Il dilemma della scuola italiana
Prof. Maurizio Del Grippo

Senza la pretesa di esaurire il dibattito piu’ o meno critico sulle riforme della scuola future vorrei qui far riferimento ad alcuni libri chiave per una lettura corretta del problema: L’agonia della scuola italiana di Massimo Bontempelli , Il disagio dell’incivilta’ di Fabio Bentivoglio, La scuola sospesa di Giulio Ferroni, Segmenti e Bastoncini  di Lucio Russo .Bontempelli fa una disamina abbastanza radicale della realta’ attuale della scuola e dei suoi risvolti. Disastrosi a livello civile,Egli parte dal dato di fatto che ad anni di staticita’ si e’ voluto sovrapporre un innovazione dirompente che non valorizza affatto le qualita’ del buon insegnante , la preparazione, la passione per la ricerca, le capacita’ di relazione personale.Si e’ assistito insieme ad un sistema di reclutamento non efficace, ad una burocratizzazione con formalismi , dettagli organizzativi, riunioni defatiganti sul nulla.Si tende a premiare anche economicamente funzioni organizzative e di coordinamento rispetto all’aggiornamento e allo studio.Di qui il didatticismo dettato con prescrizioni invadenti basate su nozioni pedagogiche per lo piu’ vaghe senza piu’ attenzione ai contenuti anche critici ed ai valori culturali ed etici da trasmettere. L’attenzione alle tecniche di valutazione come se tutto fosse misurabile oggettivamente culmina nel nuovo esame di stato cosi’ come è stato concepito a partire dalla terza prova.Altra bandiera della riforma è l’autonomia che riduce la scuola ad una azienda e gli studenti a clienti. Essa infatti non significa autonomia culturale e didattica dei docenti , ma la loro perdita di identita’ istituzionale come dimostrano i Pof mentre l’introduzione della flessibilita’ risponde a criteri economici non educativi quasi si potesse valutare la scuola in termini di produttività e competitivita’ non in termini trasmissione della cultura e soprattutto di elementi critici atti a comprendere veramente il mondo che ci circonda non ad accettarlo passivamente specialmente un mondo altamente tecnicizzato a volte asfittico come quello attuale.Viene a mancare l’educazione come quel processo che dal latino Exducere indica il processo mediante cui l’individuo si appropria di saperi e valori collettivi, che riconduce a se’ fino a renderli costitutivi della sua identita’ personale, tramandati dalle risorse intellettuali e morali della civilta’ nella quale è radicato secondo quel modello di compito scolastico che è nato con la rivoluzione francese.Con questa direzione va visto lo smantellamento della struttura del liceo soprattutto quello classico invece di una sua estensione e ampliamento..Al di la’ della commissione di saggi e altre innovazioni si vede come nella scuola delle riforme Berlinguer e Moratti manchi un vero e proprio progetto ( come c’era nelle riforme Casati e Gentile nonostante i limiti storici) ma ci siano solo formule tecnicistiche e prive di vero spessore intellettuale giustificate da un falso adeguamento al mondo del lavoro e in realta’ del mercato che le faccia perdere qualsiasi forma di autonomia e liberta’ su cui si fonda una vera  educazione.Dietro c’è l’ideologia vacua della globalizzazione, i miti della modernizzazione e del progressivismo a tutti i costi che è in realtà puro e semplice nichilismo privo ormai di qualsiasi legame con la vera essenza di una vera umanità. Di qui i modelli anglosassoni soprattutto americani di una scuola leggera che meglio prepari al lavoro flessibile e alienato piegato alle esigenze della produzione senza piu’ badare all’uomo e al cittadino.Di qui la riduzione dell’insegnante ad operatore competitivo incentivato meritocraticamente sulla qualità dei servizi senza piu’ alcun ruolo professionale accertato sulla sua preparazione e capacità educativa. A questa prospettiva per Bontempelli occorre opporre la resistenza delle intelligenze ancora presenti, un opposizione ideale e morale rigida e totale per poter lavorare, aggiungerei io per dignità professionale degli insegnanti e per un futuro di civiltà. E difatti su queste tematiche si sofferma il libro di Bentivoglio dal titolo esemplare “Il disagio dell’inciviltà” in cui descrive con attenzione la sua esperienza di insegnante nella scuola dell’autonomia.In realtà egli risale alla sua esperienza di studente attivo ma poco sollecitato di liceo nel periodo del 68 di cui pur accettando la critica ad un’istruzione superficiale e nozionistica non condivideva la rivolta contro una presunta cultura borghese, le interrogazioni di gruppo, i voti politici. L’interesse sollecitato da alcune materie a cercare non voti ma capacità di comprensione costituirono un spinta allo studio e all’iscrizione alla facoltà di filosofia dove seriamente si studiavano solo alcuni corsi e l’esclusività spesso alienava la critica e il dibattito(personalmente condivido questa duplice esperienza).La sua esperienza di insegnante , come di gran parte, è molteplice e varia dalle medie ai corsi serali ai magistrali ai licei culmina in una collaborazione editoriale per un testo scolastico di filosofia accanto allo stesso Bontempelli ma egli parla con grande positività della vitalità della sua attività di insegnamento nonostante lo spesso notato abbandono delle strutture e dell’istituzione.”Decenni di abbandono della scuola, relegata ai margini dell’interesse nazionale hanno sortito l’effetto di anestetizzare gli insegnanti, a loro volta relegati in una sorta di limbo ove era possibile interpretare con dignità il proprio ruolo solo attingendo a risorse e motivazioni individuali”.Poi è arrivata la riforma che ha finito per umiliare con un’ondata di prescrizioni didattiche la libertà di insegnamento culminando nell’ esperienza paradossale del concorsaccio mirante a selezionare in base a quiz il 20% della categoria e a premiarlo per merito(per fortuna cio’ non è passato in seguito alle agitazioni sindacali)Di qui similmente a Bontempelli l’interpretazione dell’autonomia come condizionamento burocratico che lede la libertà di scegliere contenuti percorsi e metodi. Così a competizione tra scuole si svolge sul terreno delle risorse, delle immagini, delle lusinghe per attrarre utenti, degli intrecci con i poteri territoriali quindi sul piano utilitario e strumentale cioe’ in una dimensione che non ha niente in comune con il linguaggio e lo spirito della cultura”.Cio’ per far perdere all’insegnante mai titolare di un reddito significativo la sua specifica dignità sociale in quanto persona di cultura mettendo in moto una sorta di accattonaggio di massa  a cuitroppi insegnanti partecipano con colpevole superficialità.Di qui le ridicolaggini del pof. e dei suoi rapporti con i bisogni economici del territorio,la frenesia dei cosiddetti presidi manager, la collegialità coatta dei consigli di classe, il moltiplicarsi delle vebalizzazioni, l’assurdità dei crediti formativi.La riforma dell’esame di stato non è servita per ripensare un momento circoscritto e conclusivo del percorso, ma per imporre per via burocratica una riduzione dei programmi disciplinari e l’adozione di una didattica dettata dall’alto.Di qui la poverta’ della cosiddetta terza prova espressione della tendenza alla dealfabetizzazione che negli ultimi anni ha accompagnato lo sviluppo dell’economia globale o new economy effetto di uno stile conoscitivo imposto dal modello tecnologico incentrato su immagine, rapidità e successione seriale di dati.Non c’è bisogno di capire ma solo di operare e consumare, non si vuole una scuola in grado di  sviluppare intelligenze organiche e criticamente strutturate ma solo di persone in grado di riciclarsi rapidamente cosi’ come hanno fatto in pochi anni i nostri  dirigenti politici.

Di qui l’effetto disastroso e solo fantasmagorico dei cosiddetti percorsi s’esame e lo slogan delle conoscenze capacità e competenze da spendere sul mercato del lavoro e da registrare in maniera burocratica e amministrativa attraverso varie forme di schedatura. L’educazione all’autoimprenditorialità che è anche flessibilità, praticamente arte di arrangiarsi in condizioni di la voro sempre piu’ precarie.In realtà la separatezza della scuola di cui parla Bentivoglio va ben intesa.”La separatezza non significa estraniarsi in una realtà artificiale, immutabile e auto referenziale.La cultura, se è tale, nel senso creativo del termine è sempre in movimento .Il sinonomo piu’ corrett0 di separatezza è distanza critica un atteggiamento questo che puo’ maturare nel giovane solo a condizione che gli insegnanti siano sensibili e ben aggiornati sulle trasformazioni in atto nel proprio tempo e sulle possibili ricadute sul mondo giovanile.Proprio  perché viviamo in una realtà in movimento ,è necessario rintracciare nel patrimonio culturale strumenti e codici di orientamento e di decifrazione dell’esistente”In realtà questa scuola a differenza di quella di Casati e di Gentile non è il prodotto di esigenze culturali ma di mercato.Ma in questo modo si smantella tutto e si svaluta l’insegnante nel suo ruolo fondamentale.I giovani devono trascorrere nella scuola un periodo a definire la propria identità, stima di sé ad assimilare codici culturali necessari a decifrare il mondo e a vivere nella società civile Solo dopo questo itinerario formativo l’individuo deve entrare nel mondo del lavoro iniziando una nuova fase di vita  perché la disoccupazione è un problema economico non un problema della scuola.Di qui l’appello agli insegnanti ad essere sé stessi con la loro intelligenza senza aderire a pratiche scolastiche diseducative e vuote.questo è il modo per affrontare il proprio disagio.Giulio Ferroni ne “la scuola sospesa” fa un’analisi disincantata delle motivazioni radicali e profonde dell’attuale crisi del sistema dell’istruzione:”Le ragioni del mercato, la globalizzazione dell’economia, l’approfondirsi delle lacerazioni e dei dislivelli, le derive sociali ed etniche, la rivoluzione dei modelli mentali e comportamentali, i somma tutti i fenomeni determinanti questa fine millennio sembrano condannare la scuola e l’educazione così come la conosciamo ad una inarrestabile disgregazione.”Eppure il dibattito sulla scuola si riapre tra esperti politici giornalisti e si avverte che questi problemi sono i problemi della società in crisi del terzo millennio.Si pensa a rilanciare la scuola nell’orizzonte della società postindustriale dominata dalle nuove tecnologie, come strumento di base per lo sviluppo di capacità e saperi necessari nel tempo della globalizzazione dell’economia. D’altra parte non si dimentica la prospettiva di tipo civile che affida alla scuola la formazione delle coscienze, della razionalità di base, della capacità critica della partecipazione a valori  condivisi e insieme tolleranza verso l’altro e il diverso,della solidarietà pur nel rispetto della propria identità culturale.Eppure queste due cose non sembrano in perfetta conciliazione, come dimostrano l’indifferenza persistente nel senso comune rispetto alla scuola come problema e l’estrema confusione nei tentativi di intervento.Occorre invece secondo Ferroni un vero lavoro di archeologia e storia della scuola per ricostruirne i fondamenti come istituzione nata in una società articolata atta a trasmettere i saperi acquisiti strumento di coesione sociale perché la sicurezza collettiva organizzatasi nella società presente si prolungasseo nel futuro, magari ponendo le basi per nuove e piu’ evolute conquiste. L’istruzione pubblica nasce con l’illuminismo nell’esigenza di divulgazione su ampia scala pur sempre socialmente organizzata e razionalizzata su base enciclopedica da cui l’ispirazione democratica e civile della sua origine.Diventa nell’800  in Italia compito dello stato l’istruzione pubblica in senso liberale, democratico e repubblicano,l’educazione nazionale in senso nazionalistico nel regime fascista. Cosi’ l’educazione e istruzione si sono fronteggiate come modelli forti.Oggi sembra fuori gioco ogni modello forte e la scuola “si limita a sottoscrivere la cultura della velocità, a dare una trascrizione burocratica del movimento del mondo, cosi’ come esso sembra svolgersi e presentarsi”Di qui l’alienazione e frustrazione nell’investimento personale ed esistenziale degli insegnanti.

Una volta c’era un rapporto vivo tra scuola e intellettuali tra cui molti hanno pure insegnato(De Sanctis, Pascoli,Carducci, Pirandello, Ungaretti, Brancati ecc.).Ma mentre nel Risorgimento si avvertiva l’importanza della scuola con Cattaneo e De Sanctis e nel primo novecento se ne sono occupati piu’ o meno direttamente Croce e Gentile successivamente si è tesi ad un dualismo tra pedagogismo estremo e cinica indifferenza.Nella riforma Gentile e’ “l’orizzonte morale dell’idealismo che si trovo’ a convergere con l’aspirazione a sistemare entro la tradizione nazionale, in un ordine stringente e sotto una spinta pedagogica totalizzante, il vario disordinato vitalismo della cultura di inizio secolo”.C’era una sorta di panpedagogismo che recuperava il disprezzo per le nozioni frantumate e per il tecnicismo piu’ analitico:l’educazione prevaleva sull’istruzione.La scuola si è poi allontanata da quel modello ideologico e nella repubblica democratica del boom economico si e’ pensato alla battaglia per l’alfabetizzazione e per la scuola dell’obbligo.Negli anni 60 ci sono stati molti interventi, ma gran parte dell’alta cultura politica,filosofica,scientifica e critica-artistica”ha proceduto per conto proprio, ha trasmesso i suoi prodotti al pubblico scolastico senza avvertire la necessità delle difficoltà e delle contraddizioni a cui la scuola è stata variamente sottoposta”. Nella  pur voluminosa letteratura pedagogica spesso passeggera e subito obsoleta non si  pone il problema scolastico come problema culturale e politico centrale di fine secolo. La stessa generazione del 68 ha avuto atteggiamenti ambigui nei confronti della scuola:implicito il nichilismo di chi ha visto nella scuola la semplice cassa di risonanza di messaggi mediatici nei loro infiniti e plurali modelli e linguaggi dominanti(cosa che Pisolini aveva già avvertito).Ferroni poi si sofferma su ingenuità ed errori dei movimenti politici, i miti negativi della cultura borghese un fenomeno che riassume 9in quattro termini:nichilismo anticulturale, anarchismo descolarizzatore, sindacalismo arruolatore , riformismo a tempo pieno(la scuola degli esperti).La critica alla cultura borghese culmina nel famoso”Lettera ad una professoressa” redatta da Don Lorenzo Dilani:qui pero’ senza schemi ideologici precostituiti partendo dall’esperienza della scuola del Mugello in un ambiente povero di contadini e la loro realtà di vita, si criticano i modelli, la superficialità e disattenzione, il limite morale dell’impegno dei docenti e dei programmi scolastici.Ma ciò non deve essere frainteso(la battaglia contro la selezione)ma inteso come il punto di vista cattolico integrale di chi guarda alla dignità di tutti gli uomini anche dei poveri criticando un’istituzione che non viene incontro loro: cio’ non  mira ad un orizzonte anarchico e non si risolve.

Nell’utopia della scolarizzazione.Qui si mira ad una scuola totale che riempia tutto lo spazio di formazione del ragazzo,non una scuola facile e permissiva,ma una scuola che offra saperi concreti e valori essenziali sottratti agli ideali di una società consumistica ; una scuola che richiede una dedizione totale dell’insegnante in un tempo pieno che in realtà solo un prete può dedicare sottraendo tempo ed energie alla propria famiglia.Eppure a don Dilani si sono richiamate molte esperienze di didattiche democratiche o territoriali con richiamo alla lingua popolare dimenticando la mutazione antropologica di quel popolo che oggi riscontriamo evidentemente in quella massa omologata chiusa entro spazi regionali ottusi ed egoistici.Di qui il mito delle riforme in un pedagogismo sganciato da qualsiasi idea culturale nell’orizzonte delle scienze dell’educazione(psicologia,sociologia,semiotica,antropologia) e il didatticismo sperimentale specifico per ogni disciplina tutto nell’ambito di università alla ricerca di nuove cattedre con proposte spesso praticamente irrealizzabili che si sovrappongono alla realtà della scuola con un progressivismo solo apparente,in crisi in tutto il mondo occidentale e specie in Italia(da notare che era proprio Gramsci a difendere il rigore dello studio e dei suoi aspetti anche meccanici e nozionistici)La pedagogia priva di riferimenti culturali diventa il luogo della comunicazione globale in tutti i luoghi e gli esperti di ciò sono come dei profeti con i loro vari slogan e formule: multidisciplinare, interdisciplinare,transdiciplinare, programmazione, collegialità,laboratori, contratti cognitivi, tecniche multimediali:con un gergo al solito pieno di anglismi.Di qui la riforma dell’autonomia non della libertà di insegnamento con i presidi manager e ancora una volta la centralità del territorio che proietta la scuola all’esterna nella gestione di risorse finanziarie,il rapporto con gli enti locali, corsi di aggiornamento per insegnanti insufficienti a ciò , invece di valorizzare la loro preparazione disciplinare, l’approfondimento di essa,il loro lavoro  in classe e con gli studenti.

La scuola si getta sul mercato per gratificare clienti utenti concorre con le scuole private garantite dai buoni scuola secondo il migliore credo liberista.Tuttavia non ci si interroga sul modo di incidere sulla vita reale degli studenti sulle vere motivazioni dello studio da trasmettere partendo dal sostrato culturale giovanile senza tuttavia piegarvisi passivamente dimenticando la propria autonomia culturale cioè cioè senza trasformare la scuola in centro sociale e luogo di libera espressione senza effettivo sapere critico.Non bisogna arretrare rispetto alle tendenze e alla distruzione della tradizione e del senso della cultura occidentale, secondo Ferroni, nella sua memoria storica, pur in  un mondo multiculturale che va valorizzato, né liquidare nel mondo della neocomunicazione il libro e il tipo di esperienza che esso rappresenta.”Una società capace di progettare il proprio futuro non può rinunciare a quella tradizione che ha costituito la possibilità del suo futuro.una scuola capace di far vivere, la continuità, la vitalità di queste millenarie radici confrontandole con l’intero orizzonte della comunicazione, con la tecnologia e i modi di essere contemporanei, con un’aperta disponibilità verso altre forme e culture, verso il territorio vasto e insondabile della diversità:”Al di là della velocizzazione e delle fluttuazioni la scuola deve essere una cosa diversa,deve avere la lentezza del dialogo con la tradizione per formare individui in grado di contrastare gli esiti più rovinosi di ciò senza precipitarsi nella corrente dei miti e confini.

Il libro si conclude con una critica delle recenti didattiche della letteratura che non valorizzano il dialogo vissuto con i testi e con seri dubbi sulla riforma dei cicli che impoverisce la scuola dei nuclei fondanti del sapere e si proietta ancora una volta sulle esigenze del mercato.Concludo la rassegna con il libro di Lucio Russo” Segmenti e Bastoncini” che ad una disamina realistica della situazione della scuola italiana dopo la riforma Berlinguer guarda ad una possibile concreta realizzazione di una scuola diversa per concezione e progetto.
Il disinteresse per la scuola e’ stato a lungo diffuso: progetti di riforma ci sono stati da 50 anni a questa parte(la commissione Brocca) affidati a pochi esperti come se il problema della scuola non fosse di tutti e del mondo intellettuale in particolare.Una volta si occupavano discuola uomini di grande cultura come  De Sanctis, Pasquale Villari, Benedetto Croce ,Giovanni Gentile, Scienziati come  Luigi  Cremona, Federico  Enriquez, Enrico Fermi.Ora la riforma Berlinguer di cui si discute

Solo per questioni concernenti il rapporto scuole pubbliche e scuole cattoliche o sui criteri di insegnamento della storia del novecento, cose di rilevanza politica, dovrebbe essere luogo di dibattito intellettuale. Essa è il culmine di un processo che parte dagli anni  quando sotto la spinta del movimento studentesco, la vecchia impalcatura gentiliana venne incrinata con l’introduzione della scuola  media unica e la liberalizzazione degli accessi all’università.Poi si tolse il latino dalle scuole medie, si riformarono gli esami di maturità e in via sperimentale si adottarono in molte scuole i programmi Brocca, infine sono stati tolti gli esami di riparazione.Quindi si è arrivato con Berlinguer ad estendere l’obbligo scolastico e accelerando i processi a introdurre a introdurre a introdurre le nuove tecnologie e ridisegnare la struttura scolastica italiana.Poi altri passi come lo statuto degli studenti e il sacrificio della storia antica sull’altare della contemporaneità come espressione di tendenze culturali maggioritarie da tempo in tutte le forze politiche. Si dovrebbe essere in linea con una modernizzazione che porterebbe la scuola nel futuro scambiando ciò per necessario e fideistico progresso Qualsiasi critica moralistica è inefficace, bisogna per Russo che cosa sta succedendo a partire dai tempi piu’ recenti.La scuola è nata per dare dei valori e una cultura adeguata al loro inserimento sociale. Nelle società tribali i giovani apprendono dagli adulti ciò che è necessario,ma anche nelle società piu’ elaborate con attività artigianali specialistiche,ma basate su conoscenze pratiche non troppo, le conoscenze professionali si trasmettono attraverso l’apprendistato. La scuola diviene fondamentalmente quando la nascita di grandi organismi statali, basate su complesse amministrazioni fu resa possibile dall’invenzione della scrittura che a sua volta fornisce l’elaborazione di una tecnologia raffinata, basata su un corpus di conoscenze accumulate nel corso di molte generazioni. Cio’ tuttavia era riservato ad una ristretta di funzionari impiegati nell’amministrazione e nella direzione dei lavori di stato, ed era quindi estranea alla stragrande maggioranza della popolazione. Si parla dell’antico Egitto e delle società mesopotamiche.

La scuola del novecento nonostante le sue varietà  ha questa struttura. Una fascia più giovane era alfabetizzata nella totalità della popolazione. Ed era educata ai valori morali e civili.Nella fascia successiva finito l’obbligo  o si lavorava o si andava come apprendista, oppure esistevano scuole professionali.La scuola  successiva all’obbligo era per le classi superiori e si rivolgeva a preparare dirigenti e tecnici di alto livello.La formazione professionale di questi pur avvenendo nell’università presupponeva una buona formazione culturale ove per cultura si intende un corpo unitario di conoscenze di varie discipline: dalla geografia alla storia della cultura occidentale, alla .letteratura ed alcuni strumenti concettuali, l’analisi grammaticale e logica del periodo a fondamento di tutte le lingue e i fondamenti della geometria euclidea.Gli studenti venivano in tal modo abituati a due livelli di discorso ,l’uno concreto l’altro astratto .Si raggiungeva un livello di conoscenza paragonabile a quello contenuto nell’enciclopedia italiana costituita da specialisti, ma destinata a un pubblico vasto ma colto.Nel corso degli ultimi decenni c’è stato uno sviluppo tecnologico e un ampliarsi degli scambi che ha portato ad una crescente concentrazione a livello planetario sia della produzione ad alto contenuto tecnologico sia del potere politico finanziario. Si sente spesso dire che viviamo in un mondo di complessità crescente che richiede competenze, in particolare scientifiche, sempre piu’ raffinate. Le vecchie competenze artigianali vanno perdendosi o si snaturano per adeguarsi alle richieste turistiche, mentre la produzione industriale si concentra in aziende che hanno bisogno di un numero sempre minore di tecnici sempre piu’ specializzati. Le aziende richiedono soltanto impiegati amministrativi, legali,fiscalisti, esperti di relazioni pubbliche, di gestione finanziaria, di rapporti con la pubblica amministrazione, di gestione del personale ,soprattutto esperti di marketing pubblicitari e venditori di ogni specie. Il massimo livello di attività intellettuale ,in genere quello degli ideatori di campagne pubblicitarie, ormai chiamati semplicemente creativi. Gl’ingegneri così spesso usati in compiti puramente gestionali sono formati nell’università in questo modo. Così nel mondo del lavoro le operazioni vengono svolte dalle macchine mentre ragionieri bancari fiscalisti usano programmi commerciali già confezionati in modo ripetitivo.Nel campo della produzione culturale l’intelligenza  al lavoro viene sostituita in televisione dall’acquisto di programmi gia  collaudati in altri paesi.E’ chiara la massificazione che rende insignificante l’individuo cosiddetto cittadino del villaggio globale.Si capisce come negli ultimi decenni la scuola secondaria europea seguendo il modello americano si è democratizzata nel senso che è divenuta quasi ovunque interamente obbligatoria e gratuita.Non prepara piu’ le classi dirigenti, e diventata di massa e la contestazione degli anni sessanta si spiega almeno in parte con la confusa coscienza di non poter piu’ aspirare diventare classe dirigente.”gli studenti che escono finiranno con l’assumere l’un l’altro degli infiniti ruoli di mediazione tra produzione e consumo distribuendo in rivoli minimi parte  della ricchezza che sgorga da poche sorgenti lontane e inaccessibili.La grande quantità di prodotti immessi sul mercato basati su tecnologie raffinate richiede consumatori evoluti, attenti alle novità,capaci di cambiare le abitudini di consumo abbastanza colti per recepire rapidamente i messaggi pubblicitari e leggere i manuali d’istruzione.La nuova scuola dei consumatori che a differenza dei tecnici e dei dirigenti possono ignorare i processi produttivi e fare a meno di qualsiasi cultura generale. La scuola non è il futuro del lavoro, ma la futura organizzazione del tempo libero..Una tale scuola deve fornire educazione stradale, sanitaria,sessuale,alimentare,fiscale e così via:per il cittadino consumatore. Così cambiano i contenuti e i metodi didattici e gli strumenti concettuali troppo difficili vengono eliminati dall’insegnamento che viene ridotto alla descrizione di meri fatti e a elenchi di prescrizioni. Così l’uso di videate al computer, di mappe concettuali come schemi.Di qui nel processo di autonomia le funzioni tradizionali degli insegnanti tendono ad essere svuotate da tecnologie didattiche centralizzate e impersonali,grazie a lezioni televisive, videocassette, ipertesti interattivi e altri prodotti multimediali.Alla nuova scuola non occorrono esperti di fisica,letteratura,filosofia e storia dell’arte,ma semplici operatori scolastici,con preparazione sociopedagogica,come intrattenitori e animatori che accolgono gli studenti nelle strutture scolastiche stimolandone la socializzazione e accompagnandoli e guidandoli nella funzione dei media. Di qui la fine del prestigio sociale e i bassi stipendi, l’autopromozione pubblicitaria dei presidi e della scuola che si mettono sul mercato.

Russo sottolinea l’arretramento nello studio scientifico e in particolare della geometria classica in gran parte liquidata di argomenti non ipotetico deduttivi,ma empirici e cose simili avvengono nell’insegnamento della fisica.Di qui la dispersione di ogni base razionale scientifica e l’approdo al relativismo culturale se non addirittura all’irrazionalismo;

Ancora la critica alle tecnologie multimediali e al computer usato solo per vedere immagini.”Mentre un tempo il Guardare le figure era considerato per lo piu’ un’attivita’ di livello inferiore rispetto alla lettura.oggi l’uso crescente delle immagini è ritenuto un progresso essenziale”.

Ci sarebbe maggiore contenuto e informazione cosa che non è affatto vera:la comunicazione visiva è passiva e pur se carica di contenuto risulta oscura senza gli adeguati strumenti concettuali e non vi è alcun modo per trasmettere strumenti concettuali senza la comunicazione verbale e scritta.Le immagini e tecniche multimediali possono svolgere un ruolo essenziale nell’allargare il mondo dell’esperienza individuale e vanno quindi certamente utilizzate nell’insegnamento, ma in maniera critica non passiva. Così l’uso del computer va usato cercando di spiegare non  come la macchina funziona(cosa da apprendere in corsi specialistici universitari e postuniversitari): ma perchè è possibile che funzioni per evitare concezioni magiche della tecnologia:ugualmente l’uso della rete va fatto in maniera mirata e qualificata per evitare materiale scadente che tuttavia che tuttavia non  riesce a sostituire il libro tradizionale che permette piu’ cura e attenzione.

Ma  ritornando al problema del tipo di scuola alternativo a quello dequalificato:gli americani hanno risolto con una scuola per bambini prodigio,i giapponesi con una scuola rigidamente meritocratica selettiva e gerarchica  entrambi con effetti psicologici negativi.Gli americani poi importano cervelli da tutto il mondo.La scuola europea ha ancora un margine di vantaggio rispetto alla scuola americana non essendo ancora del tutto dequalificata.

In Italia la rinunzia all’alta tecnologia accompagnata dalla corruzione nel  nostro sistema economico-politico che come si è sviluppato ha avuto bisogno di ben poche competenze tecnico-scientifiche ha favorito nelle università  private discipline come economia scienze politiche e giurisprudenza.I grandi cervelli in Italia quando non emigrano all’estero hanno ben poco terreno fertile  nel nostro sistema.

La scuola italiana e’ indietro rispetto agli standard  occidentali il sistema di reclutamento ha abbassato il livello culturale, la selezione si è abbassata, gli stipendi degli insegnanti sono i piu’ bassi. Eppure c’è qualcosa di particolare e anomalo.C’e’ un liceo classico in cui si studia il greco antico,la geometria razionale viene ancora insegnata e tra i professori ci sono persone di profonda cultura e anche di discreta produzione intellettuale.Ciò è sopravvissuto con inerzia alla corruzione politica, per cui chi esce bene da uno dei nostri licei affronta bene studi universitari complessi in qualsiasi paese del mondo.Nonostante la denazionalizzazione e l’anglicismo che non è il bilinguismo c’è il persistente legame con la civiltà classica che implica nello studio della lingua un impegnativo esercizio intellettuale.Ora Berlinguer ha proseguito nell’opera di D’Onofrio confermando l’abolizione degli esami di riparazione,poi ha approntato lo statuto delle studentesse e degli studenti ove viene ribadita una scuola come luogo di ritrovo e di socializzazione degli studenti clienti.Poi con i quaranta saggi , con Maragliano presidente pedagogista sostenitore esaltato delle tecnologie multimediali ha realizzato la sua linea di riforma intervenendo a favore della storia del novecento, semplificando la storia antica ridimensionando il significato delle lingue classiche e della storia della filosofia e della letteratura italiana, della fisica;ridimensionando il carico scolastico con la settimana corta e le ore brevi assumendo sociologi,psicologi esperti di teatro fotografia danza,arti marziali.

L’eliminazione dei contenuti dell’insegnamento è in realtà strettamente legato alla denazionalizzazione e alla cancellazione della propria identità culturale.Detto questo si tratta di alimentare un serio dibattito intellettuale anche fuori dalle specializzazioni accademiche sfidando la convinzione oggi molto diffusa,che non essendovi piu’ una cultura, ma solo tanti saperi reciprocamente estranei e incommensurabili, non vi sia piu’ alcuna conoscenza fondamentale da trasmettere. Di qui la battaglia per non sostituire i segmenti con i bastoncini,cioè i concetti teorici,la razionalità con la descrizione dell’uso e dei risultati di una potente tecnologia dalla logica misteriosa in cui bisogna credere fideisticamente.Nella scuola non bisogna dimenticare il metodo scientifico che parta dalla geometria razionale.Di qui l’importanza della filosofia e della storia delle scienze che mettono a confronto con teorie anche superate e danno il senso della problematicità del discorso scientifico.Lo stesso vale per il senso della storia che nel lungo periodo fornisce strumenti concettuali preziosi per approfondire la comprensione della civiltà attuale senza ridurre la storia a presente , a pura educazione civica Lo studio della grecità è la fonte per capire l’origine della civiltà dei saperi interesse che va aldilà dei singoli specialisti antichisti (lo stesso vale della romanità per il Diritto).

L’essere dell’Italia in Europa non significa adeguarsi necessariamente ai modelli offerti dai paesi europei e rinunziare ad un proprio ruolo autonomo è rimasto in piedi nei secoli proprio grazie al legame con la civiltà classica. Il suo liceo è una delle cose che vanno accuratamente conservate anche se ripensate profondamente nei programmi riflettendo sul superamento della distinzione gentiliana tra liceo classico e scientifico in favore di una scuola di alto livello fuori delle mode culturali e del consumo, una scuola di  base di vero livello internazionale. Questo,concludendo,secondo Russo,come possibilità e scelta faticosa per quelli che lo vogliono,innalzerebbe il livello della produzione culturale, ma permetterebbe anche di costruire le competenze piu’ diffuse necessarie nei sevizi e cittadini in possesso di strumenti critici e in grado di compiere scelte consapevoli.