Siamo cittadine e cittadini, studentesse e studenti, dottorandi, soggetti
in formazione, ricercatori, docenti, lavoratori, convinti che il sapere
sia
consapevolezza, strumento di costruzione del futuro.
Crediamo che lo spazio della scuola e dell'università, lo spazio
della cultura, possano costituire un luogo di "utopia concreta", un luogo
vocato
alla partecipazione e alla democrazia, e questo non piace ai governi
autoritari.
Come nel resto d'Italia, ci mobilitiamo anche a Bari per il ritiro della
L. 133/08 e dei tagli in finanziaria che segnano la fine della formazione
pubblica, libera e di massa.
Si tratta di un colpo definitivo al mondo della formazione, che arriva dopo anni di tagli, da parte di governi di ogni colore.
E' un attacco duro, a scuola e università: tagli e conseguenti
privatizzazioni che cercano la propria legittimazione nel malcostume delle
caste dei docenti, nell'illegalità diffusa, negli sprechi e
nei privilegi che noi combattiamo duramente. Crediamo che le politiche
del Governo possano
solo peggiorare l'attuale incapacità del mondo della formazione
di rispondere al nostro bisogno di futuro, colpendo proprio quella parte
sana
dell'università, gli studenti e chi già lavora spesso
in condizioni di precarietà e volontariato.
A chi dice che sappiamo dire solo no, rispondiamo che la nostra non
è una battaglia di conservazione, ma di cambiamento dell'Università:
a partire
dalle modalità di reclutamento dei docenti, per giungere ad
un taglio degli sprechi che possa garantire una maggiore efficienza dei
servizi.
Vogliamo costruire le prospettive di rinnovamento con la parte positiva
del mondo della formazione: insegnanti elementari, studenti delle scuole
superiori, docenti e lavoratori, battendoci per una università
pubblica, convinti che pubblico possa e debba essere sinonimo di qualità.
I tagli alla scuola e all'università, presentati come necessari
di fronte alla crisi economica in corso, ci sembrano in realtà improntati
a un'unica
volontà politica: quella di socializzare le predite e privatizzare
i profitti. Se qualcuno pensa che la cultura sia un costo di cui si può
fare a
meno, provi a pensare quali costi comporta l'ignoranza, soprattutto
in un Mezzogiorno afflitto dalla criminalità organizzata, dalla
illegalità diffusa
e dal degrado sociale.
Siamo stanchi di dover fare già i conti con la nostalgia di un
futuro che ci negano e che rivendichiamo: un futuro di benessere, anche
economico, di
sviluppo sostenibile, di progresso.
Siamo comparsi negli atenei e nelle scuole italiane, come un'onda anomala
e spontanea, inspiegabile agli occhi di molti, un'onda non rappresentabile,
fatta di tante anime. Il nostro è un movimento che rifiuta ogni
tipo di strumentalizzazione, eterogeneo e composito, che rivendica il ritiro
di una
legge, che ambisce a cambiare le politiche di un Governo autoritario,
un movimento che rivendica il diritto al dissenso.
E' una battaglia che riguarda tutti.
Siamo dunque convinti che la mobilitazione partita dagli studenti debba
estendersi agli altri soggetti sociali che vivono in condizione di
precarietà. Ci battiamo contro l'idea che vuole la cultura solo
come un bene da conservare, archeologia dunque, e non prospettiva di futuro.
Abbiamo iniziato un cammino, per riprenderci il nostro presente e costruire un altro futuro possibile.
COORDINAMENTO STOP 133 - BARI