Diario a due voci dei giorni di Barbiana (15 – 16 maggio 2004)

di

Massimiliano Arif Ay e Valentina Labate

don Milani maestro di libertà

di Massimiliano Arif Ay


"La selezione è un frutto acerbo che non matura mai" ha scritto don Lorenzo Milani. Su questo aspetto, ancora oggi attuale, ad oltre trent'anni dalla pubblicazione di Lettera a una professoressa, si è ragionato appassionamene nel convegno dedicato all'opera pedagogica del priore di Barbiana, organizzato presso la biblioteca di Vicchio (FI) dalla Federazione Europea del Sindacalismo Alternativo dell'Educazione (FESAL - E). Alla presenza dei giovanissimi allievi della IV° C della scuola elementare di via Ariberto (MI), di alcuni loro genitori, di Yves Bonin del collettivo FESAL-E francese e di SUD Education di Parigi e di numerosi insegnanti di Unicobas l'AltrascuolA, Davide Rossi ha aperto la discussione ricordando il grande e immutato valore del pensiero di don Lorenzo, perché la scuola e il sindacato sono importanti per i giovani, come è scritto nelle importanti Esperienze pastorali vergate dal priore nel 1957. Scuola è confrontarsi con le persone che ci troviamo di fronte come studenti, ricchi dell'entusiasmo e della convinzione che i loro errori sono i nostri e che insieme dobbiamo cercare di moltiplicare, in una società deperita, l'amore per la cultura e la libertà. Nel pensiero di don Milani – conclude Davide Rossi – si fondano il rifiuto di qualunque forma di selezione e uno straordinario impegno per la trasmissione dei saperi critici, il suo insegnamento è più che mai attuale. Un ex alunno del priore, sostenuto da Rolando Cecconi di Livorno, ha sottolineato il valore spesso dimenticato del mutuo insegnamento tra ragazzi. Il segretario nazionale di Unicobas l'AltrascuolA, Stefano d'Errico, ha dal canto suo ricordato l'importanza dell'unità-identità fra lavoro manuale e lavoro intellettuale, facendo saggiamente notare come nella storia nessuna invenzione sia mai venuta da un semplice "nulla" speculativo, mentre spesso questo compito lo abbiano svolto operai e contadini: distinguere quindi gerarchicamente tra lavoro manuale e intellettuale è fuori luogo. Sarebbe come distinguere fra prassi ed astratto. Altro è distinguere tra le qualità del lavoro artigianale e manuale e la logica bottegaia in cui è caduta la scuola. Don Milani infatti affermava che compito dell'insegnate non è inseguire – come i commercianti - i gusti dei "clienti" ma mutarli e fortificarli. Per questo è da rifiutare la logica della scuola-azienda, dello studente-cliente vaticinato con la "carta dei servizi" o della scuola-supermaket morattiana ove famiglie ed alunni sono chiamati a decidere quali "merci" orarie scegliere. Del resto la riduzione della scuola a servizio dovuta al governo dell'Ulivo porta alla medesima conclusione, sempre con la dicotomia fra "operatori" e "clienti".

Dopo aver salutato l'arrivo di un altro studente della scuola di Barbiana, Edoardo Martinelli, è stato Massimiliano Ay del Sindacato Indipendente Studenti e Apprendisti (Svizzera) aderente alla FESAL-E a presentare lo smantellamento della scuola pubblica e della socialità nel paese più ricco del mondo, e ciò senza lesinare critiche al corporativismo dei sindacati dei docenti. Il clima aperto al dialogo ha spinto Matilde Scotti e Chiara Ossola, bambini dell'elementare di Milano, ad intervenire. Nella loro semplicità rappresentano più che mai il giusto spirito che un bambino vorrebbe e dovrebbe trovare nella didattica. Dicono infatti: "E' importante che il maestro sia capace di spiegare, ma soprattutto è importante che gli piaccia quello che spiega, il nostro maestro quando non capiamo, organizza delle scenette per farci comprendere meglio ad esempio gli avvenimenti storici." Sull'onda di questo spontaneo commento, Edoardo Martinelli, autore di La pedagogia dell'aderenza, espone il suo punto di vista domandandosi dove siano i Gianni e i Perini della Lettera a una professoressa, e preoccupandosi amaramente nel vedere come oggi non esistano più intellettuali: "Oggi ci sono intellettuali funzionali al sistema. Chi trova un posto di lavoro? Chi è funzionale al sistema; chi va in televisione? Chi è funzionale al sistema!". Conclude, poi, ricordando come il termine scuola derivi da scholé, ovvero il tempo della lentezza, e non della frenesia di riempire la testa dei ragazzi di nozioni, abbandonando a sé stessi coloro che faticano di più nell'apprendimento.

A conclusione dell'incontro lasciamo Vicchio per la canonica "deberlusconizzata" di Rostolena. Una partita di pallone, l'allegro ridere dei bambini,il clima amichevole tra gli adulti e una rinfrancante dormita ci preparano alla marcia del giorno seguente, che ci porterà a Barbiana, un luogo che tanto significa per la cultura educativa e la libertà di apprendimento.

Lungo i sentieri degli studenti di don Lorenzo, verso Barbiana

di Valentina Labate

Dopo il convegno si lascia Vicchio per raggiungere, fra i colli toscani, la vicina canonica di Rostolena, uniti dal ricordo di don Lorenzo Milani, un uomo straordinario che in questi luoghi ha vissuto e lasciato il proprio segno.

Siamo diversi fra noi, adulti e bambini, studenti e insegnanti, sindacalisti, ma piacevolmente uniti nell'enorme canonica adagiata fra i campi dai colori troppo scintillanti per occhi di città. Aiuta forse il paesaggio suggestivo, così diverso dalla metropoli, dove lo sguardo, libero da ogni impedimento si perde fra l'azzurro del cielo e il verde dei prati che sembrano fondersi. Bastano pochi minuti per far si che l'ordinario silenzio si tramuti in un crogiuolo di voci indaffarate fra i letti, la caldaia, i fornelli e le posate, mentre i bambini giocano senza pensieri. Un campetto da calcio raccoglie infatti grandi e piccini pronti a correre e divertirsi. Quando la partita finisce con mia immensa sorpresa vinti e vincitori non si separano, esultanti e affranti si uniscono e si abbracciano, congratulandosi e consolandosi. Rimango sorpresa, le scene di violenza negli stadi, viste molte volte sugli schermi televisivi nello sconforto dell'anima, sbiadiscono di fronte alla fratellanza e al rispetto in particolare di questi bambini, resi immuni, grazie agli opportuni esempi e insegnamenti, dai germi della discriminazione e della sopraffazione tanto dominanti. Quindi sul calar della sera, tutti insieme, riuniti attorno a giganteschi tavoli; finocchiona, pane toscano senza sale e vino in quantità, le risate e l'allegria di una cena frugale ma genuina, soprattutto nei sentimenti.

Cala presto la notte, avvicinando il momento che tutti aspettiamo: la lunga marcia - la mattina dopo - verso Barbiana, luogo in cui don Lorenzo fu confinato cinquant'anni fa, nel 1954, per troppo amore per la libertà.

Partiamo dal pratone di Vicchio e i pensieri tornano al convegno organizzato il pomeriggio precedente. Gli impervi sentieri di Barbiana rimandano alle parole di Edoardo Martinelli, ex alunno del priore. E' un uomo dai lineamenti marcati, dalle mani grosse e nodose di chi certamente non siede dietro a una scrivania. Ieri l'ho osservato incuriosita per i suoi modi cortesi e al contempo decisi. Il mio corpo, rovente dal sole, di universitaria milanese, trova refrigerio nelle sue parole piovute come una doccia ghiacciata su tutti noi. Dall'apparenza modesta, Martinelli ha sfoderato un linguaggio forbito, concetti seri e illuminanti, nitidi e precisi senza alcuna arroganza, ma anzi con una naturalezza che mi ha lasciata sgomenta. "Non si giudica dall'aspetto!".La frase che ci è stata insegnata come sermone è solamente la maschera di una società ipocrita che mentre dispensa lezioni di presunti buoni valori, rinnega gli stessi nella vita reale. Un operaio, in tuta blu con le mani sporche di grasso non varrà mai quanto un impiegato in giacca e cravatta, questo è l'insegnamento che oggi viene offerto da un mondo intimamente corrotto. L'impatto reale di questo incontro è stato più proficuo di mille parole lette sui libri, perché l'uguaglianza non si afferma, ma si costruisce e si apprende nel libero confronto. L'uguaglianza concreta dei suoi pensieri mi ha aiutato a comprendere la forza straordinaria dell'opera di don Milani, capace di sopravvivere nel tempo, insegnandoci cosa significa una scuola democratica, priva di pregiudizio e libera da ogni dogma.

Proprio a Barbiana il priore proponeva un modello in cui veniva abbattuto drasticamente l'antico dualismo fra la "mano e la mente", annullando la distanza fra le doti intellettuali e le capacità manuali, da sempre considerate a un livello inferiore.

Martinelli ci ha poi costretto a riflettere sul tempo e sul luogo della scuola. Ci ha raccontato delle lezioni sull'enorme banco sotto il pergolato o sull'erba, fra gli alberi, un intero bosco a propria disposizione e, nonostante la precarietà dei tempi, l'impegno e il sostegno della comunità alla scuola che, pur abbarbicata in cima alla montagna, aveva un proiettore, delle diapositive e innumerevoli libri di testo. Una piccola comunità degli anni cinquanta ha avuto il coraggio e la saggezza di investire molto in una piccola scuola, mentre nelle città del 2000 le strutture cadono a pezzi e dei materiali non c'è traccia alcuna, a meno che non ci si cerchi uno sponsor. Pensare che il priore non faceva vedere la televisione ai suoi ragazzi, perché la riteneva uno strumento contro i lavoratori, inventato per rimbambire i cittadini! È francamente incredibile poi che tutto questo avvenga in una società che pretende di dare lezioni di civiltà al globo intero. Martinelli ci ha comunicato il suo forte disagio e la sua perplessità di fronte alle diatribe nate sulla questione dell'orario scolastico. Il tempo, seguendo le parole di don Lorenzo, è un dono prezioso che non va assolutamente sprecato, ma esaminando il livello di attenzione e di insegnamento nelle scuole italiane si constata spiacevolmente che su sei ore di lezione quelle proficue si riducono a una o due… Questi due parametri fondamentali, il tempo e lo spazio, dai quali non si può assolutamente prescindere ci mostrano una scuola odierna fortemente malata e incapace di affrontare le tematiche e i problemi posti dalla società contemporanea.

Finalmente, dopo due ore di cammino, giungiamo, chi prima chi dopo, ognuno al suo passo, alla piccola - grande casa del priore, nel mezzo di un'enorme spazio verde. Ci sdraiamo all'ombra degli alberi e immagino la fatica che ogni giorno i ragazzi di Barbiana compivano per arrivare a scuola, quanta differenza con il nostro lamentarci per qualche centinaio di metri a piedi o mezz'ora sui mezzi pubblici …

Capisco ora più che mai l'importanza del sacrificio e dell'impegno nello studio perché, come ricordavano don Milani e prima di lui Gramsci, la cultura è una cosa seria. Certo, la cultura è fondamentale perché è l'unico mezzo concesso all'uomo per confrontarsi con sé stesso e con gli altri, per rendersi migliore e soprattutto per rendere migliore il mondo in cui è immerso. "La rivoluzione verrà ma non dalla violenza, dalla luce". Una luce che se non nasce e cresce in seno alla società e in primo luogo nella scuola, prima promotrice di cultura, rischia di soccombere nelle tenebre generate dalla barbarie moderna, fatta di spot televisivi e cartelloni pubblicitari. Queste considerazioni non lasciano spazio all'ottimismo calandosi nelle attuali condizioni della società planetaria e della scuola, in particolar modo di quella Italiana.

I modelli proposti si avvicinano sempre di più a un darwinismo sociale in cui impera la legge del più forte, dove i più fragili sono reietti, e la scuola, con le sue verifiche a quiz, sembra avere come unico scopo quello di discernere il pesce grande dal pesce piccolo.

Una scuola che giudica e che discrimina, dove "gli ultimi saranno gli ultimi, soprattutto se i primi sono irraggiungibili".

I pensieri vagano lontano e mi rattristano, ma le gioiose grida dei bambini saliti insieme a noi mi riportano al sereno prato di Barbiana.

Si fa sera ed è giunta l'ora per noi di tornare a casa, in città. Su un foglio i bambini scrivono i propri pensieri … fra tutti uno in particolare colpisce la mia attenzione e mi commuove, scritto da Chiara: "Questa giornata è stata una delle più belle della mia vita".

Sono esausta ma immensamente felice di questi momenti meravigliosi che mi hanno insegnato tanto e che mi lasciano nel cuore la speranza di un mondo e di una scuola più giusti, perché, finché una bambina ricorderà il pensiero del priore di Barbiana, lo sforzo di don Lorenzo non sarà stato vano e il suo insegnamento continuerà ad illuminare le nostre vie.