Scuola, la prossima lotta
dei docenti
Oggi pubblico il
testo di un comunicato che mi ha inviato Stefano d’Errico dell’Unicobas
scuola.
L.L.
Unicobas scuola chiama alla mobilitazione contro la
riforma Gelmini
La prossima lotta di docenti di ruolo e
precari delle scuole superiori
Lo scorso anno scolastico è stata
la volta delle Elementari e delle Medie. Il governo delle “tre i” ha tagliato
decine di migliaia di cattedre e posti di ausiliari ed amministrativi, facendo
quasi sparire il bilinguismo e l’informatica dalla Secondaria di primo grado.
Con la medesima operazione il ministro unico Giulio Tremonti e la sua squadra
d’appoggio hanno mandato in tilt quella che l’Ocse considerava (per
qualità) la sesta scuola del pianeta, la Primaria italiana, ridotta a non avere
più copresenze (per il recupero dello svantaggio) fra i docenti, «spalmati»
anche su dieci classi (alla faccia del «maestro prevalente») e con un tempo
pieno residuale snaturato nella sua tradizionale unitarietà didattica e in
quantità non confacente alle crescenti richieste delle famiglie. E dai tempi di
Letizia Moratti il programma di storia in quinta elementare si ferma alla fine
dell’impero romano, per rimanere due-tre anni sull’età delle caverne… Vagli poi
a parlare della giornata della memoria! Il tutto grazie anche a un
centro-sinistra che ha colpevolmente lasciato intonse le modifiche retrive della
prime cervellotiche avances berlusconiane sull’organizzazione nazionale
dell’educazione. Ma era solo l’inizio.
Da settembre la scuola vivrà gli
effetti della «riforma» Gelmini anche nell’istruzione secondaria superiore.
L’impianto è costruito sull’ennesimo, spaventoso minimalismo culturale: il monte
ore verrà ridotto ovunque, il liceo Scientifico prevalente sarà privo del
latino, gli istituti Tecnici subiranno la drastica riduzione del lavoro di
laboratorio, i Professionali s’avviano a diventare copie (regionalizzate) dei
centri di formazione sottoposti ai non certo disinteressati diktat
dell’impresa; l’ultimo anno d’obbligo potrà essere svolto nell’apprendistato;
per «riciclare» gli insegnanti in esubero, le classi di concorso sono state
riviste e molte materie importanti verranno coperte da personale privo di titolo
specifico.
Ma non saranno soltanto docenti, programmi e alunni a farne le
spese: è il momento del sacrificio dei 60 mila precari che hanno occupato sinora
quelle cattedre vacanti sulle quali non s’era proceduto a collocare (come di
dovere) personale stabile. Siamo arrivati alla soluzione finale. Gli insegnanti
«a tempo determinato» non solo dovranno dire addio a ogni speranza d’assunzione:
quest’anno solo pochissimi di loro godranno persino del «canonico» incarico
annuale. Infatti, come se non bastasse, gli Uffici scolastici provinciali
offriranno per lo più cattedre a 24 ore, sia al personale di ruolo sia agli
incaricati annuali, infischiandosene del limite del contratto nazionale di
lavoro fissato a 18.
Per questi motivi il PUMA (Precari Unicobas
Movimento Autogestito), a partire dalle convocazioni di fine agosto, intraprende
una campagna nazionale di rifiuto delle cattedre superiori a 18 ore,
coinvolgendo sia i docenti di ruolo sia gli insegnanti precari.
In
particolare, i precari costruiranno un fronte comune (che l’Unicobas auspica
s’allarghi a tutti i coordinamenti e le sigle sindacali che non accettano la
manovra). Accetteranno le cattedre più consone e, nel caso in cui superino le 18
ore, rivendicheranno il diritto, sancito dall’articolo 28 del contratto
nazionale, a non svolgere un orario maggiorato di insegnamento (retribuito
peraltro con una mancia!). Nessuno può obbligare i lavoratori della scuola, che
siano precari o di ruolo, a forme di straordinario obbligatorio, e l’opzione
zero sulle ore aggiuntive verrà garantita dall’opera di patrocinio degli uffici
legali del sindacato.
In questo modo gli Uffici scolastici provinciali
saranno costretti a chiedere al ministero dell’Istruzione un’integrazione di
organico, si libereranno altri posti per i colleghi rimasti senza lavoro e,
riaprendo dall’inizio dell’anno scolastico il fronte del dissenso, si avranno
maggiori garanzie per il futuro della scuola pubblica.
Stefano
d’Errico (segretario nazionale dell’Unicobas Scuola)