COMMENTO AL DISEGNO DI LEGGE SUGLI ORGANI COLLEGIALI.
Si può affermare che con la riforma degli Organi Collegiali proposta dall'attuale maggioranza, si sta avviando verso la conclusione quel processo di riorganizzazione in chiave aziendalistica e di smantellamento della scuola pubblica italiana, che iniziato circa da dieci anni fa, (in questo periodo è abbondantemente compresa anche il progetto scuola dell'Ulivo) è passato attraverso le seguenti fasi:
Oggi, nascosta dietro alle parole d'ordine di ammodernamento, di snellimento burocratico, appare evidente la volontà di mettere in discussione, di controllare quelle forme di partecipazione ed espressione democratica, quali sono appunto gli organi collegiali, le ultime capaci di opporsi ad una gestione monocratica, verticistica e facilmente controllabile dal centro (alla faccia dell'autonomia), com'è quella che si va delineando nelle nostre scuole attraverso la figura del preside manager.
Seppure bisogna rendere merito al fatto che le proposte più deleterie, avanzate in precedenza, sono scomparse (penso alla riduzione della quota docenti che sarebbe divenuta minoritaria all'interno del Consiglio della scuola, o all'istituzione della figura del garante dell'utenza con chiari fini di controllo sull'attività professionale svolta dai docenti), ciò non toglie che l'attuale riforma, insieme alla proposta di stato giuridico e alla stessa legge delega n. 53, componga un pericoloso mosaico che ha lo scopo di svuotare delle proprie prerogative l'istituzione scuola, trasformandola in luogo dell'applicazione automatica delle direttive provenienti dall'alto, collaterale, se non addirittura subordinato, al mercato.
Analizzando più dettagliatamente il disegno di legge, le prime perplessità sorgono alla lettura dell'articolo 1, comma 5, là dove si dice che "Gli organi di governo concorrono alla definizione e realizzazione degli obiettivi educativi e formativi .. coerenti con le indicazioni nazionali adottate in attuazione alla legge 28 marzo 2003, n. 53 " , un ulteriore passo nella direzione di subordinazione della scuola ai voleri politici, alla faccia della tanto esaltata autonomia ed indipendenza, per di più con l'imposizione di atti come le Indicazioni, transitori e quindi illegittimi.
Grave è l'assenza di chiarezza sulle modalità di elezione dei componenti del Consiglio della scuola, sulle regole di elettorato attivo e passivo, sulle incompatibilità, sulla trasparenza e la pubblicità degli atti, sulla possibilità di effettuare ricorsi; altrettanto grave, a riprova del cedimento sul piano della democrazia, è la scomparsa della componente ATA, evidentemente considerata neanche degna di un proprio spazio rappresentativo.
La drastica riduzione del numero dei componenti del Consiglio, oltre a non tenere in giusta considerazione le difficoltà di gestione di strutture complesse e molto spesso elefantiache, per numero di addetti e di studenti, quali sono, al giorno d'oggi, le scuole, risponde ad esigenze di semplificazione, snellimento e più in generale di riorganizzazione verticistica e gerarchica che sembra pervadere questo disegno di legge.
Sebbene al dirigente scolastico non spetti la presidenza del consiglio della scuola (com'era stato, invece, proposto nel disegno di legge elaborato da Adornato), gli viene conferita una tale posizione di rilievo da compromettere il carattere democratico dell'organismo.
Infatti, dopo che nell'art. 1, comma 4 si dice che "Restano ferme le disposizioni legislative in vigore concernenti le funzioni dei dirigenti scolastici" , nel comma 6 si conferma che al DS spettano " i compiti di gestione e coordinamento" dell'istituzione scolastica, mentre al Consiglio di scuola e al Collegio dei docenti competono le " funzioni di indirizzo e programmazione".
D'altro canto la democrazia diminuisce con la scomparsa dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione, e in questa assenza è già prefigurata tutta la scuola morattiana del domani, con la figura del tutor che prende il posto dell'attività cooperativa e collaborativa che sta alla base dell'odierna scuola pubblica.
La composizione del Collegio dei docenti vede la novità dei " docenti a contratto e degli esperti che svolgono incarichi per gli insegnamenti facoltativi e opzionali " i primi, i futuri precari delineati dal nuovo stato giuridico degli insegnanti, gli altri, sono i docenti delle materie opzionali e facoltative che, variabili per numero e tipologia, sono menzionati a parte, in quanto esterni all'organico della scuola, secondo le indicazioni della riforma Moratti.
Scompare dal testo in discussione alla Camera, la prerogativa principale che attualmente il Collegio possiede, quella di deliberare, per essere sostituita con una formula più vaga e ambigua, quale "ha potere di ", a riprova della volontà di sottrarre potere, soprattutto equilibratore nei confronti del dirigente scolastico, all'organismo.
Anche la lettura dell'ultimo articolo del disegno di legge, dedicato al comitato per la valutazione del funzionamento dell'istituto, è fonte di parecchi interrogativi sia sulla filosofia di tale organismo, sui suoi compiti ed obiettivi, assolutamente non chiariti (si fa solo riferimento all'attività dell'INValSI e quindi tutto rimane molto nebuloso), sugli stessi membri, tra i quali spicca un " soggetto esterno all'istituzione scolastica", deputato a far parte di tale organismo, benché non ne sia esplicitata la natura, né tanto meno le competenze.
Stefano Lonzar