Cari compagni del SISA (Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti)
invio questa lettera perché, contemporaneamente alla vostra Seconda Assemblea Ordinaria di Bellinzona, qui a L'Aquila, tra le montagne abruzzesi, stiamo partecipando alle attività della terza edizione del May Day.
Purtroppo, nonostante le forti opposizioni, anche questa riforma scolastica riesce prepotentemente a farsi strada, andando a colpire uno di quei pochi settori che sembrava dovesse essere immune alle privatizzazioni: la formazione.
Non prendendo in considerazione in questa sede quelli che possiamo definire "aspetti qualitativi" (contenuti, programmi, percorsi didattici e psico-pedagogici, ecc..) è interessante, ed altresì necessario, riflettere sul modello di società nel quale i politicanti europei vorrebbero costringerci a vivere, e su come gli studenti possano organizzarsi per impedire che ciò avvenga.
Alle privatizzazione di sanità, trasporti, mezzi d'informazione, contratti di lavoro, sistema pensionistico, gestione di risorse primarie (come l'acqua) e tant'altro (basti pensare agli interessi di privatizzare anche il sistema penitenziario!) si è giunti, sulla base di parametri standard europei, a dover assoggettare anche il sistema formativo alle esigenze e ai ritmi delle imprese, subordinando ricerca e didattica agli interessi e alla direzione dei soggetti privati.
Scopo pratico della riforma scolastica non è nient'altro che forgiare soggetti educati a vivere nella società di controllo in grado di fornirsi della merce che il mercato richiede e di rifornire il mercato della propria merce.
È fin troppo evidente l'interesse che, capitale europeo e internazionale, hanno nel controllare l'istruzione e le istituzioni formative, chiedendo ad esse la "produzione" di tecnici capaci di rispondere a problemi di massimizzazione dei profitti e non di tecnici che siano liberi di scegliere l'uso che vogliono fare delle proprie competenze.
D'altro canto, essendo la politica italiana ed europea nient'altro che espressione degli interessi del capitalismo e del neoimperialismo economico, è molto semplice far sì che l'obiettivo principale della scuola e delle università pubbliche diventi proprio il mercato, e che in vista di tale obiettivo si organizzino in esse la didattica e la ricerca.
L'assalto finale alla pubblica istruzione si avrà attraverso il processo in atto di "regionalizzazione" e quindi attraverso la capacità dei distretti formativi di trovare finanziamenti locali per la propria sussistenza; si assisterà tra non molto allo spettacolo di scuole ed università finanziate da boss e imprenditori locali, che avranno a disposizione risorse e strutture, e di scuole di "provincia" destinate all'abbandono e al degrado. Provate solamente ad immaginare lo scarto qualitativo che si creerà tra istituti del nord e quelli del sud del paese.
Già al giorno d'oggi molti degli insegnamenti come educazione artistica, informatica, educazione musicale, educazione fisica, ecc.., nei distretti scolastici meno fortunati sono totalmente "appaltati", ovviamente a spese delle famiglie dei ragazzi, a soggetti esterni e privati; la formazione da diritto va sempre più configurandosi come servizio non accessibile a tutti.
In un contesto del genere è fin troppo prevedibile che il processo di privatizzazione dell'istruzione e dei saperi, sia la meta, il punto d'arrivo, l'obbiettivo dell'ultima riforma scolastica del nostro paese; formazione, didattica e ricerca, da "assoggettate" diventeranno completamente proprietà dei privati.
Quelle scuole, istituti, università che non riusciranno a trovare geni della finanza disposti a "sponsorizzarle", diventeranno, per l'opinione comune, peggiori ed inferiori rispetto alle altre.
E se la ricerca, soprattutto, diventerà totalmente proprietà privata, è facile immaginare che la cultura che da essa deriverà non potrà più essere così definita; si dovrà piuttosto parlare di omologazione culturale, per giunta condizionata dalle leggi di mercato.
Le scuole produrranno tecnici a vari livelli che il mercato trasformerà in lavoratori precari. Quindi anche il processo di subordinazione prima, privatizzazione poi della formazione, entra nel più grande progetto che vuole un'Europa popolata da precari piuttosto che da soggettività antagoniste. Il diritto alla casa, all'istruzione e alla formazione, al lavoro, alla sanità, al libero sviluppo psico-affettivo, alla vita
sono sempre più un lontano ricordo. E i nuovi mercanti del capitale europeo e internazione sanno benissimo che governare e controllare uno stato, un continente composto di lavoratori precari, senza diritto alla casa e alla formazione, senza diritto all'assistenza sanitaria, senza progetti, prospettive concrete e realizzabili in un prossimo futuro, è molto più semplice e costa davvero poco.
Il problema è dunque collettivo e si risolverà solo attraverso l'impegno e la forza di tutti i coinvolti: non solo degli studenti; non solo dei ricercatori; non solo dei cassintegrati.
Bisogna spezzare quel filo conduttore che sta sempre più precarizzando le nostre vite, dall'ingresso alla scuola per l'infanzia all'uscita dal mondo del lavoro. Devono essere respinte in pieno tutte quelle nuove leggi e riforme che hanno definitivamente "ufficializzato" questo stato di cose; non basta opporsi ad un singolo aspetto della nuova riforma scolastica o ad una sola parte di quella legge che ha trasformato il diritto al lavoro in possibilità di prestazione.
Respingere prima, risolvere, proporre, costruire collettivamente poi.
Questo può essere possibile gettando ora le basi per costruire reti cittadine autogestite e libertarie, che, dai comitati dei genitori della scuola primaria, colleghino collettivi studenteschi, gruppi e sindacati universitari, centri sociali, comitati di ricercatori e docenti, organizzazioni di precarie e precari di ogni settore, sindacati alternativi di base di tutti i lavoratori, ONG, pensionati, associazioni culturali e ambientaliste, ecc.., ecc.. .
Una rete, una tavola rotonda cittadina non solo difensiva e resistenziale, ma soprattutto propositiva, che miri all'autogestione antiautoritaria della vita sociale, che sia in grado di riappropriarsi di tutti gli spazi della nostra vita, oggi monopolizzati e controllati dai mercanti della globalizzazione economica e dell'omologazione culturale, facendo dell'autogestione, solidarietà e responsabilità i cardini della prossima trasformazione sociale.
per i Comitati di Base Studenti Libertari L'Aquila