di GIAN PAOLO PRANDSTRALLER
(pubblicato sul Corriere della Sera 1/2/2001)
Due identità contrapposte sono prefigurabili per gli insegnanti italiani
nella prima decade del nuovo secolo: l'una ha carattere burocratico,
l'altra professionale.
La prima significa: stipendio modesto, poca cultura, valutazione solo
eccezionale del merito individuale, scarso interesse per la formazione
degli allievi; la seconda, invece, conoscenza approfondita della disciplina
insegnata, rapporto di servizio con gli allievi, autonomia didattica,
stipendio parificato a quello dei professionisti dipendenti, cioè circa
il doppio dello stipendio attuale.
È in atto una battaglia, tra, i sostenitori deI primo e quelli del secondo
modello.
Da noi, nel recente passato, l'insegnamento è staIo spinto nelle braccia
della burocrazia, anziché in quelle, ben più esigenti e sofisticate,
delle professioni intellettuali.
Perciò gli insegnanti sono oggi una sorta di caso di scuola, che simboleggia
il contrasto tra spirito burocratico e vocazione professionale.
La crisi dell'insegnamento fa notizia, in genere, più sotto il profilo
plateale dello stipendio (che il ministro della Pubblica istruzione ha
definito da fame) che per i tratti culturali che la caratterizzano.
Le radici della crisi sono profonde: coinvolgono il grave problema della
rappresentanza sindacale, degli insegnanti.
L'insegnante-burocrate trova naturale che a rappresentarlo sia un sindacato
di lavoratori dipendenti; quello professionale ritiene che solo
un'associazione formata dagli stessi insegnanti possa tutelare i suoi
interessi.
Ancora: l'insegnante-burocrate ritiene che il suo comportamento debba
adeguarsi alle richieste della Pubblica istruzione senza mediazioni ulteriori.
L'insegnante professionale pensa che, in prospettiva, un organismo autonomo
composto da insegnanti (del tipo Consiglio superiore della Magistratura)
dovrebbe valutare le sue prestazioni e attribuirsi la formazione
dei programmi scolastici, la valutazione dei meriti, le carriere,
l'effettività dell'autonomia eccetera; vede quest'ultima come un diritto
dell'intero gruppo degli insegnanti più che come una facoltà concessa
agli istituti scolastici con una legge calata dall'alto.
E' legittimo chiedersi, a fronte d'una simile contrapposizione, quale
delle due figure avrà la meglio nei prossimi anni.
La domanda è importante anche perché rappresenta uno dei tasselli operativi
d'una società in cui la conoscenza scientifico-tecnica è destinata ad
assumere un peso sempre più rilevante.
Proprio per questo è probabile che l'alternativa professionale, oggi forse
minoritaria perché impegnativa e difficile, attirerà adesioni crescenti.
E' più vicina dell'altra a un'utenza scolastica che ha bisogno di conoscenza
più che di regole, di orientamenti culturali più che di precetti.
Tale utenza chiede un tipo d insegnante che conosca a fondo la propria
disciplina, possieda un'etica di servizio (verso gli allievi) e anteponga
il servizio all'obbedienza verso un'autorità esterna.
Nella società della conoscenza, la scuola (insieme con l'università, la
formazione e la ricerca scientifica) costituisce un presupposto ineludibile
della diffusione e dell'avanzamento del sapere, motore della produzione
industriale e civile.
Dunque l'insegnante professionista può sperare di essere in futuro un
personaggio coerente con le esigenze vere della società;
l'insegnanie-burocrate sembra destinato a rimanere invischiato in una
deprimente routine.
Il prevedibile successo del primo è sorretto da un'altra ragione.
L'intera scena in cui si svolge il confronto fa parte di un fenomeno
importante: l'affermarsi del lavoro professionale, sostenuto dal
movimento delle libere professioni, che stanno unendosi per creare un'entità
di rappresentanza politica che difenda e incoraggi esattamnenle questa
forma di lavoro; pur riconoscendo che ciò che resta del lavoro manuale
merita tutela e protezione.
La crisi attuale dell'insegnante è dunque influenzata dalla comparsa delle
libere professioni come soggetto politico.
Il successo delle professioni (basato proprio sui saperi specifici e
sull'autonomia) rappresenta un punto di riferimentoanche per gli insegnanti;
soprattutto per quelli che comprendono la natura competitiva della società
attuale e dei suoi meccanismi di produzione.
GIAN PAOLO PRANDSTRALLER
Ordinario di Sociologia all'Università di Bologna