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Primo dicembre 2005 – Giornata Nazionale degli Ata

Aumentano gli oneri di lavoro, proporzionalmente diminuiscono le risorse finalizzate alla valorizzazione delle posizioni stipendiali del personale ausiliario, tecnico ed amministrativo della Scuola.

Il nuovo contratto economico , siglato il 22 settembre 2005, coerente con quanto già concordato con i precedenti accordi tra le parti sociali ed il Governo, ripropone la logica premiale ed ipotizza  profili professionali sempre più complessi per i dipendenti. L’attribuzione delle risorse, infatti, avviene progressivamente, previa la frequenza – e l’esito favorevole – di appositi corsi di formazione. Ai collaboratori scolastici sarà affidata l’assistenza degli alunni diversamente abili e la cura del pronto soccorso . Agli assistenti amministrativi e tecnici sono destinati corsi di formazione per sopperire ai bisogni di maggiore responsabilità e di ulteriori competenze nella gestione del lavoro di supporto alla didattica. Ancora non sono chiare le modalità di valutazione dei titoli, dei percorsi formativi, né tanto meno la natura dell’incremento delle posizioni stipendiali. E’ facile sospettare che gli incrementi retributivi ricadano nella “voce” del salario accessorio, non configurabili, quindi, ai fini della previdenza complementare. Di certo, la valorizzazione retributiva è stata fissata in quaranta euro (mediamente) per i collaboratori scolastici, ed in quasi cinquanta euro per il personale dell’area ”B”. Questi aumenti,  chiaramente a regime,  coprono circa il 2% dell’aumento del costo della vita. Si sa che l’inflazione reale si aggira intorno al sette per cento almeno per quanto concerne i beni di consumo affrenti al polo agro-allimentare.

Alla luce di quanto esposto,  sono più che comprensibili il disagio e l’insofferenza di questa categoria di lavoratori. La mortificazione salariale, l’equivoco dettato delle norme contrattuali, l’insicurezza del posto di lavoro (mediamente, ogni anno l’organico è depotenziato del 2%), gli aumentati oneri di lavoro,  sempre più incrementati con le risorse del fondo di Istituto,  l’ipotesi (sempre più corposa) di una pensione che consente un tenore di vita prossimo alla marginalità, frustano i sentimenti e le aspirazioni di quanti sono tenuti a rispondere a responsabilità sempre più alte nei luoghi di lavoro in cambio di poco  o niente. Un’attenzione particolare è dovuta a coloro che sono transitati dagli Enti Locali nei ruoli dello Stato grazie alla legge del 3 maggio 1999 n. 124. Il trasferimento ha comportato in tanti casi il mancato riconoscimento degli anni maturati ai fini della progressione di carriera. Nonostante il dettato legislativo , che comporta l’inquadramento nei profili professionali corrispondenti e il godimento di tutta l’anzianità maturata (ai fini economici e giuridici) nell’ente locale di provenienza, questi lavoratori sono ancora retribuiti con l’inquadramento dell’accordo siglato il 20 luglio del 2000. In questa sede veniva stabilita l’attribuzione della posizione stipendiale pari  o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 99. Ne consegue la paradossale situazione che al dipendente, trasferito dall’ente locale allo Stato, non viene corrisposta la retribuzione secondo le scansioni di progressione salariale , previste dal contratto di lavoro del comparto Scuola. Con venti anni di servizio per esempio, si è verificato che al dipendente viene attribuita la posizione stipendiale prevista dalla fascia 9/15, inferiore quindi se comparata al maturato degli anni di servizio.

Nonostante la nota chiarificativa dell’ARAN,  che conferisce all’accordo del 20 luglio 2000 soltanto una natura procedurale ai fini del trasferimento  - e non dell’inquadramento – del personale interessato, nonostante che lo stesso accordo rinvii esplicitamente ad un definitivo inquadramento, l’Amministrazione ha sempre rigettato la legittima richiesta dei ricorrenti. Tantissimi ovviamente sono stati i ricorsi presso la Magistratura del Lavoro. L’orientamento giurisprudenziale in merito, nonostante la resistenza di alcune sezioni, è favorevole all’accoglimento delle domande relative all’inquadramento dovuto. La suprema Corte di Cassazione si è pronunciata già con due sentenze favorevoli. Purtroppo però non tutte le Corti di Appello si stanno uniformando alle sentenze della Corte Suprema. Il Governo in proposito si mostra poco propenso a sanare la situazione e migliaia di lavoratori soffrono ancora l’incertezza sia dal punto di vista giuridico che economico.

Per concludere “il mondo ATA” vive disagi e insoddisfazione di un certo rilievo e nulla lascia sperare nel miglioramento delle cose. Solo i lavoratori, a nostro avviso, potrebbero trovare esperendo forme di lotta alternative alle attuali, soluzioni ai loro problemi.

         Prof. Matteo De Cesare (dell'Esecutivo Nazionale del sindacato l'AltrascuolA Unicobas - Segretario Provinciale di Salerno)