AL MINISTRO E VICEMINISTRO DELLA P.I.
AI SINDACATI DELLA SCUOLA
AI RAPPRESENTANTI LEGALI DEL LAVORO
AI DIRETTORI GENERALI REGIONALI P.I.

Oggetto:  DENUNCIA DEL CAOS DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

Dopo l’emanazione della L. 53/2003 e l’istituto degli anticipi la scuola dell’infanzia ha visto completamente destabilizzato il proprio ruolo educativo che a fatica si era costruita negli ultimi trenta anni. La scuola dell’infanzia era un luogo dove i bambini tra i 3 e i 6 anni acquisivano competenze  socio-relazionali, espressive, comportamentali e cognitive importantissime per il loro armonico sviluppo.. Essa era un luogo dove potevano essere individuate dalle docenti di sezione con tempestività e con estrema perizia  e consapevolezza carenze socio-culturali, difficoltà varie. Era un luogo dove non era permesso nemmeno un attimo di distrazione o di superficialità, dove l’unica docente presente non aveva tregua perché chiamata a rispondere alla molteplicità dei bisogni, non solo educativi, di ogni singolo bambino. Era un luogo dove la fatica fisica,, lo stress e la frustrazione cominciavano ad emergere visto il carico abnorme di compiti e funzioni a cui le sole insegnanti erano chiamate  dato l’alto rapporto numerico bambini (25/28) per insegnante e la totale mancanza di altre figure professionali di supporto e di assistenza, di diverse modalità organizzative, di spazi e di strutture idonee.

Prima dell’emanazione della riforma e fiduciose in essa, le docenti avevano in mente un progetto di scuola capace di rispondere veramente ai diritti dei bambini. Una scuola che prevedesse soprattutto la riduzione dello spropositato rapporto alunni/insegnante dato che in questa fascia di età essi hanno necessità e diritto ad interventi quasi esclusivamente individualizzati ( del resto negli asili nido dove i bambini sono poco più piccoli il rapporto è di 6-8 bambini per ogni assistente).

La necessità di rivedere il rapporto numerico era dato anche dal fatto che, quasi nella totalità, le sezioni presenti, di più nei piccoli centri, erano composte da bambini appartenenti a tre o quattro fasce di età (quindi dai 3 ai 6 anni)e per questo si dovevano attuare almeno tre diverse attività didattiche e tre diversi interventi educativi contemporaneamente così come avviene negli altri ordini di scuola, primaria e secondaria,e dove però appunto in presenza di pluriclassi la norma afferma che ci debba essere un massimo di 12/14 bambini. Prima della riforma le docenti pensavano ad una scuola che prevedesse la presenza di altre figure professionali in grado di fornire effettivo aiuto e supporto con specifici compiti di assistenza alle docenti, che prevedesse spazi, sussidi idonei a far in modo che le 8 ore al giorno da trascorrere (a volte anche di più) non fossero una “carcerazione forzata” ma un tempo per crescere nel migliore dei modi. Nel corso del tempo abbiamo sentito di positive valutazioni espresse riguardo le sperimentazioni  degli anticipi  e le sezioni primavera, ma ancora oggi non sappiamo dove, quando, con quali modalità organizzative siano state attuate. Siamo invece sicure che nella quasi totalità  la realtà e l’effettiva realizzabilità di tali istituti è molto diversa e adesso non più tollerabile dalle docenti di scuola dell’infanzia che sono le uniche poi a dover affrontare le  difficoltà di ogni giorno, di ogni momento, costrette a subire e sopportare un enorme stress psico-fisico oltre che autoritarismi, intimidazioni e calunnie. Con l’avvento del nuovo governo, che abbiamo fortemente voluto perché credevamo di vedere totalmente abrogata la riforma, abbiamo sentito di nuovo e ancora tanti discorsi retorici ma di fatto la condizione della scuola dell’infanzia è rimasta a dir poco caotica. La possibilità di poter iscrivere ancora i bambini nati entro il 28 febbraio, il richiamo alla norma precedente che ripermette la frequenza a compimento del 3° anno dei bambini che li compiono entro il il 31 gennaio, creano ancora più confusione e permette allo strapotere dei dirigenti di inserire e far frequentare questi bambini senza nessuna sperimentazione che preveda quindi la riduzione del numero in sezione, senza la presenza di figure di supporto, senza l’allestimento di ulteriori spazi idonei. La logica del “cacciavite” che sottoitende l’operato del nuovo ministro è la stessa purtroppo del suo predecessore, cioè quella di dare risposte immediate alla richiesta sociale di assistenza all’infanzia, vista la totale mancanza in alcune realtà di asili nido, A COSTI ZERO utilizzando il personale educativo e le strutture esistenti.   Il ministro Rutelli così come altri e come gli pseudo-pedagogisti dovrebbero constatare di persona quale condizione lavorativa disumana e fortemente logorante sono costrette a subire le docenti , come si trovano i nostri bambini costretti in spazi angusti e  spesso di fortuna e  in un contesto organizzativo dove neanche uno dei loro diritti vieneè tutelato! E’ solo dopo una adeguata analisi delle effettive realtà esistenti  e il coinvolgimento di chi nella scuola lavora si potrà e si dovrà effettuare una riforma condivisa e in grado di rispondere alle esigenze sociali legittime. Siamo perfettamente consapevoli  che i costi sociali del welfare non sono più sostenibili, ma la soluzione non è assolutamente quella attualmente pensata. Non si può rispondere erogando un servizio qualitativamente scadente perchè esso è diretto a bambini, a persone e non si tratta di fornire scartoffie ma di educazione, di supporto psicologico, di comunicazione, di ascolto, di risposta alle loro esigenze. Risparmiare si deve li dove esistono risorse in eccedenza, ma non nel contesto scolastico l’unico ad essere l’investimento primario dello sviluppo di un paese. Si potrebbe pensare, come è già avvenuto in altre istituzioni pubbliche ( vedi aziende sanitarie,) di inserire un regime di quasi mercato fornendo un servizio statale gratuito ridotto in termini di orario curricolare solo antimeridiano ma qualitativamente elevato e  aggiungere, in via facoltativa, secondo le esigenze lavorative delle famiglie, un orario aggiuntivo pomeridiano dietro pagamento di tichet secondo una logica proporzionale al reddito dichiarato. In questo modo con queste risorse economiche in più lo Stato riuscirebbe a garantire un servizio costituzionalmente garantito, gratuito e qualitativamente elevato, le famiglie avrebbero possibilità di scelta sull’orario e sulle attività educative pomeridiane, i docenti avrebbero possibilità di incrementare i miseri stipendi attuali attuando progetti e attività aggiuntive in collaborazione con i giovani in procinto di laurearsi assunti a tempo determinato o part-time con contratti di formazione e, inoltre, si potrebbero reperire fondi con cui gli Enti Locali potranno dare vita a spazi idonei e sicuri.

ADESSO BASTA!!!! Siamo stanche di essere sfruttate, messe alla gogna, prese di mira, non considerate e non trattate  al pari dei nostri colleghi degli altri ordini di scuola.

QUALI DIRITTI

Quali diritti  stiamo garantendo a questi bambini costretti a “sopravvivere” 8 ore al giorno nel caos delle sezioni composte da 25/28 bambini di età eterogenea e spesso in presenza di situazioni di handicap, di svantaggio, di alunni stranieri?

Quali diritti stiamo garantendo a questi bambini se l’unica docente in classe non riesce nemmeno più a garantire la loro sicurezza e incolumità, per non parlare della possibilità oggettiva di garantire le loro esigenze didattico-educative e psico-relazionali?

Quali diritti  stiamo garantendo a questi bambini costretti a vivere in aule anguste e spesso inidonee rispetto la normativa sulla sicurezza L.626/’94 e senza spazi e sussidi ludici necessari in quest’età a promuoverne lo sviluppo psico-fisico?

Quali diritti stiamo garantendo ai genitori che ci affidano i loro figli e che vorrebbero avere una scuola organizzata in funzione dei loro bisogni ed esigenze?

Quali diritti sono garantiti a noi docenti che lavoriamo in questo ambito se nonostante un percorso formativo ormai uniformato (è necessaria la laurea in scienze della formazione per accedere alle prove concorsuali) e nonostante uno stesso inquadramento professionale abbiamo un trattamento normativo palesemente discriminante e per questo anticostituzionale rispetto a tutti i nostri colleghi docenti?

Come mai i sindacati della scuola che sono da noi ben pagati per difendere i nostri diritti di lavoratori subordinati non intervengono o non sono mai intervenuti per ripristinare la legalità, per difenderci dai soprusi dei dirigenti?

Come mai nessuna commissione ministeriale e soprattutto quella delle pari opportunità non ha mai rilevato una così eclatante incongruenza legislativa e giuridica ?

Come mai a noi docenti non vengono conteggiate le ore di lavoro necessario ad espletare la nostra professione e che regolarmente ci portiamo a casa perché con bambini così piccoli è impossibile farlo in classe?

Chiunque si intenda un minimo di giuslavorismo sa che un lavoratore che ha  conseguito un equipollente percorso formativo come quello di altri lavoratori ed è assunto alle dipendenze di un datore di lavoro con lo stesso profilo professionale ha il diritto/dovere ad espletare esclusivamente i compiti , le funzioni, l’orario  e la durata di lavoro per cui è stato assunto vedi statuto dei lavoratori, legislazione lavoristica, contrattazione collettiva.

Come mai allora noi docenti di scuola dell’infanzia lavoriamo per 25 ore settimanali frontali a fronte delle 22 ore della scuola primaria e delle 18 ore della scuola secondaria e per quale motivo una studentessa dovrebbe seguire un percorso formativo  universitario uguale agli altri  per poi subire questo diverso trattamento?

Come mai siamo retribuite in misura minore rispetto ai nostri colleghi?

Come mai solo a noi docenti di scuola dell’infanzia sono richiesti compiti che esulano dal nostro profilo professionale come: pulire sederi, pulire i rigurgiti, imboccare, tenere in braccio, cambiare mutande, ecc.  dato che i famosi “ bidelli” che ricevono il nostro stesso stipendio e dei quali non si sa più quale sia il loro compito si rifiutano di darci una mano e bivaccano per 7 ore su una sedia all’ingresso?

Come mai noi docenti di scuola dell’infanzia terminiamo il nostro lavoro a fine giugno quando le nostre colleghe sono già in vacanza da diversi giorni  e hanno ottemperato al loro obblighi burocratici in tranquillità al contrario di noi che siamo costrette a farlo con l’intera scolaresca presente e/o a portarlo a casa?

Sapevate che a causa della nostra organizzazione oraria noi non possiamo programmare e attuare progetti in orario aggiuntivo a differenza dei nostri colleghi che invece ne organizzavano diversi nel corso dell’anno così da poter mettere in gioco le competenze acquisite, conseguendo non solo soddisfazione sul lavoro ma anche incrementando la busta paga?

Sapevate che sempre per la nostra organizzazione oraria ci viene negato il diritto a seguire corsi di formazione, ad assumerci incari  funzionali, ecc.?

Sapevate che lo stesso Ministero ha emanato delle circolari in cui esplicitamente vengono istituiti corsi di formazione non riguardanti le insegnanti di scuola dell’infanzia’ forze perché non le ritiene docenti?

L’elenco dovrebbe essere ancora più lungo ma ora è il momento di concludere!

Cosa intendono fare le docenti di scuola dell’infanzia

-Rivolgersi alle istituzioni compenti, ai rappresentanti sindacali della scuola, ai giuslavoristi affinché  indaghino sul perché di queste discriminazioni attuate a discapito delle docenti della scuola dell’infanzia.

-Intendono fare ricorso e denuncia, dietro supporto legale, allo Stato che ci ha assunte come docenti ma che da anni ci sfrutta,  con le nuove disposizioni ancora di più, costringendoci ad espletare funzioni, orario, giornate lavorative in più rispetto ai nostri colleghi degli altri ordini di scuola nonostante le nuove disposizioni confermino l’istituzione di una formazione iniziale equipollente e procedure concorsuali  e di tirocinio identiche.

-Se la scuola dell’infanzia è scuola allora essa deve assumerne la valenza, ma se essa è un luogo di assistenza, di baby-sitteraggio,  di parcheggio allora le docenti che vi operano devono essere spostate a domanda e se in possesso di titoli in altri ruoli,  anche al di fuori di quello scolastico, dove le competenze possedute possano essere  finalmente messe in pratica con il raggiungimento di una piena soddisfazione sul lavoro e forse anche una retribuzione migliore.

-La maggior parte delle docenti di scuola dell’infanzia in possesso dei titoli richiesti vuole chiedere il passaggio ai ruoli della scuola primaria e secondaria ma per questo chiede che il punteggio acquisito per gli anni di servizio prestato non venga loro dimezzato o addirittura invalidato con la beffa di aver lavorato di più in termini di orario e giorni lavorativi e in condizioni meno favorevoli da un punto di vista normativo per ritrovarsi dopo anni di avvilente, faticoso e poco riconosciuto lavoro, a dover iniziare daccapo alla stregua di un giovane precario supplente.

LE DOCENTI DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO DI VICOVARO (ROMA).