSTRACT
L’alba
di una nuova civiltà è prossima. Sono passati settecento anni da quando i
mercanti-banchieri fiorentini e veneziani intuirono la legge dal miglior
rendimento, sperimentando empiricamente ciò che secoli dopo il pragmatismo
inglese formalizzò con la tesi della mano invisibile. La schiavitù imposta dalle
banche ha da tempo prodotto la propria antitesi e richiede ora con forza quella
sintesi che permetta il superamento del vecchio ad opera del nuovo.
La
superpetroliera del libero mercato ha solcato gli oceani dell’economia avanzando
lenta e silenziosa, percorsa da una nera vibrazione. La sua lentezza ha rivelato
una potenza distruttrice, in ragione della sua stazza e del suo peso. Una nuova
coscienza globale ha dato l’ordine d’arresto, ma i comandanti sanno che la loro
nave colossale non si fermerà senza prima aver percorso ancora decine di miglia.
Nel poco tempo che rimane loro, non potranno salvare il prezioso carico e, nel
tentativo, affonderanno con esso.
La sovrastruttura degli interessi, generata
dalle leggi di signoraggio ed implementata dal turpe meccanismo della riserva
frazionaria, ha permesso per secoli la creazione di moneta ex nihilo. Dal nulla,
da virtuali scritture contabili, le banche hanno attirato a sé, come idrovore
inarrestabili, la ricchezza generata dal lavoro delle persone. Abbiamo affidato
loro il nostro denaro, e con il nostro denaro hanno alimentato il cancro della
finanza, un grattacielo costruito su fondamenta di carta e volto ad alimentare
unicamente i settori a maggior tasso di rendimento.
Negli ultimi anni le
banche hanno incrementato vertiginosamente le loro attività. Alcune di esse
hanno iscritto a bilancio assets superiori al Prodotto Interno Lordo dei propri
paesi. Il vero stato, dopo aver dettato il trattato di Maastricht, ha palesato
il proprio potere, politico e monetario, come estremo atto di forza. Non è
necessario, per chi voglia saper vedere, esplicitare i numeri della strage. È
sufficiente osservare la fame, la morte e la sofferenza che come un cupo
mantello ricoprono l’intero pianeta.
Le fondamenta hanno ceduto. È compito di
tutti noi mettere in atto un nuovo modello. La nube di detriti e polvere, che
per troppo tempo ha oscurato la vista, si sta diradando e la luce di una nuova
civiltà mostra i suoi raggi.
Alessandro
Pizzoccaro
Imprenditore, è fondatore di GUNA, la 5° azienda farmaceutica al
mondo nel settore delle medicine naturali e di origine biologica. Sostenitore
attivo di un paradigma medico non violento, ha portato la sua azienda ad essere
una best-in-class nell'impegno sociale. E' stato il principale sostenitore del
tratto italiano della Marcia Mondiale per la Pace e la Non Violenza del
2009.
Titolo
intervento
La
felicità interna lorda: dai paradigmi del XX secolo alla vera misura del
benessere
ABSTRACT
Numerosi
segnali indicano che due paradigmi alla base del nostro vivere sociale odierno
si stanno dimostrando per lo più inadeguati: il paradigma economico e il
paradigma medico.
È accettabile un sistema sociale dove l’1 per cento della
popolazione possiede il 40 per cento delle ricchezze, dove 34.000 (trentaquattro
mila!) bambini muoiono ogni giorno per denutrizione, dove oltre il 50 per cento
del pianeta vive con meno di due dollari al giorno? Per quanto riguarda il
management delle imprese, la parola-chiave allora dev'essere «responsabilità
sociale», ossia un approccio alla ricerca del profitto e dell’ottimizzazione
delle risorse che può e deve integrarsi pienamente con l’attenzione costante
alle conseguenze sociali delle proprie decisioni imprenditoriali. Gli
imprenditori devono assumersi la responsabilità del buon andamento delle proprie
aziende, della soddisfazione dei propri dipendenti, dell’atteggiamento leale nei
confronti dei concorrenti ma devono anche perseguire fini non indirizzati
all’obiettivo unico della massimizzazione del profitto ma che sappiano anche
rispondere alle necessità umane, della comunità e dell’ambiente. Se
dall’ambito economico passiamo a quello della salute, ritroviamo lo stesso
paradosso e la medesima contraddizione di fondo: il «paradigma commerciale», il
«paradigma scientifico riduzionista» così funzionale per l’esasperazione
tecnologica, non funziona per l’uomo, per la sua salute e il suo benessere.
Finanziamenti pubblici, investimenti privati, ricerche, biotecnologie e
medicinali sofisticati paradossalmente non ottengono un autentico miglioramento
dello stato di salute, non necessariamente consentono una vera guarigione e non
contribuiscono al benessere. Sarebbe allora assai interessante identificare
e convalidare un metodo di verifica delle cose che possa misurare lo stato di
salute globale dei cittadini e della società attraverso un indice innovativo,
una sorta di indice di «Energia interna lorda» (...)
Relatori
nell’area Educazione e Salute
Mario
Betti
Laureato in Medicina e Chirurgia. Specializzazione in Psichiatria. Ha
compiuto il Training di formazione in psicoterapia relazionale. Autore di
numerosi testi e articoli. Formazione quadriennale in Medicina Psicosomatica
presso l'Istituto Riza di Milano. Ha approfondito lo studio del mesmerismo e
degli stati modificati di coscienza. Da tre anni collabora con il Villaggio
Globale di Bagni di Lucca ed ha introdotto l'uso dei trattamenti olistici
transpersonali (tecniche di meditazione, di bioenergetica, di respirazione, di
ipnosi) nella terapia dei disturbi psichici. Fondatore della Scuola Umanistico
Scientifica per la Salute Mentale (www.schesis.it)
Titolo
intervento
Schesis: una prospettiva umanistico scientifica per
la salute mentale. Esperienze di trasformazione nel servizio
pubblico.
Cinzia
Mion
Dirigente scolastica dal 1974 al 2001 con sedi di servizio a Conegliano,
Perugia, Treviso. Socio fondatore della Associazione Nazionale Dirigenti
Scolastici di cui ha ricoperto la carica di vicepresidente dal 1989 al 1995, poi
presidente del Consiglio Nazionale della stessa Associazione, ora membro del
Consiglio. Ha presieduto il gruppo che ha elaborato il CODICE ETICO DEI
DIRIGENTI SCOLASTICI (1993) all’interno della stessa Associazione. Iscritta
all’albo degli Psicologi della Regione Veneto dal 19/10/93 con il numero1054.
Dal 1989 al 2000 membro del COMITATO PARI OPPORTUNITA’ donna- uomo presso il
Ministero della Pubblica Istruzione, Ufficio Studi e Programmazione, comitato
che si è interessato della formazione di un’identità di genere di bambini e
bambine, il più possibile scevra da stereotipi, a partire dai tre anni. La
rivoluzione culturale delle Pari Opportunità parte da queste premesse. Cultrice
della materia “Psicologia dell’apprendimento” presso l’Università agli studi di
Perugia- Facoltà di Scienze della Formazione. Docente a contratto presso la
medesima Università e presso l’università di Udine.
Esperta e formatrice
secondo l’approccio relazionale a mediazione corporea con adulti (docenti,
operatori ASL, psicologi, medici, fisioterapisti, ecc.), Formatrice in
psicomotricità relazionale.
Esperta e formatrice nel campo delle dinamiche
relazionali secondo il modello di analisi psicosociale. Formatrice alla gestione
del “Gruppo come strumento di lavoro”. Competenze teoriche e pratiche in
psicologia dell’apprendimento, con particolare riferimento all’approccio
socioculturale; competenze metodologico-didattiche riguardanti la valutazione,
la continuità, l’intercultura, ecc.. Formatrice in educazione alla
cittadinanza.
Titolo
intervento
Educare
alla cittadinanza oggi.
ABSTRACT
Oggi
in Italia il deficit di etica pubblica, che si registra crescere continuamente,
caratterizza la difficoltà di educare alla cittadinanza. Cittadinanza che si
deve contrassegnare non soltanto come capacità di costruire la categoria mentale
e poi etica del bene comune - che prenda in considerazione non solo il proprio
tornaconto ma anche quello della collettività - ma anche come evoluzione della
caratteristica della sudditanza , purtroppo ancora pervasiva e sempre alla
ricerca di protettori, privilegi, favori , in autentica cittadinanza. Questa
trasformazione , che poggia sull’etica della responsabilità , dovrebbe essere in
grado invece di renderci orgogliosi di pagare qualche prezzo, nel senso di
rinuncia a ipotetici vantaggi, pur di non asservirci.
La deriva economica
attuale del neoliberismo che ha legittimato un individualismo sbrigliato ,
insieme alle rinforzate derive sociali del consumismo e del conformismo, hanno
partorito l’indifferenza e la non-curanza nei confronti degli altri e del
pianeta. Lo storico familismo amorale che da troppo tempo caratterizza il popolo
italiano insieme alla tendenza tutta attuale ad un narcisismo diffuso a tutti i
livelli, che neutralizzano qualsiasi etica del limite, rendono ancora più
difficoltosa l’educazione alla cittadinanza.
La scuola, sensibilizzando al
presente problema anche la famiglia, dovrebbe accettare questa sfida essenziale
ed ormai ineludibile di educare alla cittadinanza autentica , per salvare il
Paese dalla china inquietante che è sotto gli occhi di tutti e che ci sta
portando sempre più lontano da quella Repubblica Democratica che avevano
vagheggiato i nostri Padri Costituzionali.
Pat
Patfoort
Antropologa fiamminga belga, nata nel 1949. È docente, trainer e
mediatrice a livello internazionale nel campo della Trasformazione e della
Gestione Nonviolenta del Conflitto. Autrice di diversi libri e articoli,
tradotti in varie lingue. Co-fondatrice e direttrice del centro per la gestione
nonviolenta del conflitto “De Vuurbloem” (“Il Fiore di Fuoco”) a Brugge, in
Belgio. Tiene lezioni e conferenze in molte Università del mondo (Belgio,
Italia, Olanda, Svezia, Spagna, Stati Uniti, Russia, ecc.)
Titolo
intervento
Educare
alla nonviolenza non è un'utopia ma una scelta concreta ed
efficace
ABSTRACT
Educare
alla nonviolenza significa mettere veramente in pratica, nelle nostre relazioni
con i bambini, valori quali l'ascolto, il rispetto, la tolleranza e l'amore
verso gli altri e verso noi stessi. Quando non lo facciamo, in generale, non è
perché non vogliamo ma perché non sappiamo come farlo.
Il
metodo MmE (o Maggiore-minore-Equivalenza) ci offre un sistema per realizzare
quello che desideriamo tanto ardentemente e profondamente: costruire con ed
attraverso i nostri figli un mondo in cui ognuno possa sentirsi felice di vivere
e di svilupparsi.
Pat Patfoort, che ha creato il metodo MmE e che lo ha
utilizzato e provato da vari decenni in molti paesi del mondo, con molteplici
gruppi ed in situazioni molto diverse, ci presenterà personalmente questo metodo
illustrandolo con alcuni esempi molto chiari.
Relatori nell’area:
Ambiente
Dominique
Béroule
È ricercatore in Scienze Cognitive del CNRS (Centro Nazionale
della Ricerca Scientifica) in Francia dove ha sviluppato un modello di
memoria associativa di ispirazione neurobiologica. Come attivista, dette
inizio dal 2005 fino a 2007 alle Giornate Internazionali di Opposizione
Collettiva agli OGM e, dal 2008, a AlterTour "Per un Pianeta senza
Doping"
Titolo
intervento
L'ambiente
sottoposto al doping generalizzato della società
ABSTRACT
L'uomo
moderno non può esulare dalla constatazione che il suo ecosistema non sta bene e
che egli è il principale responsabile di questa situazione. Le nostre risorse
energetiche si esauriranno in alcuni decadi; le risorse naturali
indispensabili per la sopravvivenza - l'aria, l'acqua, la vegetazione - e
con esse la diversità della vita sulla Terra sono deteriorate come mai in
passato.
E tuttavia, i privilegiati del pianeta continuano a consumare senza
moderazione, subito seguiti dai cosiddetti popoli "in via di
sviluppo."
E tuttavia, lo spirito di competizione continua a dominare le
relazioni internazionali, ne consegue lo sfruttamento sfrenato e non coordinato
delle risorse naturali.
E tuttavia, gli scienziati appoggiano ancora questo
doping dell'economia con la speranza di risolvere i problemi ambientali che ne
derivano.
Come è possibile giustificare uno sviluppo della società tanto poco
adeguato alla difesa del pianeta?
Forse la risposta a questa domanda si
potrebbe trovare in un altro comportamento irrazionale: Quello del
fumatore che scopre gli effetti secondari del consumo di tabacco senza comunque
interromperlo. L'uomo moderno, come il fumatore, è spinto dalla ricerca di una
soddisfazione immediata che gli fa trascurare le conseguenze a lungo termine
delle sue azioni. Egli è diventato dipendente da prodotti pubblicizzati dal
sistema politico finanziario dominante, come ad esempio la chimica
per l'agricoltore, il credito, l'elettricità permanente, l'automobile ed il
telefono cellulare per tutti.
Una eventuale rinuncia a questo modo di vita
implica in primo luogo, prendere coscienza della realtà delle nostre dipendenze
e dei loro effetti negativi e successivamente, disporre di alternative alle
varie "droghe" * che riguardano l'economia, l'agricoltura, i trasporti, la
produzione di energia, le telecomunicazioni.: Modelli di attività che siano
contemporaneamente rispettosi dell'ambiente e generatori di soddisfazione
personale.
Questa ricerca di alternative a differenti forme di doping della
società attuale costituisce un avvicinamento all'obiettivo generale che qui
c'interessa, descritto da un'esperienza di vita collettiva itinerante:
“l'AlterTour per un pianeta senza doping."
* Definizione del doping
generalizzato: Ogni procedimento che aumenta temporaneamente certe
capacità, ma che genera deterioramenti e dipendenze durevoli.
Jacopo
Fo
È uno scrittore, attore fumettista e regista italiano. Figlio di Dario Fo
e Franca Rame. È il fondatore della rivista Cacao che ha portato in
seguito sul web abbinata al progetto della Libera Università di
Alcatraz da lui lanciato nel 1979.
Fo ha anche pubblicato a dispense, ed
in dodici volumi, l'Enciclopedia del sesso sublime. Impegnato in
battaglie civili e di solidarietà sociale, cura un blog personale nel quale
esprime anche le proprie opinioni politiche e sociali. Ha appoggiato il V-Day.
Contrario alla produzione di energia nucleare, sostiene quella eolico
solare.
Titolo
intervento
Le
esperienze della Libera Università di Alcatraz per la costruzione di una nuova
civiltà
Alessandro Ronca
Nasce a Roma il 27 Marzo del 1967 e
sin da bambino manifesta una forte curiosità per il funzionamento delle cose che
lo circondano che lo accompagnerà fino ai nostri giorni. È proprio questa sete
di conoscenza che lo porta ad intraprendere moltissime attività ed esperienze
fin da giovanissimo che spaziano dal musicista al tecnico del suono a Direttore
del CET la scuola di musica di Mogol, dall’istruttore internazionale di sub al
direttore d’albergo a Manager e guida in campi safari in Africa, da Project
Manager nella costruzione di strutture ricettive in centro America a docente di
tecniche turistiche e Marketing in corsi comunitari; da perito elettronico a
progettista di edifici passivi, impianti a biomassa, fotovoltaici, eolici e
termosolari sperimentando tecniche di coltivazione agricole in arido coltura,
brevettando apparecchiature a basso consumo energetico, sistemi costruttivi
prefabbricati. Oggi, come studioso di energie e sistemi “rinnovabili”, progetta
e realizza in totale autofinanziamento, insieme ad alcuni amici, il PER – Parco
dell’ Energia Rinnovabile. Una struttura didattico turistica divulgativa, nella
quale si sperimenta un modello sostenibile di gestione delle risorse del pianeta
e dove si intende suscitare il “desiderio” ed il “piacere” di
cambiare
Titolo intervento
L'esperienza del PER, un eco parco per
l'autosufficienza
agro-alimentare.
ABSTRACT
Il sistema monetario mondiale e la logica del profitto
spingono gli esseri umani a concentrarsi nelle città, dove, con il denaro,
acquistano tutto ciò di cui necessitano. La città, in realtà, non
produce nulla di tutti quei beni primari, presumibilmente necessari ai
suoi abitanti per sopravvivere; questo e altri, i motivi per i quali occorre
invertire l’esodo nelle città. Noi pensiamo che occorra “riruralizzare” ed è
così che abbiamo creato il PeR (il Parco dell’Energia Rinnovabile),
con l‘intento di sperimentare un modello sostenibile di gestione delle risorse
del pianeta, pur mantenendo un elevato livello qualitativo della vita. Un centro
didattico, turistico, divulgativo, nel quale ,come studioso di energie
rinnovabili e sistemi sostenibili, insieme con altri professionisti ed amici,
abbiamo cercato e stiamo cercando una o più soluzioni alternative a questa
“deriva tecnico-sociale”. Suscitare il desiderio ed il piacere di
cambiare: sono questi due degli obbiettivi che si vogliono suggerire alle
persone che vengono a visitarlo.