D. P. R. 10 settembre 1969, n. 647

 

ORIENTAMENTI DELL'ATTIVITÀ EDUCATIVA NELLE SCUOLE MATERNE STATALI

 

(Art. 2 della legge 18 marzo 1968 n. 444)

 

PARTE PRIMA

 

INDIRIZZI GENERALI

 

1. Finalità della scuola materna e carattere degli Orientamenti.

 

Le finalità della scuola materna statale risultano dalla legge 18 marzo, n. 444, che ne stabilisce l'ordinamento.

 

L'art. 1 precisa che essa: "raccoglie i bambini nella età prescolastica da tre a sei anni"  e "si propone fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola

dell'obbligo, integrando l'opera della famiglia".

 

Tali scopi le conferiscono un'autonoma funzione educativa, intesa

prima di tutto a promuovere l'armonico sviluppo del bambino, e, in virtù della maturazione che egli vi consegue, la rendono altresì preparatoria

alla frequenza della scuola dell'obbligo, senza per questo anticiparla.

 

La scuola materna, infatti, è impostata su una propria autonomia istituzionale, e ogni differenziazione del suo carattere preparatorio è prevista solo quando sia fondata su metodi organici coerentemente applicati.

 

Lo sviluppo del bambino non può intendersi circoscritto esclusivamente, ne in modo preminente, all'attività conoscitiva, giacché la sua crescita intellettuale è strettamente collegata alla maturazione affettiva e sociale.

 

Gli «Orientamenti », che seguono, non interferiscono nelle scelte didattiche particolari; essi intendono mettere in evidenza a quali esigenze educative del bambino e a quali istanze di carattere sociale e pedagogico, nel quadro della civiltà attuale, la scuola materna deve soddisfare.

 

Esigenza fondamentale fra tutte è quella di porre ogni cura nei non soverchiare le reali capacità del bambino, pur utilizzando tutti i progressi dell'odierna didattica per sollecitarne le possibilità di sviluppo.

 

Differenziazioni metodologiche e sperimentazioni scientificamente condotte sono incoraggiate ai fini del continuo perfezionamento dei procedimenti didattici.

 

Integrazioni ai presenti « Orientamenti » saranno apportate per le particolari esigenze didattiche delle sezioni speciali di scuola materna e delle scuole materne speciali.

 

2.  Libertà e responsabilità didattica.

 

I criteri e i metodi dell'attività educativa non possono essere prefigurati. La libertà d'insegnamento riconosciuta dallo Stato ad ogni educatore nella scuola si sostanzia, fra l'altro, nella autonomia delle scelte didattiche. Ma è

conforme al carattere morale di tale libertà, al significato dì responsabilità che la completa nel cittadino e nell'educatore di una società e di una scuola democratica, che essa si concreti in scelte consapevoli e chiaramente motivate.

 

I principi e i contenuti metodologici a cui si ispirano i presenti «Orientamenti», espressione del presente stato di elaborazione scientifica del problema educativo, non potranno essere ne compresi ne realizzati efficacemente

senza uno studio adeguato che, penetrandoli nel loro spirito e nel senso di apertura sul futuro che si è loro voluto imprimere, li adatti alle singole situazioni e li aggiorni in base al mutare delle circostanze.

 

L'impegno che così si richiede alla educatrice è pari alla importanza di questa scuola che è la più vicina ai processi originari di formazione della personalità. In questa scuola più che in ogni altra perciò la libertà dei metodi

didattici dovrà essere fermamente garantita.

 

3. Scuola materna e famiglia - Necessità della scuola materna nella società attuale.

 

L'attuale fase di sviluppo della nostra società è caratterizzata dai fenomeni connessi al processo d'industrializzazione anche nelle campagne e al diffondersi dell'urbanesimo.

 

Tali fenomeni si sono ripercossi sulla famiglia del bambino ridotta spesso ai soli genitori, impegnati in generale in attività extra-domestiche, per tutta la giornata. I bambini sono nella gran parte costretti a vivere senza calore di intimità, nell'angustia delle case mancanti di spazi di espansione, e privi di più ampie relazioni.

 

Una edilizia appropriata, la piena disponibilità dell'edificio, il necessario apprestamento di spazi ed ambienti funzionalmente utilizzati nell'attività educativa, sono condizione perché la scuola materna possa raggiungere le sue

finalità. In essa, cosi, dovrà realizzarsi un intelligente impiego degli arredamenti e delle attrezzature anche in rapporto all'igiene, all'educazione sanitaria e alla refezione e dovranno trovare posto spazi ampi ed aperti attrezzati per il gioco, per il giardinaggio, e per ogni altra torma di

libera e ordinata attività.

 

Ma la scuola materna, mentre opera per la formazione della personalità infantile, si assume anche il compito, non meno importante dal lato sociale, di compensare la mancanza di stimolazioni culturali, riscontrabili molte

volte negli ambienti da cui il bambino proviene. Diviene particolarmente raccomandabile, perciò, un costante rapporto tra scuola materna e famiglia, che possa risolversi in un arricchimento culturale delle famiglie e in una loro

più efficace presenza educativa.

 

Giacché, dunque, la scuola materna offre alle famiglie la prima, e, forse la più importante collaborazione perché esse possano compiere più agevolmente e con maggiore efficacia la loro funzione nella società, e necessario che la educatrice tenga presenti le molteplici e diverse situazioni (culturali e socio-economiche, e i diversi atteggiamenti delle famiglie stesse nei confronti del bambino e della scuola materna.

 

Questa scuola, tuttavia, non trae la sua ragion d'essere solo dalle trasformazioni della famiglia nella società odierna ne dalle sue eventuali carenze educative, giacche giova alla generalità dei bambini, qualunque sia il livello economico e culturale del loro ambiente di provenienza. Fattori di ordine psicologico fanno dell'età che inizia verso i tre anni un periodo di sviluppo con caratteri peculiari, diversi da quelli dell'età precedente, e tali quindi che richiedono un'esperienza educativa più varia di quella che il bambino vive in famiglia. Egli ha necessità di arricchire il mondo delle sue esperienze e di variarle, cosi come ha necessità di attingere una vita sociale più ampia

e un rapporto educativo più stimolante. La scuola materna si organizza m risposta a tali esigenze, e, proprio per il compimento di questa funzione, deve ricercare un'armonica collaborazione con la famiglia.

 

Rispetto a questa, la scuola materna non deve in alcun snodo considerarsi sostitutiva. La famiglia promuove le esperienze fondamentali di vita del bambino e l’equilibrata organizzazione della sua personalità in tutte le sue

dimensioni.

 

Da parte sua, la scuola materna allarga e integra l’opera educativa dei genitori nella misura in cui essa orienta le relazioni del bambino con il mondo esterno, attraverso l’incontro e la convivenza con i coetanei. Tali relazioni, che nei primi anni di vita del bambino sono impostate secondo un prevalerne rapporto di dipendenza, assumono progressivamente caratteri di collaborazione e di reciprocità.

 

L'educatrice della scuola materna assume, cosi, una funzione sociale primaria, della quale deve avere coscienza per adempiervi efficacemente.

 

Per assolvere compiutamente alla sua i unzione, che è volta allo sviluppo della personalità del bambino in tutte le sue dimensioni, occorre che l’educatrice abbia cura di provvedere alla creazione di un ambiente totalmente educativo, sia nella sezione a lei affidata che nell’intera scuola, in collaborazione con le altre educatrici e con tutto il personale.

 

Materiale didattico, spazi chiusi e all'aperto, provvidenze assistenziali, attività didattiche specifiche, personale docente e specializzato, rapporti con le famiglie e con la comunità acquistano un valore educativo solo quando il

loro impiego e il loro svolgimento abbiano presente il

bambino e l'insieme dei bambini nella pienezza della loro

persona in un contesto armonico e stimolante.

 

4. La personalità del bambino - II bambino nella civiltà odierna.

 

La personalità si costituisce come risultante delle dotazioni native e delle influenze ambientali.

 

La corretta impostazione dei rapporti genitori-bambino, famiglia-scuola materna, bambino-coetanei, bambino-educatori, assume somma importanza per la particolare

incidenza che le esperienze dei primi sei anni hanno nei riguardi dello sviluppo della personalità per tutto il corso della vita. Dalla natura e dal modo di svolgersi di tali rapporti dipenderanno infatti, in larga misura, le caratteristiche fondamentali della futura esistenza individuale e sociale e, in particolare, il livello e la qualità della vita intellettiva, i sentimenti, gli atteggiamenti e i comportamenti che si manifesteranno nell'età adulta.

 

Per aiutare il bambino a svolgere in modo autonomo le sue capacità native e per predisporre condizioni ambientali favorevoli, l’educatrice dovrà avere ben presenti le caratteristiche fondamentali dello sviluppo della personalità, con riferimento non soltanto al periodo dai tre ai sei anni, ma anche a quello che precede l'età della scuola materna ed a quelli che la seguono.

 

Per quanto una schematizzazione valida per tutti i bambini non sia possibile, si può tuttavia dire che il bambino a tre anni ha ormai acquisito una certa autonomia. Egli sa camminare con sicurezza, è capace di salire e scendere le scale, sa adattare se stesso a certi oggetti, sa manipolarne altri; sa riconoscere e differenziare percettivamente i vari elementi dell'ambiente circostante; è in grado di sviluppare una attività rappresentativa che si

manifesta come capacità di rievocare mentalmente avvenimenti e situazioni del recente passato, di anticipare avvenimenti relativi al futuro prossimo, e di sviluppare fantasie di vario tipo, benché ancora gli manchi un chiaro

senso della distinzione tra piano della realtà e piano della irrealtà.

 

Egli conosce i nomi di molte cose e desidera conoscere i nomi che ancora non gli sono noti; sa esprimere verbalmente i suoi desideri ed i suoi bisogni fondamentali; sa entrare, sia pure in modo imperfetto, in comunicazione verbale con gli altri; accompagna e sottolinea col linguaggio verbale le sue attività di gioco.

 

Vive ormai in un sistema di rapporti affettivi sufficientemente definiti, relativi tutti all'ambito familiare, e si avvia ad acquistare una certa capacità di controllo dei propri impulsi e delle proprie emozioni. Se la vita della

famiglia è caratterizzata da armonia e solidarietà fra i suoi vari membri e da affettuosa sollecitudine verso il bambino, questo ha ormai acquisito un certo senso di sicurezza, anche se limitato alle esperienze ed alle situazioni che

gli sono familiari.

 

Verso i tre anni, il bambino prende coscienza del fatto che la sua persona costituisce una individualità distinta dalle altre. Ne deriva un desiderio di indipendenza che si manifesta, inizialmente, per un periodo che può variare da qualche mese a più di un anno, anche attraverso atteggiamenti caratterizzati da negativismo, da caparbietà e da una certa aggressività (crisi di opposizione; età del « no »). Tali atteggiamenti sono spesso a torto interpretati dagli adulti come indici di cattiveria o di capricciosità, e vengono talvolta trattati con inopportuna severità.

 

A tre anni si sono dunque ormai verificate trasformazioni della personalità che sono premesse indispensabili per l'ingresso in una comunità diversa da quella della famiglia e che rendono anzi opportuno tale ingresso, sia perché questo rende possibile al bambino l’esperienza di cose e situazioni nuove, sia perché gli consente di istituire rapporti affettivi e sociali anche ai di fuori della famiglia, sia infine perché  favorisce un potenziamento ed una diversificazione delle sue capacità creative ed espressive.

 

L’educatrice deve tener conto che proprio su queste prime applicazioni si fonda l'ulteriore progresso della personalità, e in particolare quello che ha luogo nell'età della scuola materna.

 

Fra i tre e i sei anni, infatti, sul piano della motricità si vanno via via realizzando coordinamenti percettivo-motori sempre più fini ( utilizzazione della mano e delle dita nell'uso sempre più sicuro, preciso e differenziato di

oggetti, di strumenti o di materiale per attività costruttive, espressive o ludiche; capacità di muoversi secondo un certo ritmo, di correre in modo differenziato, accelerando, decelerando, saltando; uso del triciclo; acquisizione di abitudini motorie relative alla pulizia, all'abbigliamento,

all’alimentazione, ecc. ).

 

Sul piano della percezione si va sviluppando la capacità di analisi, cioè la capacità di cogliere in oggetti o situazioni, oltre a certi aspetti vistosi anche altri aspetti meno immediatamente  evidenti; si va intensificando l'interesse per le forme, i colori e le dimensioni degli oggetti, per il materiale di cui sono costituiti e per le loro varie, consuete o inconsuete possibilità d'uso; si va evidenziando la sensibilità al ritmo, e la capacita di coordinare a tale ritmo i propri movimenti.

 

Ma è soprattutto sul piano dell’attività rappresentativa che il bambino compie i progressi più notevoli. La sua capacità di rievocare situazioni e avvenimenti o di anticiparli mentalmente progredisce estendendosi nella direzione del passato e in quella del futuro, anche se ciò non basta ancora ad attenuare in lui le tensioni emotive del momento.

 

In tali rappresentazioni la persistente presenza di tendenze egocentriche e di credenze animistiche o di una certa inclinazione alla fabulazione — ossia alla elaborazione puramente fantastica dei fatti —- può produrre distorsioni in tali rappresentazioni, a torto spesso considerate come volontarie deformazioni della verità. I progressi sul piano percettivo e su quello dell'attività rappresentativa rendono inoltre possibile una vivace attività di pensiero, la quale lascia tuttavia largo posto ad elementi di carattere intuitivo ed affettivo, e non è ancora disciplinata da quelle capacità di coordinamento logico che solo nel corso della scuola primaria troveranno il loro graduale sviluppo. Tale attività di pensiero si manifesta nella forma di una vivace e persistente curiosità relativa a diversi fenomeni della natura e del mondo umano (età dei « perché », curiosità riguardanti le differenze relative all'età o al sesso, l'origine delle cose, ecc.).

 

I1 naturale sviluppo motorio, percettivo e cognitivo, tipico di questo periodo, e strettamente connesso allo sviluppo di una componente essenziale della personalità infantile, quella affettiva. Se nell'età precedente rapporti affettivi a carattere positivo o negativo si erano costituiti nei confronti delle figure familiari, in questa età altri rapporti affettivi si costituiscono nei confronti dell'educatrice e dei coetanei, spesso anche nel senso che in tali nuovi rapporti il bambino riproduce situazioni e ritrova problemi affettivi già vissuti nell'ambito della famiglia. Questi nuovi rapporti si aggiungono a quelli esistenti, rendendo più complessa la vita affettiva del bambino e talvolta

introducendo in essa degli elementi conflittuali. Ciò avviene, per esempio, in quei casi in cui la personalità della educatrice, o le sue valutazioni, o i suoi atteggiamenti, sono in notevole contrasto con quelli dei familiari. Ne

risultano allora ostacolati certi processi di imitazione e di identificazione con gli adulti normalmente presenti a questa età. Queste nuove esperienze affettive avranno comunque un carattere prevalentemente positivo se l'educatrice potrà essere « vissuta » dal bambino come persona che svolge nei suoi confronti un'azione « liberatrice », se concorre cioè a soddisfare le sue più profonde esigenze di ordine percettivo-motorio, espressivo o cognitivo; avranno invece un carattere prevalentemente « negativo », se essa verrà « vissuta » da lui come una persona che svolge un'azione essenzialmente limitatrice e repressiva.

 

L'esigenza di una interpretazione certa, e perciò rassicurante, delle cose e del mondo, e il bisogno di stabilità e di protezione sul piano affettivo, possono tradursi anche in una prima forma di sensibilità religiosa.

 

L'ingresso nella comunità scolastica rende possibile il costituirsi di rapporti sociali di vario significato con i coetanei e favorisce dunque nel bambino il graduale sviluppo del senso delle differenze fra sé e gli altri e la progressiva presa di coscienza della esistenza di punti di vista e di interessi diversi dai suoi e della conseguente necessità di liberare i propri impulsi dagli aspetti possessivi e aggressivi. Ciò costituisce la premessa per la graduale comprensione della necessità di regole sociali e di norme morali che, presentate dapprima dagli adulti, verranno poi gradualmente interiorizzate, dando origine soprattutto negli anni successivi a quelli della scuola materna ad una moralità più autonoma.

 

Il periodo dai tre ai sei anni è inoltre caratterizzato da un rilevante sviluppo del linguaggio e da una larga presenza delle attività di gioco. Linguaggio e gioco vanno considerati nel loro duplice aspetto di attività rese possibili da uno sviluppo psicologico che si va compiendo, e di strumenti indispensabili per favorire e rendere ricco ed equilibrato tale sviluppo.

 

Il linguaggio, nelle sue diverse forme (verbale, grafico, pittorico, ecc.), assolve funzioni via via più varie. Il linguaggio verbale, in particolare, non è più soltanto un mezzo per esprimere desideri o tensioni, o per stabilire con

gli altri una forma iniziale di comunicazione, ma diventa anche uno strumento indispensabile per lo sviluppo delle attività percettive (nel senso, per esempio, che una maggiore ricchezza di vocabolario permette di vedere in modo

nuovo e più differenziato la realtà); per l'esercizio della attività rappresentativa; per uno sviluppo ordinato ed una prima organizzazione delle conoscenze; infine per l’avvio del processo di socializzazione.

 

Il gioco, esso pure nelle sue varie forme (motorio, imitativo, simbolico, ecc.), mentre è reso possibile proprio dallo sviluppo della motricità e dell'attività rappresentativa e fantastica, diviene a sua volta un mezzo veramente fondamentale per lo sviluppo della personalità. Esso favorisce le acquisizioni percettive-motorie; costituisce occasione sia per una ricca attività imitativa sia per l'esercizio delle capacità di osservazione, di analisi e di coordinamento; facilita largamente lo sviluppo della vita rappresentativa. L'attività ludica, in certe particolari forme (gioco dei ruoli, giochi con regole), favorisce in misura determinante i processi di socializzazione. Con riferimento, infine, allo sviluppo affettivo ed emotivo, il gioco, proprio in quanto permette di manifestare e scaricare, per vie indirette, spesso con riferimento a personaggi rappresentati simbolicamente, tensioni di vario tipo, assolve anche ad una funzione di compensazione e di equilibrio, e può inoltre permettere alla educatrice sensibile e psicologicamente preparata di conoscere meglio e più a fondo la vita affettiva ed emotiva del bambino.

 

La personalità infantile, così descritta, è nella società attuale in trasformazione, investita da un flusso multiforme e continuo di stimolazioni e di messaggi; il bambino è costretto a confrontarsi continuamente con abitudini,

atteggiamenti e modelli di vita, in rapida evoluzione, dai quali può derivargliene conflitti e tensioni sul piano emotivo e disorientamento sul piano delle acquisizioni intellettuali.

 

La scuola materna non può, quindi, ignorare questo problema che pone ad essa, per prima, il compilo di preparare il bambino ad affrontare una realtà sempre mutevole. Nell'età nella quale si pongono le basi della futura personalità, essa ha il compito di creare i presupposti di una futura capacità di adattamento emotivo ed intellettuale che ponga 1’individuo in grado di percepire la continuità nei mutamenti e di assumere di fronte ad essi un atteggiamento attivo, autonomo ed originale.

 

In questo senso può dirsi clic già nella scuola materna ha inizio l’educazione permanente necessaria all'uomo contemporaneo.

 

5. La personalità dell’educatrice e dell'assistente.

 

Nulla è più necessario per un corretto sviluppo della

personalità infantile dell'instaurarsi di un intelligente ed

equilibrato rapporto tra educatrice e bambino.

 

Ciò esige a sua volta che l’educatrice possieda e coltivi, prima di tutto, l'attitudine ad aggiornare e a migliorare le proprie conoscenze e capacità professionali.

 

Infatti, se una buona preparazione di base, costituita da una elevata cultura generale e da una sicura cultura specifica di pedagogia, psicologia e sociologia, tenute costantemente aggiornate, appare condizione primaria, insieme ad essa si pone inderogabile la presenza di doti fondamentali di personalità, che consentano all’educatrice di instaurare quell'equilibrato rapporto affettivo fra lei e il bambino, senza il quale non si promuovono in lui i sensi di fiducia e di sicurezza essenziali al suo sviluppo personale. Evitando disarmonie con l'ambiente familiare, e rimediando alle eventuali carenze di questo, l’educatrice potrà cosi riscattare stati di frustrazione e indebiti sensi

di colpa suscettibili di determinare nel bambino situazioni depressive, inibizioni dell'iniziativa e mancanza di autonomia.

 

E’ auspicabile che l’educatrice possegga in primo luogo, con l’attitudine fondamentale a instaurare positivi rapporti umani con adulti e bambini, alcune essenziali doti, acquisibili e sempre perfezionabili con lo studio, l'autocontrollo e la riflessione sui successi e sulle insufficienze della

propria opera educativa.

 

Fra le attitudini fondamentali, oltre alla capacità di amare i bambini e di coltivare in genere buoni rapporti umani, sono indispensabili normali condizioni di salute fisica e mentale. L’educatrice deve poter portare così nella propria attività, un costante equilibrio emotivo che, arricchito da una tendenza all'ottimismo, all'umorismo, allo spirito lieto, escluda atteggiamenti di ansietà, iperaffettività, malumore, intolleranza, sfiducia. Un profondo senso

del dovere, manifestazione di una vivace sensibilità morale, uno spirito di ordine e di coerenza devono assicurare alla vita della sua scuola un'atmosfera di stabilità e di sicurezza, consentendole di influire beneficamente, specie

mediante l'esempio, sui bambini e sulle loro famiglie. Con queste doti l’educatrice riuscirà agevolmente ad affiatarsi con le colleghe.

 

Su queste basi essa dovrà darsi un serio metodo didattico con le relative modalità tecniche ed organizzative, e animarlo con prontezza di intuizione, di iniziativa e con spirito creativo.

 

L'insieme delle attitudini e delle qualità indicate, integrate in una visione ideale della vita, assicurano il successo dell'opera educativa realizzando un clima di serenità nella scuola.

 

Una funzione che presenta molti caratteri educativi è affidata anche all'assistente, alla quale si richiede di coadiuvare le educatrici nella vigilanza e nell'assistenza dei bambini. Essa la assolverà specialmente con l'essere presente e vigile all'ingresso e all'uscita, aiutando i bambini nell'uso dei servizi igienici e nelle pratiche igieniche, coordinando e sorvegliando i servizi logistici, attendendo al migliore funzionamento della scuola.

 

Anche l'assistente deve amare ed accettare l'infanzia; saper tenere coi bambini un comportamento imparziale, sereno ed equilibrato; deve conoscere e praticare scrupolosamente le norme igieniche richieste; saper parlare correttamente la lingua italiana; possedere una viva sensibilità morale e mantenere con le famiglie i migliori rapporti.

 

All'assistente non possono essere affidati specifici compiti propri delle educatrici, ma essa deve saper collaborare con queste e sapersi inserire utilmente nel clima educativo della scuola materna.

 

6. Aspetti educativi dell'assistenza.

 

Al fine di assicurare e attuare il diritto dell'infanzia alla educazione, la scuola materna dovrà utilizzare anche sul piano pedagogico e didattico le provvidenze intese a rimuovere gli ostacoli economici, sociali e culturali che ne limitano di fatto il successo. Ciò configura nel compito della educatrice anche un aspetto assistenziale, volto alla rimozione degli effetti delle carenze, dei ritardi e delle esperienze negative che possono riscontrarsi nella personalità e nelle situazioni dei bambini.

 

Le forme di assistenza offerte al bambino devono, infatti, evitare esiti negativi e diseducativi. Ad esempio, nel caso del trasporto dei bambini e del loro accoglimento a scuola, si dovrà cercare di promuovere in loro il

senso della responsabilità e dell'ordine nello spirito della

collaborazione e del reciproco aiuto e rispetto, in una atmosfera di gioiosa serenità. Lo stesso è da dirsi del tempo del riposo e di quello dei pasti per l'importanza che essi rivestono nell'educazione.

 

L'educatrice segnalerà di volta in volta alla famiglia e agli organi direttivi competenti il manifestarsi nei bambini di sintomi di malattie e di disturbi e irregolarità dello sviluppo fisico, sensoriale, del carattere, dell'intelligenza, partecipando responsabilmente, ove occorra, all'opera

di recupero. Essa si avvarrà, quindi, agli effetti della  propria attività pedagogica e didattica, dei dati diagnostici rilevati dal servizio medico-psico-pedagogico.

 

Nella scuola materna non è possibile ne s' deve mirare a svolgere un sistematico « programma » differenziato per temi culturali, o per valori sociali, etici, religiosi, giacché non lo consentono ancora ne le esperienze, ne le

strutture mentali, ne gli interessi del bambino, ne i livelli della sua maturazione psichica.

 

L'attività educativa della scuola materna si configura cioè in forme che non possono essere distinte e distribuite in settori rigidi e indipendenti e in appositi orari. Naturalmente, questo non comporta che non debbano essere sviluppati tutti gli aspetti della personalità infantile; l'educatrice approfondisca e svolga consapevolmente quanto affiora dalla molteplicità delle esperienze quotidiane e dagli atteggiamenti spontanei o indotti del bambino; a

tal fine gioveranno procedimenti didattici clic rispettino l'unita integrale dello sviluppo infantile.

 

L’educazione del bambino deve muovere dai suoi bisogni e interessi opportunamente stimolando esperienze e tentativi, rivelatori della personalità, e assecondando i ritmi di vita che gli sono propri, senza reprimere e mortificarne lo sviluppo con impazienze e anticipazioni dannose.

Sono le esperienze e l'esercizio delle attività a strutturare la personalità, per cui non e con l'intervento dall'esterno, ne con l'esigere una precoce sistematicità che si può sviluppare nel bambino la capacità di organizzare via via il proprio comportamento.

 

E’ importante che tali esperienze ed attività siano promosse e guidate secondo una didattica generale ispirata ai criteri dell'individualizzazione e della partecipazione alla vita di gruppo.

 

Così impostata, l'opera educativa della scuola materna si svolgerà nelle forme di:

 

- Educazione religiosa;

 

- Educazione affettiva, morale e sociale;

 

- Gioco ed attività costruttive e di vita pratica;

 

- Educazione intellettuale;

 

- Educazione linguistica;

 

- Libera espressione grafico pittorica e plastica;

 

- Educazione musicale;

 

- Educazione fisica;

 

- Educazione sanitaria.

 

 

PARTE SECONDA

 

ATTIVITÀ EDUCATIVE

 

1. Educazione religiosa

 

L'esperienza religiosa, esperienza tipicamente umana, risponde, nel bambino di questa età, a complesse esigenze affettive ed intellettuali. Le più evidenti sono iL desiderio di attingere un sentimento di legame universale con Le cose

e le persone tutte; il bisogno di affidamento della propria persona a una forza e ad una volontà capaci di sorreggerla e di aiutarla nella conquista della autonomia; la richiesta di certezza e di stabilità nel fluire dell'esistenza; infine, la esigenza di compensare frustrazioni e delusioni derivate dal rapporto con l'ambiente e di sottrarsi a sensi di in sicurezza e di angoscia che non e possibile vincere con le proprie forze e che limitano !e capaci là di operare positivamente nel mondo.

 

L’educazione religiosa, proprio in quanto soddisfa questi bisogni, ed offre i fondamenti per una concezione spirituale, serena e unitaria del mondo e della vita, costituisce un aspetto irrinunciabile dell’educazione del bambino.

Essa consente il pieno ed armonico sviluppo della sua personalità, 1’affinamento del suo senso morale e dei valori, e radica in lui sentimenti di autentica socialità, animati, cioè,dal rispetto e dall'amore per il prossimo, e dall'ideale della pace tra gli uomini.

 

Tale educazione deve evitare atteggiamenti e metodi che possono condurre, e talvolta hanno condotto, negli ambienti familiari meno preparati, a superstizioni, a pregiudizi, a formalismi che incidono negativamente sulla

personalità infantile e compromettono la formazione morale e sociale, anziché costituire fonte di equilibrio, di serenità, di dinamico e creativo ottimismo nell'impegno di trasformazione umana del mondo e di disponibilità verso

gli altri.

 

Nella scuola materna, il grado di maturità raggiunto dalla personalità infantile non permette di sviluppare pienamente l'esperienza religiosa, i cui livelli più alti coincidono con le scelte intellettualmente e moralmente autonome, possibili solo nell’ulteriore sviluppo della personalità. L'educazione religiosa può compiersi tuttavia efficacemente, muovendo dal complesso delle esperienze infantili; e può anche contribuire, indirettamente, all’affinamento del

comportamento religioso delle stesse famiglie credenti, e costituire per le altre un invito a una più ricca educazione spirituale dei figli.

 

La bellezza e l'armonia della natura, ogni volta che siano ravvisabili, e la presenza in essa di innumerevoli forme di vita, possono costituire motivo per sviluppare sentimenti di rispetto e di amore per tutte le creature e di riconoscimento di Dio Creatore.

 

Il rapporto del bambino con i coetanei, non ancora concretato in forme e strutture sociali sufficientemente stabili e conosciute in forma riflessa, trova nei sentimenti di bontà e di amore una prima possibile espressione emotiva. Tali sentimenti possono essere guidati e farsi vincolo di fraternità attraverso l'evocazione della presenza provvida e amorosa di un Padre comune che trascende i singoli modelli paterni. Il senso di questa Presenza già costituisce un essenziale progresso della coscienza infantile verso la conquista dei valori morali, sociali e religiosi.

 

L’educazione religiosa nella scuola materna presenta, pertanto, alcuni caratteri fondamentali. Anzitutto essa dovrebbe muovere sempre da esperienze tipicamente infantili, o, comunque, immediatamente attingibili da tutti i bambini della comunità scolastica, e svolgersi ed attuarsi in forme e attraverso attività appropriate all'età.

 

Così, invece di ricorrere a schematizzazioni e insistere sulla astratta formulazione di precetti, sarà opportuno, attraverso la presentazione di racconti e di esempi concreti di valore religioso e morale, portare il bambino ad una prima apertura verso Dio e ad una vissuta esperienza di fraternità, di amore e di non violenza. Occorrerà pure, attraverso adatte narrazioni ed eventuali drammatizzazioni, chiarire ogni volta ai bambini il valore e il significato della religione sul piano della vita personale e comunitaria o

familiare. Sarà anche opportuno utilizzare ampiamente semplici canti, scelti tra quelli offerti dalla tradizione religiosa. I momenti di preghiera siano affidati alla spontanea espressione e formulazione dei sentimenti presenti nell’animo

infantile.

 

L’educazione religiosa dovrà ispirarsi in ogni caso a serenità e a misura. Sarà a tal fine opportuno favorire nei bambini un atteggiamento di ascolto interiore, mediante momenti di raccoglimento. Si dovrà evitare la formazione o favorire il superamento di atteggiamenti religiosi ispirati più a timore che ad amore, ingeneranti insicurezza, ansietà, immotivati sensi di colpa, sentimenti di discriminazione e forme di pregiudizio, di intolleranza e di fanatismo. Si dovrà per contro promuovere sensi di fiducia secondo una religione dell'amore e della giustizia, che faccia coincidere la legge divina con la legge di una interiore coscienza certa e serena. L'educazione religiosa dovrà sottolineare gli aspetti universali della religiosità e insieme quelli specifici delle varie forme religiose.

 

In particolare, è indispensabile che l'educatrice sia sempre guidata dalla piena consapevolezza della possibile presenza in classe di bambini che provengono da famiglie con diverse concezioni religiose, o con un orientamento non religioso, e della necessità del rispetto pieno di tali concezioni od orientamenti diversi, evitando che quei bambini possano sentirsi in qualche modo esclusi dalla comunità infantile.

 

2. Educazione affettiva, emotiva, morale e sociale

 

La base di un equilibrato sviluppo affettivo ed emotivo e della formazione morale e sociale del bambino deve essere individuata sia nell'atteggiamento di fondo dell’educatrice (atteggiamento che si esprime più attraverso una serie di comportamenti concreti che non attraverso semplici espressioni verbali), sia soprattutto nell'atmosfera calda, serena, ordinata, schiettamente sociale, che l'educatrice riesce a creare ed a mantenere viva nella comunità scolastica.

 

Questo non esclude tuttavia che certi interventi specifici o certe attività concrete possano avere una loro efficacia nel promuovere lo sviluppo di tali aspetti della personalità.

 

Lo sviluppo affettivo si verifica nel senso del costituirsi e del progressivo affinarsi sia di rapporti a carattere positivo, contrassegnati cioè da amicizia, attaccamento, amore, nei confronti delle persone, ed anche degli animali,

dei luoghi e degli oggetti che formano l'ambiente psicologico del bambino, sia di rapporti a carattere negativo, contraddistinti cioè di inimicizia, risentimento, repulsione, gelosia.

 

Compito principale dell’educatrice sarà quello di fare in modo che siano soprattutto i rapporti affettivi del primo tipo a svilupparsi ed a consolidarsi. A questo riguardo essa dovrà tenere presente, come principio guida, il fatto

che il bambino si affeziona con facilità a coloro che si occupano amorevolmente di lui, intervengono o sono comunque pronti ad intervenire per aiutarlo a superare le difficoltà in cui si trova, per soddisfare certi suoi desideri

o bisogni profondi connaturati all'età o permettono che compia di persona talune esperienze essendo tuttavia pronti a soccorrerlo qualora ciò risulti necessario, o gli danno con la loro presenza affettuosa un senso di sicurezza e di

stabilità. Terrà pure presente che il bambino sviluppa rapporti affettivi a carattere negativo nei confronti delle persone che assumono verso di lui, in modo per lui ingiustificato, un atteggiamento frustrante, sia nel senso che

trascurano di dargli aiuto nei momenti di difficoltà, sia nel senso che, con il loro comportamento o anche con la loro semplice presenza, riducono ingiustificatamente le sue possibilità di azione.

 

L'educatrice, oltre che organizzare sulla base di questi principi i propri rapporti con il bambino, cercherà anche di conoscere la natura e la intensità dei vincoli affettivi che lo uniscono a ciascun membro della famiglia. Essa curerà anche, ove necessario, di rendere consapevoli i familiari dei pericoli, per un equilibrato sviluppo affettivo del bambino, che possono derivare da certi loro atteggiamenti, come l'iperprotezione, la completa sottomissione ai desideri del bambino, la preferenza esplicitamente accordata ad uno dei figli, l'indifferenza per le esperienze che il bambino viene compiendo, il rifiuto sistematico a qualsiasi sua richiesta assunto come principio educativo, la severità eccessiva.

 

L'educatrice deve essere, insomma, ben consapevole del fatto che le esperienze affettive compiute dal bambino nel periodo della scuola materna, hanno un'importanza determinante non soltanto per quanto riguarda il rafforzarsi o il modificarsi dei rapporti affettivi già esistenti ed il costituirsi di nuovi rapporti, ma anche in relazione allo svolgimento ulteriore della vita affettiva e, più in generale, allo sviluppo della personalità nel suo insieme. Le

esperienze affettive infantili hanno riflessi che si estendono molto lontano nel tempo e investono anche il periodo della vita adulta.

 

Lo sviluppo emotivo si caratterizza, a questa età, come crescente capacità di dominare tensioni e impulsi quali, da una parte, la paura, l'ira, l'aggressività, il dolore per una perdita subita, e dall'altra il desiderio di entrare immediatamente in possesso di un bene.

 

L'educatrice dovrà essere consapevole della grande influenza che essa, e gli adulti in genere, possono esercitare al fine di garantire un equilibrato sviluppo emotivo. Dovrà evitare con cura di favorire, spesso inconsapevolmente, la formazione di tensioni emotive ingiustificate e dannose (come la paura dell'«uomo nero », dei morti, del diavolo, del tuono, o la paura di adulti o di luoghi chiamati in causa nelle situazioni in cui si desidera che il bambino sia « buono »); e dovrà svolgere in tale senso, qualora risulti necessario, un'opera educativa nei confronti della famiglia. Evitare la formazione di stati di paura ingiustificati non dovrà ovviamente significare evitare in ogni caso di creare nel bambino il senso che certi oggetti, o situazioni, o luoghi, sono realmente pericolosi. Nel rendere consapevole il bambino dei pericoli reali ai quali può

trovarsi esposto, bisognerà tuttavia dargli anche il senso che tali pericoli devono, in certi casi, essere evitati, ed in altri possono essere invece affrontati ricorrendo a particolari precauzioni.

 

Di fronte a scoppi d'ira del bambino e a sue manifestazioni di aggressività, spesso generalizzate a tutti gli elementi dell'ambiente, o al pianto disperato con cui egli sovente risponde alle situazioni frustranti (un rifiuto da parte di un adulto o di un coetaneo, la insuperabile difficoltà che presenta una certa attività costruttiva, la rottura di un giocattolo, ecc.), l'educatrice potrà favorire il suo sviluppo emotivo aiutandolo ad adottare, sia pure molto

gradualmente, un comportamento più adattivo, fondato su una considerazione delle cause che hanno prodotto la frustrazione e dei modi più idonei per eliminarle. Essa cercherà di abituare via via il bambino a differire nel tempo, nei casi in cui ciò risulta utile e necessario, il soddisfacimento dei suoi desideri. Dovrà anche aiutarlo a realizzare desideri ed aspirazioni in forme che siano adeguate

sia su un piano personale (nel senso che il soddisfacimento non risulti in definitiva dannoso per lui stesso), sia su un piano sociale (nel senso che esso non sia causa di un danno per gli altri).

 

Lo sviluppo morale, nell'età della scuola materna, va inteso soprattutto come graduale presa di coscienza, da parte del bambino, della necessità di certe norme ideali alle quali la sua condotta dovrà ispirarsi. Tali norme, durante il periodo della scuola materna, sono da lui assunte soprattutto dall'esterno, nel senso che egli tiene conto nel suo comportamento concreto dei comandi e dei divieti degli adulti, ma sente anche che essi provengono, appunto, dagli adulti. Tuttavia, verso la fine del periodo della scuola materna, prende di solito avvio un graduale processo di interiorizzazione di queste norme. Esse cioè cessano di essere vissute solo come imposte dal mondo degli adulti, e vengono invece accettate e fatte proprie dal bambino, cominciano cioè ad operare, come una voce interiore, come coscienza morale.

 

L'educatrice potrà favorire questo processo di interiorizzazione presentando ogni norma non già come semplice espressione della sua volontà ma come esigenza che nasce, per così dire, dalla natura delle cose (non già, dunque « io voglio che tu faccia questo », ma « è necessario che tu faccia questo »). Essa dovrà fare anche in modo che questa obbiettivazione ed interiorizzazione delle norme morali sia sempre, per quanto è possibile, accompagnata da una presa di coscienza delle ragioni che le giustificano. In questo senso cercherà sempre di spiegare ai bambini perché una cosa deve essere fatta, oppure deve esse-

re evitata, anche in quei casi in cui può avere l'impressione che i bambini non sentano ancora il bisogno di conoscere tali ragioni.

 

L'acquisizione di norme morali è alla base dello sviluppo di un comportamento genuinamente sociale. Le norme morali infatti, riguardano spesso il comportamento del bambino nei confronti degli altri: il rispetto delle regole

di un gioco, la lealtà, la sincerità, la solidarietà, l'aiuto reciproco, sono infatti forme di comportamento morale in situazioni sociali.

 

Lo sviluppo sociale può dunque essere inteso sia come crescente consapevolezza del fatto che nel corso della propria attività occorre tenere conto degli altri ed evitare di danneggiarli (disordine, rumore, uso esclusivo di oggetti o di giocattoli, ecc.), sia come crescente capacità di istituire con gli altri dei rapporti di collaborazione (giochi collettivi, attività che richiedono una coordinazione del contributo dei singoli bambini, come canti corali, recite, ecc.).

 

L'educatrice potrà favorire lo sviluppo sociale dei bambini, oltre che attraverso la graduale assunzione ed interiorizzazione di norme morali relative ai rapporti individuali, anche cercando di fare in modo che ognuno di essi

giunga a conoscere gli altri ed a partecipare, intellettualmente ed affettivamente, ai loro problemi. Potrà a questo riguardo essere utile fare in modo che qualche bambino spieghi agli altri le difficoltà in cui si trova, i piccoli problemi che ha incontrato. Potrà ugualmente giovare che educatrice e bambini effettuino in comune l'esame di tali difficoltà e problemi, per trovare insieme il modo adatto a risolverli. Potrà anche essere utile guidare il bambino a rendersi conto che vi possono essere certi fini individuali che tuttavia richiedono l'aiuto degli altri, aiuto che presuppone la reciprocità; e che vi possono essere certi fini super-individuali che solo gli sforzi congiunti e

coordinati dei singoli possono permettere di conseguire.

 

Con riferimento alla educazione affettiva, emotiva, morale e sociale, va tenuta presente la necessità, cui si è accennato altrove, di dare avvio, già a partire da questa età, ad una prima semplice forma di educazione sessuale. Essa

deve realizzarsi in modi non repressivi, oltre che sul piano dell'informazione relativa alla origine dei bambini e alle differenze sessuali (informazione che, data occasionalmente ma al momento opportuno, può prevenire la formazione, o ridurre l'intensità di certe tensioni emotive derivanti da curiosità insoddisfatte), anche sul piano della conoscenza fra bambini e bambine, che può svilupparsi gradualmente e dare luogo a comportamenti fondati sull'accettazione e sul rispetto reciproci.

 

3. Gioco e attività costruttive e di vita pratica

 

a) Gioco

 

II gioco è la manifestazione essenziale dell'infanzia che ne caratterizza tutte le attività. È nel gioco che si delineano e si sviluppano tutte le principali capacità del bambino, quelle senso-motorie, quelle socio-affettive, quelle costruttive, quelle espressive e quelle intellettuali, giacché implica la più vitale partecipazione di tutta la sua personalità.

 

Principio sollecitatore della sua maturazione e della sua formazione, il gioco costituisce l'elemento liberatore primario del bambino che per suo tramite penetra in modo attivo nella realtà naturale e umana e scopre via via

se stesso. È per questo che il gioco costituisce il motivo e l'esperienza di fondo di tutta la vita che si svolge nella scuola materna.

 

È importante che esso mantenga il carattere di gioco spontaneo senza finalizzazioni che lo volgano ad altro, per cui cesserebbe di essere gioco. L'impegno specifico della educatrice sarà quello di creare continue e rinnovatrici occasioni di gioco, di offrire ai bambini, attraverso i materiali adatti e spazi ambientali idonei, le più ampie possibilità di scelta e di porli così nelle condizioni di dare avvio ad attività ludiche individuali, in piccoli gruppi, o collettive.

 

È opportuno ricordare a questo proposito, che nessun giocattolo è buono in assoluto, e che un buon giocattolo dato troppo presto è nocivo quanto un cattivo giocattolo. Il bambino sia lasciato libero nel gioco, s'inserisca o no la sua attività nell'attività dei compagni. L'educatrice eviti nel modo più assoluto di cercare di regolare e di coordinare il gioco individuale o collettivo dei bambini dall'esterno, e di distrarre i piccoli da quel che stanno facendo, per richiamarli ad altre attività che essa reputi più importanti. Consideri il gioco come l'indice più sicuro del carattere del bambino e tale dunque da rivelar la misura della normalità del suo sviluppo, il grado della sua salute mentale e fisica, i suoi stati emotivi. Il compito dell'educatrice sarà volto alla ricerca delle cause che possono determinare eventuali comportamenti anormali, nonché delle conseguenti soluzioni da adottare in aiuto del bambino: non mai quello di intervenire in rapporto a preconcette formulazioni.

 

Nel gioco, nucleo fondamentale del mondo infantile, il bambino rivela ed assume via via i valori più alti della sua persona.

 

Dal lato intellettuale, esso si configura come tipica forma della attività conoscitiva infantile. Il bambino insegna a se stesso, per suo mezzo, « come si ragiona e si pensa, come si confronta e si contratta »; progetta, formula

giudizi, trae conclusioni. Lo stesso è da dirsi per lo sviluppo morale e spirituale e per l'educazione affettiva.

 

L'offerta della più ampia disponibilità di giocattoli e di materiale ludico, deve essere tale da sollecitare e secondare le più varie forme di gioco. Queste variano infatti in rapporto alle capacità da sviluppare nei bambini. L'educatrice dovrà perciò tener presente la differenza che passa tra giochi che favoriscono le capacità senso-motorie, le abilità costruttive, la fantasia, l'imitazione, le disposizioni socio-affettive; le qualità intellettuali, l'attitudine alla sperimentazione e alla progettazione. Tutte queste forme

di gioco potranno essere svolte individualmente, in piccoli gruppi o collettivamente; con materiali strutturati o no; in aula o all'aperto. Indipendentemente dai vari giocattoli in commercio, a mero titolo indicativo, senza pretesa di esaurire le possibilità di arricchimento dovute alla inventività e alla partecipazione dell'educatrice, si da un elenco di materiale ludico che più sembra rispondere alle comuni esigenze del gioco infantile:

 

sabbia a stampi (stampi di fortuna, anche: vecchi cucchiai, pentolini, colabrodo, ecc.); cubetti di legno e blocchi da costruzione di varie forme e dimensioni; scatole di legno o cartone; barili vuoti per formare tunnel, corte

scale a pioli; una serie di bambole; oggetti di facile manipolazione come carta, colla, forbici (con le punte arrotondate per i più piccini); materiale che consenta al bambino di impersonare quei ruoli degli adulti che lo interessano;

 

pezzi di stoffa, tubi di gomma, camere d'aria, candele d'auto usate, pompe di pneumatici (materiale facilmente reperibile); attrezzatura per giochi con l'acqua: tubi di gomma, secchi, tinozze, oggetti galleggianti, tavolette per

lavare, ecc.; libri di carta pesante, con immagini adeguate alle diverse età; si consigliano infine: giocattoli smontabili e di semplice struttura, tamburi, piatti, campanelli, triangoli per l'orchestra infantile; monopattini, carriole,

cerchi, tricicli, altalene, arrampicatoi, scivoli, carrelli, automobiline, autocarri, assi sospese da terra ad altezza adatta per giochi di equilibrio e per il salto; piccoli piani inclinati, forniti di scalini; palloni, giocattoli a trazione, animali poggiati su ruote e simili per i giochi all'aperto, strumenti per giardinaggio.

 

Il bambino sia sempre libero di manipolare, tagliare, impastare, senza timore di essere rimproverato perché si sporca. Si abbia cura di sistemare il materiale in modo da facilitare il miglior comportamento dei bambini nell'uso

di esso.

 

b) Attività costruttive e di vita pratica

 

All'espressione ludica del bambino si accompagnano con proprie caratteristiche, forme di attività ordinata e finalizzata. Attività costruttive, occupazioni manuali, nell'aula ed all'aperto, giardinaggio e piccoli allevamenti rappresentano l'attiva partecipazione del bambino alla vita della famiglia e dell'ambiente. Esse attestano la sua attenzione ai fenomeni della natura, il suo bisogno di manipolare e di trasformare inventivamente materiali e cose, e di servirsene funzionalmente. Sarà indispensabile però offrirgli occasioni e situazioni opportune, assicurandogli in misura adeguata sussidi, materiali e strumenti che contribuiscano anche a motivare iniziative sempre nuove.

 

Tali attività, che debbono essere sempre lasciate alla spontaneità del bambino, hanno valore di individualizzazione e di socializzazione: ad esempio, e in modo particolare, il giardinaggio e gli allevamenti che, attraverso i loro

impegni operativi, favoriscono lo sviluppo intellettuale, morale e sociale. Lo stesso accade con le attività di vita pratica che si compiono negli spogliatoi; con i compiti di organizzazione, di pulizia, di riordino e decorazione del-

l'aula; di spostamento e di distribuzione in essa della suppellettile; con l'apparecchiatura delle tavole e con l'ordine del locale destinato ai pasti; infine, con le diverse operazioni e cure igieniche quotidiane.

 

Oltre ad avere effetti immediati, queste attività offrono al bambino motivi di osservazione, di riflessione e di autocontrollo, utili ad un concreto esercizio del pensiero e allo sviluppo del senso di responsabilità.

 

4. Educazione intellettuale

 

I progressi che, dai tre ai sei anni, si verificano sul piano dello sviluppo percettivo e conoscitivo, pongono alla educatrice il compito di utilizzare le varie esperienze ed attività che il bambino viene compiendo per una educazione intellettuale graduale, e non incautamente anticipatrice.

 

L'educazione intellettuale va qui intesa prevalentemente come educazione a considerare con viva curiosità i diversi aspetti del mondo circostante, a lasciarsi guidare dal bisogno di esplorazione connaturato a questa età,

a non sottrarsi allo stupore che provocano i grandi fatti della natura, ma anche ad assumere sempre più facilmente, di fronte a cose o situazioni colte dapprima con finalità relativamente poco differenziate, o considerate soltanto nei

loro aspetti più vistosi, un atteggiamento via via più analitico che porti a individuare elementi o aspetti della realtà in un primo momento non avvertiti.

 

L'attività spontanea di ricezione, di osservazione e di esplorazione, e le attività di analisi cui essa può dare occasione, permetteranno al bambino di raccogliere quei dati di esperienza che possono fornirgli opportunità per certe, semplici riflessioni, e indurlo a porsi ed a porre alla educatrice, in armonia con una tendenza tipica a questa età, dei « perché », per quanto strani ed insoliti essi possano apparire. Tali « perché » potranno poi costituire la

base per conversazioni che sollecitino certi elementari processi di comprensione, ossia dei processi mentali mediante i quali il bambino giungerà poco per volta a collegare certi aspetti della realtà o certi fatti con certi altri, in modo che gli uni trovino negli altri un loro completamento ed una loro giustificazione.

 

Tali processi di comprensione dovrebbero tuttavia verificarsi anche nel senso che il bambino giunga poco per volta, e in un tempo spesso successivo a quello della scuola materna, a rendersi conto del fatto che la realtà può essere osservata e considerata da molteplici punti di vista, e che essa può dunque presentarsi, anche percettivamente, con aspetti diversi per le diverse persone (ad esempio, ciò che una persona vede inquadrato dal vano di una finestra non coincide con quello che vede un'altra collocata in un punto diverso della stanza).

 

Questi processi di comprensione dovrebbero svilupparsi anche nel senso che il bambino giunga, soprattutto verso il termine del periodo della scuola materna, ad abbandonare gradualmente certe interpretazioni animistiche e finalistiche che nelle età precedenti applicava spontaneamente a tutti gli eventi del mondo fisico, e a riconoscere che esse valgono solo per gli esseri viventi, mentre i fenomeni naturali obbediscono ad una causalità di ordine puramente

fisico.

 

Potranno utilmente servire, per promuovere processi

di comprensione come quelli ora considerati, certe particolari attività ludiche (ad esempio i giochi di costruzione, i giochi dei ruoli, i giochi in cui si tratta di seguire certi percorsi interpretando delle indicazioni verbali, i giochi di ordinamento o di corrispondenza quali le tombole figurate o i domino, soprattutto quando richiedano accoppiamenti fra oggetti simili o fra oggetti complementari); e così potranno valere osservazioni o conversazioni di carattere occasionale che sollecitino il bambino ad istituire un confronto fra il contenuto della sua percezione e quello della percezione altrui, o fra le persone, gli animali e altri elementi del mondo animato e inanimato, al fine di

cogliere somiglianze o differenze essenziali ma non facilmente visibili.

 

Nel considerare la realtà in cui vive il bambino e dalla quale possono essere tratti gli spunti per tali osservazioni e conversazioni, occorre dare la giusta importanza all'insieme di oggetti, di complessi, di processi artificiali e meccanici che la riempiono, e da cui egli trae ad ogni momento innumerevoli stimoli intellettuali ed emotivi. Le suggestioni derivanti dalla radio, dal cinema, dalla televisione, dalla pubblicità sempre più penetranti, colorate, sonore, luminose, vanno attentamente considerate per un'azione educativa che, mentre da una parte ne utilizza certi elementi positivi per lo sviluppo intellettuale e cognitivo, dall'altra parte ne corregge e ne annulla, per quanto è possibile, gli effetti di eccitazione e di turbamento.

 

Una forma di educazione intellettuale può avere luogo anche nel senso di favorire una certa creatività intellettuale già presente a questa età, che trova il suo sostegno nelle forme espressive più diverse, tra cui quelle figurative, musicali; ludiche, manipolative, e che può manifestarsi soprattutto in situazioni in cui è necessario affrontare, sul piano delle attività di gioco, semplici problemi pratici. L'educatrice potrà eventualmente promuovere lo sviluppo di questa creatività intellettuale predisponendo certe condizioni favorevoli (per esempio, gioco dei racconti interrotti che i bambini possono continuare e completare in modi diversi, giochi di previsione non solo di natura verbale ma anche di tipo figurativo, di segni incompleti da integrare, storie figurate da completare, drammatizzazioni che prendono avvio da un certo tema, indovinelli a più soluzioni, ecc.) e valutando ogni volta, nella giusta misura, i prodotti di tale attività creativa.

 

È anche particolarmente importante che, durante il periodo della scuola materna, il bambino impari a passare con facilità, in modo alterno, dal piano della realtà (e cioè dal piano della osservazione e della manipolazione delle cose, che risulta possibile solo entro i limiti imposti dalla loro natura) al piano dell'irrealtà (e cioè al piano della fantasia, sul quale tutto risulta in certo modo possibile, e le cose si trasfigurano e rivelano talvolta più facilmente

aspetti sino ad allora non veduti). Una educazione che ponga l'accento su uno solo di questi due momenti ostacolerebbe un equilibrato sviluppo delle capacità intellettuali del bambino, legandolo troppo, in un caso, alle cose concrete e soffocando così la sua spiritualità, e rendendolo, nell'altro, poco preparato ad affrontare una realtà che non si piega facilmente al suo volere. L'educatrice può favorire questo frequente passaggio dall'uno all'altro piano prendendo per esempio occasione dalla osservazione di oggetti o di avvenimenti che appartengono alla realtà per l'avvio di racconti che portino i bambini nell'ambito del possibile, o in quello del fantastico e dell'irreale, e sviluppando in loro molto gradualmente, soprattutto verso il termine della scuola materna, il senso delle differenze che passano fra i due diversi piani.

 

L'educazione intellettuale va considerata anche per i riflessi che essa ha nel campo dello sviluppo emotivo e dello sviluppo sociale.

 

Il bambino può giungere più facilmente a dominare certe sue emozioni (di collera, di paura) proprio se arriva a « comprendere », e cioè a collegare meglio fra loro, certi fatti (e quindi a vedere che vi sono modi più adeguati

della collera per reagire ad una frustrazione provocata dalle cose, o dalle persone, oppure che non vi è ragione di temere certe situazioni che in un primo momento aveva considerato come pericolose o minacciose). L'educatrice

non dovrà dunque trascurare mai di favorire lo sviluppo affettivo dei bambini ponendo in atto in loro dei processi di comprensione, illustrando loro mediante spiegazioni anche più volte ripetute le ragioni che giustificano i limiti

posti ai loro desideri ed alla loro attività dalle cose o dalle persone, o tutte le possibilità concrete che a tali attività si offrono in quelle situazioni che il bambino teme di non saper affrontare.

 

Cosi pure il graduale sviluppo di una certa capacità di « comprendere » gli altri, e in particolare di avvertire il loro diverso modo di vedere e di valutare la realtà (capacità che tuttavia sarà acquisita in ampia misura solo

nel corso della scuola elementare), può rendere più facile al bambino istituire una collaborazione con gli altri e favorire così il processo di socializzazione. Reciprocamente, la situazione di socialità è condizione assai favorevole per

una educazione intellettuale nel senso qui detto.

 

Infatti, proprio attraverso la constatazione che altri vedono e valutano le cose in modo più o meno diverso dal suo, o scorgono negli oggetti o negli avvenimenti

aspetti o rapporti che egli non vedeva, il bambino arricchisce il suo patrimonio di conoscenze e da gradualmente alla propria vita intellettuale una maggiore mobilità ed una maggiore articolazione.

 

5. Educazione linguistica

 

L'educazione linguistica, nella scuola materna, ha un posto preminente, dato che il linguaggio verbale pervade e sorregge tutte le attività del bambino.

 

Condizione essenziale per l'acquisizione della lingua è favorire occasioni in cui i bambini siano indotti a parlare, interrogando, raccontando, rispondendo, in un ambiente sereno e lieto, sempre pronto ad accogliere i loro discorsi. Tale ambiente sarà offerto dal contesto stimolante di vita sociale, della sezione e della scuola, che motiva altamente lo sviluppo delle capacità del bambino tanto

a livello comunicativo, quanto a livello espressivo.

 

L'educatrice dovrà tenere presenti le varie funzioni che in questa età ha la lingua parlata. La lingua assolve anzitutto ad una funzione espressiva, che si attua spesso attraverso la immediata manifestazione di emozioni, sentimenti e impressioni o nei commenti verbali con i quali i bambini accompagnano e sottolineano le loro produzioni grafico-pittoriche, o le loro attività, costruttive o ludiche. Essa inoltre assume una funzione di comunicazione, per cui la lingua diventa uno strumento insostituibile per 1o stabilirsi dei rapporti sociali, per un primo avvio a forme di collaborazione, per lo scambio di esperienze e

 

11 conseguente graduale ampliamento del campo delle conoscenze. Infine la lingua assolve ad una funzione di « inculturamento » nel senso che a mezzo dell'apprendimento di nuove parole o espressioni verbali e del progressivo

precisarsi del loro significato, essa favorisce la graduale assimilazione di certi modi di vedere le cose e di metterle in rapporto fra loro, tipici dei bambini più grandi e degli adulti di un certo ambiente culturale.

 

L'educatrice potrà favorire l'acquisizione della lingua curando anzitutto il progressivo arricchimento del patrimonio di vocaboli che il bambino sa usare o di cui conosce almeno il significato. A tale scopo potranno servire tutte le conversazioni che traggono origine dalle domande dei bambini, dalle osservazioni occasionali compiute sugli oggetti o i fatti che costituiscono elementi

dell'esperienza diretta, dalle varie attività di gioco, così come potranno servire le narrazioni e le letture di racconti molto semplici, a carattere fondamentalmente sereno e ottimistico, in cui si muovano personaggi noti al bambino; (gli animali domestici, le persone che svolgono attività o mestieri tipici o certi personaggi che i bambini conoscono dalla televisione o dai giornalini scritti per loro).

 

Molti vocaboli che sono semplici e chiari per la educatrice possono non essere tali ai bambini; i quali spesso non ne chiedono la spiegazione in quanto li assimilano facilmente ad altri che già conoscono o danno loro una interpretazione fantastica. Essa dovrà dunque, con pazienza, ma senza pedanteria, soffermarsi a chiarirne il significato. I bambini di questa età sono ancora scarsamente capaci di utilizzare, per scoprire il significato di una parola ignota, il contesto verbale entro il quale è stata presentata loro.

 

Si potrà favorire l'acquisizione della lingua anche nel senso di promuovere nel bambino la graduale formazione di corrette abitudini linguistiche, e cioè della capacità di pronunciare in modo esatto le varie parole, di costruire frasi formalmente corrette, o di dare alle frasi intonazioni che possano avere un valore significante. Questo dovrà essere fatto sempre occasionalmente, senza insistenza, ed escludendo ogni richiamo a definizioni o a regole grammaticali. In alcuni casi potrà essere utile far notare al bambino che « di solito non si dice proprio così, ma in altro modo », evitando con cura di mortificare la sua tendenza a parlare in modo libero e spontaneo.

 

Maggiore efficacia avrà tuttavia la costante presentazione, nella conversazione e nella lettura, di modelli linguistici che i bambini possano facilmente assimilare: l’educatrice, parlando, dovrà dunque usare frasi brevi, costruite in modo lineare; e leggendo dovrà semplificare, in questo senso, la struttura sintattica del racconto.

 

Grande importanza potranno pure avere quelle occasioni che suscitano nei bambini il desiderio di fare proprio e di utilizzare un certo materiale linguistico, e quindi anche le strutture con le quali esso si presenta. L'apprendimento spontaneo di filastrocche, di canzoncine, di poesie belle quanto semplici, l'uso di certe formule verbali nel corso dei giochi, possono servire a questo scopo. Sarà bene, al riguardo, promuovere il gioco drammatico e il teatro dei burattini, dei quali si deve tener presente la grande efficacia, illustrata a suo luogo, particolarmente ai fini della educazione linguistica dei bambini.

 

L'acquisizione di nuovi vocaboli e di nuove abitudini linguistiche pone spesso il problema del rapporto tra lingua nazionale e dialetto. In molti casi, questo è l'unico linguaggio del bambino e il suo uso va dunque rispettato perché egli ne trae un senso di stabilità e di sicurezza essenziale per uno sviluppo equilibrato. Ma l'educatrice dovrà fare in modo che, accanto alle abitudini linguistiche dialettali, ed al loro completamento (e non già in antitesi con esse) si vengano gradualmente sviluppando e consolidando altre abitudini verbali relative all'uso della lingua nazionale.

 

È da sottolineare al riguardo che, come nelle zone con popolazione bilingue è necessario che l'educatrice conosca, oltre all'italiano, la lingua dei gruppi etnici ai quali appartengono i bambini, così, dovunque si parli il dialetto, è opportuno che l’educatrice si orienti in esso, almeno fino a potersi intendere con i bambini. Quando nella stessa sezione vengano a trovarsi alunni di differenti origini dialettali, sarà essenziale da parte della educatrice

promuovere al massimo la comunicazione verbale fra loro, traendo occasione da comuni attività pratiche, dal comune uso di oggetti, da situazioni quotidiane collettive per stabilire, nonostante le differenze del parlare, la mas-

sima integrazione reciproca affettiva e sociale.

 

L'educatrice guiderà anche gradualmente il bambino a prendere coscienza delle difficoltà che, sul piano della comunicazione con gli altri, possono derivare da certi suoi modi di esprimersi. Il commentare cose o fatti, senza prima indicarli o descriverli, in quanto si ritiene che siano già noti agli interlocutori, l'impiego di nomi propri, o di pronomi, non accompagnato dalla preoccupazione di

chiarire prima, a chi o a che cosa si riferiscano, l'uso di frasi monche, di espressioni ellittiche, costituiscono esempi frequenti di un modo di parlare egocentrico, tipico di questa età. Il ricorso a semplici giochi, come c]uello

consistente nella trasmissione orale, da bambino a bambino, di un breve racconto, può essere particolarmente utile per portare a forme di comunicazioni verbali più efficaci. Anche l'uso di contrassegni, o di disegni o segni di

vario tipo, allo scopo di comunicare con gli altri o di regolare certi aspetti della vita comunitaria, può essere occasione per rendere il bambino sensibile al fatto che una corretta comunicazione con gli altri presuppone un accordo, una condivisione di esperienze.

 

Per assicurare un ordinato sviluppo intellettuale ed anche emotivo, può essere utile, con riferimento alle età successive, che il bambino già compia qualche esperienza dell'uso silenzioso del linguaggio verbale, componendo mentalmente delle frasi senza doverle contemporaneamente pronunciare ad alta voce. L'educatrice potrà dunque curare, soprattutto verso la fine di questo periodo, e specialmente attraverso semplici attività di gioco, il graduale avvio di un processo di interiorizzazione di tale linguaggio. Poesie o filastrocche inizialmente dette ad alta voce potrebbero essere ripetute dapprima sottovoce, e poi mediante un linguaggio interiore silenzioso; così come semplici parole, brevi frasi, potranno essere ideate e composte prima di essere pronunciate ad alta voce.

 

Sono da tener presenti anche gli importanti riflessi emotivi che l'uso del linguaggio verbale comporta. Si dovrà cercare di individuare i bambini che presentano forti ritardi o disturbi evidenti nell'uso della parola, per evitare loro situazioni traumatizzanti e impedire che si manifesti in essi la tendenza ad isolarsi dal gruppo o a reagire in modo aggressivo, e per aiutarli a superare le loro difficoltà nella misura in cui ciò può essere fatto nell'ambito

della scuola, o per avvertire la famiglia della necessità del ricorso ad uno specialista. Si dovrà pure tener presenti il senso di ansia che può suscitare nei bambini il fatto di dover parlare di fronte agli altri, ed il senso di sicurezza che può per contro derivare dal fatto di essere in grado

di esprimersi bene anche in situazioni pubbliche, e la conseguente necessità di avviare solo molto gradualmente i bambini a compiere esperienze di questo genere.

 

Un aspetto dell'educazione linguistica sul quale si raccomanda di volgere sempre l'attenzione, è il rapporto tra le difficoltà di espressione e di comunicazione dei bambini, e le loro condizioni socio-economiche.

 

Occorre che l’educatrice, sulla base di una preparazione appropriata, prenda coscienza di questo fenomeno, e si adoperi a ridurne la portata a mezzo di un'integrante azione didattica volta a favorire lo sviluppo delle abilità

linguistiche.

 

Per ottenere risultati positivi in questa sua opera, occorre che l'educatrice riesca a rendersi conto delle particolari situazioni ambientali del bambino: ad esempio la frequenza delle conversazioni dei genitori con il bambino

nelle varie occasioni della giornata, il livello di aspirazione che essi hanno nei confronti del suo avvenire, la quantità e la qualità delle attività familiari organizzate, lo stato dell'abitazione, la compagnia familiare, ecc.

 

Considerando l'effetto sullo sviluppo globale, e in particolare linguistico di ciascuna di tali situazioni ambientali, l'educatrice si adoperi, per quanto è in suo potere, per mitigarne e neutralizzarne gli eventuali effetti negativi. È ovvio che a tal fine ella abbisogna dell'aiuto dei genitori; ed è proprio nei loro confronti che dovrà svolgere la sua azione, in collaborazione con l'assistente sociale, per aiutarli a rendersi conto essi stessi delle deficienze

della loro opera educativa e del modo di porvi rimedio.

 

6. Libera espressione grafico-pittorica e plastica.

 

La personalità infantile dai tre ai sei anni, se è sorretta da un ambiente ricco dei necessari stimoli, trova profonde motivazioni e ampie possibilità di sviluppo in un articolato contesto di attività espressive. Esse servono

al bambino, non soltanto per esternare i propri bisogni e i propri stati d'animo, ma anche per narrare vicende vissute o immaginate, per mostrare le proprie conoscenze e per riferire e ragionare su di esse con ogni mezzo a sua disposizione. Per quanto i risultati di tale sua attività siano naturalmente confusi e spesso frammentari, egli progredisce con notevole rapidità da un anno all'altro nella padronanza dei mezzi espressivi e dei relativi strumenti.

In tale progresso ogni bambino è condizionato in maniera personale e differente da ogni altro dai ritmi di conquista delle abilità motorie, dal modo di percepire e di considerare i materiali che impiega e gli spazi da utilizzare.

 

Lo sviluppo delle attività espressive in tutte le loro forme costituisce pertanto uno degli impegni più qualificanti della scuola materna. La loro conquista allontana le inibizioni e determina e accresce nel bambino la fiducia

in sé e il senso di sicurezza che stanno a fondamento del suo equilibrio intellettuale e morale.

 

Sarà cura dell'educatrice provocare occasioni per cui i bambini abbiano a parlare, ad esporre, a chiedere, a praticare — insomma — nella conversazione, la lingua, il più attivamente possibile. Nulla li sollecita e incoraggia alla espressione di se stessi meglio della attenzione e della simpatia con cui l’educatrice li ascolta e chiede loro chiarimenti e particolari, stimolando in tal modo il loro discorso. Si tenga presente, inoltre, che a quest'età la lingua parlata non è solo un fatto espressivo e comunicativo, ma anche una forma di gioco, così che la loquacità attesta la condizione serena e felice del gruppo infantile.

 

Come è stato già detto in ordine all'educazione linguistica, l'educatrice abbia sempre presente la necessità di arricchire il vocabolario dei bambini a mezzo della conversazione, della dizione di poesie, della lettura o del racconto di fiabe e di fatti reali, di storie serene e divertenti, cercando di sollecitare il senso dell'umorismo e dell'osservazione infantile ed evitando, invece, di far imparare precocemente a memoria testi prestabiliti che possono bloccare anziché promuovere l'espressione dei bambini.

 

Strettamente connesso alla lingua è il gioco drammatico, volto a riprodurre episodi e situazioni tipiche della vita infantile, gli eventi della scuola che possono aver più interessato i piccoli, le scene e gli avvenimenti che essi

hanno osservato nel mondo circostante impersonandone via via i protagonisti. A questo proposito non sarà mai raccomandato a sufficienza l'uso del teatro dei burattini realizzato non solo dalle educatrici, ma anche dalla sollecita attività dei bambini stessi. Essi possono, insieme con l'educatrice progettare le scene da rappresentare e procedere alla confezione dei burattini e alla loro manovra. Oltre ai temi di cui si è fatto cenno, potranno costruire argomento del teatro dei burattini le favole più semplici e più vicine al mondo dell'infanzia. È ben nota l'importanza sia del gioco drammatico, sia del teatro dei burattini

ai fini dello sviluppo intellettuale ed etico-sociale dei bambini. Pratica e teoria assicurano anche la validità di queste forme di attività espressiva ai fini della loro igiene mentale, per la possibilità che esse hanno di favorire attraverso processi di identificazione e di proiezione la soluzione

di problemi emotivi.

 

Tutti i bambini amano disegnare, dipingere e modellare, specie se non sono pressati da suggerimenti, istruzioni e critiche. L'intervento dell'educatrice deve consistere perciò in primo luogo nel cercare di rimuovere ogni difficoltà emotiva che possa privare il piccolo della gioia di esprimersi. Occorre inoltre assicurare lo sviluppo dei fattori favorevoli all'espressione stessa, a incominciare dalla serenità e dalla dinamicità gioiosa dell'ambiente scolastico, in modo che il bambino non si chiuda in pochi schemi stereotipati. Si rifiutino pertanto gli albi per disegni stilizzati e quelli per colorazioni di forme a fronte, che inducono abitudini mortificatrici della spontaneità e della creatività. Posto così nelle più adatte condizioni, egli deve avere a propria disposizione tutti i materiali e gli strumenti necessari per l'attività espressiva.

 

I bambini più piccoli non tendono nemmeno, in genere, a rappresentare qualche cosa, ma nell'esprimere se stessi soddisfano bisogni di carattere senso-motorio, e sembrano protesi a godere delle possibilità del mezzo coloristico. Oltre ad esprimere via via il loro sviluppo intellettuale, il livello della loro creatività e quello della loro capacità di adattamento, i bambini riversano nelle loro espressioni grafiche e nelle pitture le loro emozioni ed impressioni, scaricando tensioni e risentimenti e liberandosi dagli impacci di un comportamento spesso determinato da errata educazione. Perciò nel seguirli, nello stimolarli e nell’incoraggiarli in questa attività, è opportuno interessarsi più al processo di essa che ai suoi prodotti.

 

Il materiale da impiegare nelle attività espressive infantili è ricco e vario, e può essere raccolto nell'ambiente stesso della casa e della scuola, dalla inventività dei bambini e dell’educatrice.

 

Ad esempio, patate, limoni, cipolle possono essere utili per costruire decorazioni; e così foglie, semi, pozzetti di legno, carte da parati, stoffe per composizioni varie; carta da cucina o da giornale (non stampata), fogli grandi.

Occorrono inoltre gessi policromi più fissatori a spruzzo

per Ì colori su carta; pastelli a cera; colori a tempera; pennarelli; acquerelli; colori a vernice; pongo da distendere su carta; matite nere e colorate; carta colorata per composizioni a strappo, a ritaglio e a mosaico; pennelli grossa e medi; colori per la pittura con le dita; cavalletti, lavagne, barattoli per l'acqua, piattini per i colori. E ancora: pongo, plastilina, creta per modellini, ma anche sabbia, fango, acqua.

 

Le matite colorate, le cere sono più adatte alle rappresentazioni grafiche di una fase di sviluppo più avanzata, poiché l'uso di esse restringe la libertà di movimento dei bambini.

 

La creta, materiale ottimo per l'attività espressiva di un bambino di questa età, può essere anche un mezzo di liberazione degli impulsi aggressivi in quanto offre continue occasioni per attività come quelle di premere, del battere, dello schiacciare, necessari per modellare o anche per distruggere il lavoro fatto.

 

La creta va manipolata a mano come il fango, come la sabbia, senza strumenti, i bambini hanno bisogno di sentire il materiale sotto le dita. Essi devono potersi sporcare senza preoccupazioni; la pittura con le dita e il maneggiare la creta, rispondono all'esigenza sensoriale di pasticciare con i colori, mentre lo sporcarsi le mani consente ai bambini di divenir più disinvolti.

 

Fin da questa età è importante porre le condizioni per una educazione dei bambini al gusto, curando a tal fine dal punto di vista estetico l'ambiente scolastico. Elementi decorativi, ritmi di colori e di forme, riproduzioni di opere dell'arte classica e moderna fra quelle più vicine alle possibilità di percezione e di apprezzamento dei bambini arricchiranno gli ambienti, sempre presenti all'occhio, periodicamente sostituiti a cura delle educatrici.

 

 

7. Educazione musicale.

 

L'educazione musicale va dalla ritmica, dalla danza, dall'interpretazione figurativa all'ascolto, all'esecuzione e all'invenzione di musiche e canti, ed offre al bambino occasione di evocare sentimenti di significato personale e collettivo, sviluppando il suo senso dell'armonia e dell'ordine.

 

La caratteristica propria dell'esperienza musicale è la partecipazione intima. Negli ascolti in comune, e nelle forme corali, sviluppa anche il sentimento sociale e la comprensione dello spirito del proprio popolo e degli altri popoli.

 

I canti per i bambini devono essere semplici e brevi. La loro tessitura melodica eviti che la voce infantile venga sottoposta a sforzi dannosi e subisca una errata impostazione, superando il pentacordo re-la, anche se alcuni bambini appaiono capaci di oltrepassare l'estensione nelle canzoni che, per imitazione, mutuano dalle audizioni intese nell'ambiente extrascolastico.

 

Prima di insegnare un canto, a mezzo della voce dell’educatrice, accompagnata possibilmente con uno strumento, è opportuno farne una audizione integrale, in modo che il bambino ne percepisca la struttura ed entri nel suo spirito. Mediante conversazioni e osservazioni si passerà poi ad una elementare analisi del testo poetico. L'educatrice, infine, dovrà cantare coi bambini fino a quando essi non abbiano ben assimilato melodia e parola, e raggiunta una certa sicurezza nell'esecuzione. Successivamente, ancora per qualche tempo, si accennerà soltanto l'inizio del canto, lasciando i bambini proseguire da soli, per arrivare al punto in cui essi saranno in grado di attaccare anche da soli l'esecuzione.

 

Il canto deve nascere da una esigenza affettiva dei bambini, e può assumere quindi forme collettive di gruppo e individuali. Il canto collettivo va sospeso quando i bambini diano segni di stanchezza o mostrino interesse per altre attività. Cantare, infine, non è gridare, per cui si dovrà sempre richiedere un tono naturale di voce.

 

Il canto abbia un senso e un significato e riesca autentico e suggestivo. È opportuno attingere anche al patrimonio popolare, specie per quanto riguarda le ninne-nanne, i girotondi e le filastrocche; e, con misura, anche ad altri canti purché abbiano carattere educativo, e purché possano essere sentiti e rivissuti dai bambini.

 

Nessun bambino deve essere tenuto in disparte nella esecuzione dei canti, anche se ritenuto stonato. Ciascuno sarà recuperabile in notevole misura attraverso l'ascolto ed il canto d'assieme dei compagni meglio dotati, stimolando la loro partecipazione con appropriati accorgimenti.

 

La musica adoperata come sottofondo durante altre attività scolastiche, ad esempio quando i bambini sono intenti ad occupazioni tranquille, può creare un'atmosfera di intimità e di distensione.

 

Le registrazioni di musiche brevi e di limitata estensione vanno introdotte nella scuola materna come sussidio integrativo, per l'incremento e per il continuo aggiornamento dell'esperienza musicale. L'insegnamento dei canti,

a mezzo della voce della educatrice, risulta più vivo e più

efficace.

 

Oltre al canto, all'ascolto ed alle audizioni che possono commentare particolari momenti della giornata e della vita scolastica, acquistano notevole valore le esecuzioni con strumenti — nacchere, tamburi, altri strumenti a percussione, flauti — in unione al canto, in orchestrine e bande infantili, in giochi e drammatizzazioni. I bambini improvvisano talora motivi anche originali, che, registrati da persona capace, possono essere inseriti e valorizzati nel quadro dell'espressione e dell'esecuzione musicale.

 

Nei bambini di tre anni la sensibilità ritmica prevale su quella melodica, e solo negli anni immediatamente successivi essi acquistano anche la capacità di intonare. Nella scuola materna, pertanto, va adeguatamente valorizzato il ritmo, che d'altra parte, è organica e fondamentale componente della melodia, anzi sua naturale premessa. È necessario che la educazione al ritmo si fondi sulle reali

motivazioni dei bambini stessi, in modo da promuovere la libera espressione personale, evitando ogni insistenza in attività che vadano oltre i loro effettivi interessi e ogni intesa sistematicità.

 

Si promuovano anche giochi musicali: giochi di individuazione di motivi, di evocazioni di immagini, di sentimenti di stimolazione ad azioni mimiche interpretative.

 

I sussidi didattici per l'educazione musicale di cui si dovrebbe poter disporre, sono, per l’educatrice: un pianoforte o un pianino elettrico, una fisarmonica o un guida-voce, un giradischi e un magnetofono, delle campane tubolari, tamburello e flauto; per i bambini: strumenti a percussione (cembali, tamburi), maracas, triangoli, campanelli, xilofoni, bastoncini, piatti, gong, fanfarette, flauti di bambù.

 

Nei riguardi della educazione musicale l’educatrice deve possedere una particolare sensibilità ed una specifica capacità didattica, oltre ad una preparazione culturale e tecnica e alla conoscenza di un copioso repertorio di testi musicali adatti all'infanzia.

 

8. Educazione fisica.

 

La personalità umana e il suo sviluppo pieno ed equilibrato sono strettamente connessi ad un corretto e armonico sviluppo del corpo. Pertanto l'educazione fisica si risolve, in fine, in educazione della personalità nella complessità dei suoi aspetti.

 

Evidenti ragioni psico-pedagogiche escludono ogni forma di ginnastica rigida e sistematica dall'educazione fisica per i bambini di questa età. Essa va risolta in un complesso di giochi di movimento e di esercizi figurativi e di

imitazione che motivano in modo naturale flessioni, piegamenti, rotazioni, spinte, slanci delle varie parti del corpo, salti e deambulazioni, esercizi respiratori.

 

Il metodo più adatto, perciò non è quello di una impostazione collettiva e a comando, ma quello di una esplicazione gioiosa dell'attività dei bambini, singoli o in gruppi, attraverso una varietà di esercizi, in modo da porre

in rilievo l'esigenza primaria di una ricerca originale di se stesso da parte di ogni bambino, anche in forme di attività sociale.

 

A queste attività si associano esercizi di ritmica e di danza, mediante i quali l'educazione fisica si fa educazione estetico-espressiva, una educazione sempre improntata a spontaneità ludica e a naturalezza, da svolgere a più riprese quotidiane, e il più possibile all'aperto.

 

Per i bambini affetti da lievi deficienze fisiche, si avranno particolari attenzioni, con idonei esercizi correttivi, sempre motivati da attività di gioco.

 

9. Educazione sanitaria.

 

L'educazione sanitaria volta ad assicurare la salute del bambino, non si esaurisce nell'ambito dell'educazione fisica. La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e perciò non consiste solo nell'assenza di malattie o di infermità. Essa si pone come una condizione positiva dell'efficienza e dell'equilibrio delle funzioni fisiche e psichiche in armonia con l'ambiente naturale e sociale; postula — oltre all'igiene che è essenzialmente prevenzione e difesa nei confronti delle malattie — una specifica educazione alla salute, ed implica condizioni, applicazioni, esercizi e attività per la formulazione di un costume consapevole dei suoi riflessi personali e sociali.

 

Anche l'educazione sanitaria esige, didatticamente, che il bambino ne sia attore e autore. Nella scuola materna deve attuarsi soprattutto a mezzo di naturali attività di vita pratica attraverso cui il bambino acquisti abitudini

igieniche e compia esperienze che siano per lui occasioni di riflessione e anche di superamento di forme di ignoranza e di pregiudizio. La pulizia della persona, quella dei denti, l'uso del fazzoletto, l'uso dei servizi igienici, la nettezza e la continua aerazione dell'ambiente (e in particolare del gabinetto); la razionalità e l'igiene del vestiario e quella della alimentazione; il ritmo dei pasti e lo svolgersi della refezione; il movimento e l'educazione fisica; le gare di pulizia, i giochi, il ricorso a drammatizzazioni; l'utilizzazione eventuale di sussidi audio-visivi, sono le attività e i modi attraverso cui il bambino può compiere la propria educazione sanitaria.

 

Essa ha larghi riflessi sulla salute mentale del bambino e sulla sua formazione sociale, giacché implica la conquista del senso di sicurezza, e insieme del senso del pericolo, suo e dei compagni, nei riguardi delle malattie.

Si deve però a questo riguardo evitare di favorire inconsapevolmente la formazione di quei complessi di ansietà che insorgono frequentemente nei bambini di fronte alle cure mediche come anche alle vaccinazioni prescritte dalla

legge.

 

L'educazione sanitaria va vissuta come concreta esperienza; essa richiede ambienti salubri, spazi liberi, vita all'aperto, adeguate attrezzature ed arredamento.

 

All'educatrice non sfugga che l'educazione sanitaria è momento saliente e occasione vitale dei rapporti fra la scuola e la famiglia.

 

INDIVIDUALIZZAZIONE E ATTIVITÀ DI GRUPPO

 

Per predisporre condizioni ambientali favorevoli, e per aiutare il bambino a sviluppare autonomamente la sua personalità, l'educatrice tenga costantemente presenti due principi fondamentali della didattica attuale: l'individualizzazione delle attività infantili e dei corrispondenti interventi educativi e la promozione di una ricca vita di gruppo.

 

L'individualizzazione presuppone una adeguata conoscenza dei tratti differenziali della personalità di ogni bambino e della sua situazione ambientale. Si ha effettiva individualizzazione nei procedimenti educativi quando ciascun bambino è posto in condizione di potersi dedicare

ad una attività adeguata ai suoi bisogni-interessi ed alle

sue capacità e quando può fruire dell'affettuoso e personalizzato intervento dell'educatrice, che lo sorregge nelle sue difficoltà, nelle carenze ambientali, nella soddisfazione dei suoi interessi, nel migliore impiego delle sue doti.

 

La vita di gruppo, d'altro lato, permette al bambino di arricchire la propria esperienza integrandola con quella degli altri; amplia l'area di autonomia e sviluppa le capacità di iniziativa dei singoli, e mentre promuove il senso

dei limiti che la presenza degli altri impone a ciascuno, favorisce il formarsi di una certa capacità di autodisciplina e di collaborazione.

 

L’educatrice terrà presente che, sebbene non si possa ancora parlare, nella scuola materna, di una vita di gruppo stabile e organizzata, il bambino è già in qualche misura capace di atteggiamenti sociali e di collaborazione

con i coetanei, per cui possono costituirsi, già a questa età gruppi di vario tipo. Taluni possono essersi formati in modo spontaneo e irriflesso e solo per consentire ai bambini di soddisfare bisogni di carattere prevalentemente affettivo (il bisogno di sentirsi insieme agli altri, il bisogno di trovare negli altri una risposta immediata alle proprie manifestazioni espressive, eccetera).

 

Anche gruppi di questo tipo rendono tuttavia già possibile una graduale presa di coscienza della condizione di socialità e dei vantaggi e delle limitazioni che essa comporta. Altri gruppi a livello superiore possono essere costituiti dai bambini — consapevolmente — e non più sotto la sola spinta di fattori affettivi o emotivi, ma anche per la soddisfazione di interessi comuni o per il conseguimento di comuni obiettivi.

 

In relazione a questo secondo tipo di gruppi, l'educatrice dovrebbe tenere presente la differenza che passa tra « gruppo sociale » caratterizzato da una certa permanenza perché basato su rapporti di affinità o di complementarietà nei tratti personali dei bambini, e una certa comunanza di interessi fondamentali e di atteggiamenti, e « gruppo di lavoro », che si costituisce occasionalmente per lo svolgimento di una data attività e che dura solo fino al compimento di essa. L'importanza del « gruppo sociale » come struttura comunitaria spontanea che può costituirsi anche a livello della scuola materna, va adeguatamente valutata dalla educatrice. Ella deve tuttavia rivolgere la sua attenzione anche ai « gruppi di lavoro », dato che questi possono essere utilizzati per correggere taluni esclusivismi talvolta presenti nei « gruppi sociali ».

 

Ella potrà intervenire nella vita di un gruppo, in modo tuttavia il più possibile indiretto, per sostenerlo, specie agli inizi della propria attività, quando, per le ancora limitate capacità di collaborazione dei singoli, risulta evidente che si trova nella impossibilità di progredire nella attività prescelta. L'azione dell’educatrice dovrà svolgersi comunque nel rispetto delle scelte compiute dal gruppo anche quando le appaiono sbagliate, giacché la diretta esperienza di una valutazione errata può costituire anche essa, per i bambini, un importante modo di apprendere.

 

L'educatrice dovrà cercare di garantire che le potenzialità di ciascun bambino trovino, nella vita di gruppo, la più ampia espressione, e dovrà rispettare la sua spontanea disponibilità a entrarvi o ad uscirne, ad assumervi dei ruoli consoni alla sua personalità, ad operarvi secondo le proprie originali capacità creative ed espressive.

 

L'educatrice dovrà anche essere consapevole della possibilità che certi bambini vengano rifiutati dagli altri membri del gruppo, o se ne isolino essi stessi per immaturità sociale, o passino troppo rapidamente da un gruppo all'altro rivelandosi instabili, poveri di interessi, insofferenti di ogni norma. Ella dovrà creare condizioni che permettano a questi bambini di superare il più rapidamente possibile la loro situazione di rifiutati o isolati, o di

socialmente instabili. Potrà fare ciò, sia rendendoli consapevoli di certi loro tratti di comportamento, che determinano negli altri un atteggiamento di rifiuto, sia affidando ad essi attività e compiti che li pongano a contatto con

gli altri e permettano loro di farsi meglio conoscere dai compagni, sia aiutandoli a sviluppare nuovi interessi, suscitando così motivi meno fugaci di partecipazione alla vita di gruppo.

 

Individualizzazione e socializzazione sono due processi strettamente complementari, di cui l'uno favorisce l'altro. Se in certi casi entrano in conflitto, ciò accade solo quando le esigenze individuali vengono affermate in modo puramente egocentrico, ossia senza tenere conto delle esigenze degli altri, considerati come singoli o come gruppo, o quando le esigenze del gruppo riducono in misura eccessiva le possibilità del singolo di soddisfare i suoi per-

sonali interessi.

 

Il Ministro per la pubblica istruzione.

Visto, d'ordine del Presidente della Repubblica.

 

M. FERRARI-AGRADI


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