Sorpresa amara in busta-paga per 300 mila docenti e 70 mila
non docenti della scuola. Nel prospetto dello stipendio di
gennaio, nonostante le rassicurazioni di parecchi sindacati e dello
stesso
governo, migliaia di insegnanti, bidelli e personale di
segreteria scoprono che per ottenere il prossimo scatto di stipendio
dovranno attendere otto anni, non più sei come stabilito dal
contratto. Una
enormità se si considera che il contratto della
scuola è scaduto a fine 2009 e che nel frattempo il costo della vita crescerà
almeno di 15 punti.
La notizia circola da diversi giorni in alcuni
siti specializzati. Al momento, i più cauti battezzano la questione come
semplice "giallo sugli scatti". Ma basta confrontare i prospetti di dicembre
e gennaio inviati dal ministero dell'Economia agli interessati per
comprendere la portata del blocco degli scatti, che alcuni sindacati giurano
di avere disinnescato. Per comprendere la questione occorre fare un
passo indietro, ritornando al mese di giugno del 2010, quando il
governo sotto i colpi della crisi economica mondiale e della
speculazione internazionale vara una megamanovra finanziaria da 25
miliardi.
In un primo momento, gli stipendi degli insegnanti vengono
colpiti in tre modi: congelamento del rinnovo del contratto, già scaduto il
31 dicembre del 2009; blocco per un triennio degli scatti
stipendiali automatici previsti dal contratto vigente e dirottamento della
quota di risparmi destinata al merito per coprire debiti del governo
nei confronti delle scuole. Di fronte ad una simile batosta, opposizioni
e sindacati alzano la voce e dopo diverse manifestazioni di piazza e
una complessa trattativa con il ministro dell'Economia, Giulio
Tremonti, Cisl e Uil scuola e Snals strappano un impegno: il blocco degli
scatti automatici viene scongiurato e saranno coperti con la quota
di risparmi destinata al merito. Le scuole che vantano crediti
nei confronti del ministero faranno come hanno fatto finora:
si arrangeranno.
Ma, come sarebbe stato più logico fare, al momento di
convertire in legge il decreto sulla manovra il Parlamento non cancella
il famigerato comma 23 dell'articolo 9, che blocca gli scatti per il 2010,
2011 e 2012. Preferisce invece aggiungere a tre diversi articoli altri tre
commi che solo letti insieme e con notevole sforzo interpretativo
riconsegnano gli scatti a coloro che avrebbero dovuto percepirli nel 2010,
2011 e 2012. E, a riprova che "il pericolo è superato", pochi giorni fa
arriva il decreto di Tremonti che assegna i fondi per il 2010. Lasciando
intendere che una soluzione analoga sarebbe stata adottata anche per il 2011
e per l'anno successivo.
Ma la verità sembra un'altra: coloro che hanno
ricevuto lo scatto di stipendio nel 2010, nel 2009 e nel 2008 restano
fregati. Roberta è una insegnante di scuola dell'infanzia che ha ricevuto
l'aumento di stipendio a settembre dello scorso anno e fino alla busta-paga
del mese di dicembre il suo cedolino indicava il successivo scatto, pari
a 2 mila euro l'anno circa, per il 2016. Ma nel prospetto del mese
di gennaio, a sorpresa, scopre di "scattare" nel 2018: due anni
dopo.Dovrà in sostanza attendere ben otto anni prima di ricevere
un aumento di stipendio pari a 100 euro al mese netti.
Il conteggio
effettuato da Osvaldo Roman, uno che se ne intende di questioni scolastiche,
spiega che tutti i docenti con nove anni di anzianità di servizio perderanno
25 mila euro fino a fine carriera.Saranno un po' più fortunati coloro che
devono rimanere in cattedra per meno tempo: da 18 mila euro a 4 mila per
coloro che hanno 35 anni di servizio. Del resto, non è un segreto che con
questa manovra sugli stipendi di docenti e Ata il governo intendeva
racimolare un bel gruzzolo: 18 miliardi di euro con effetti fino al 2050,
come si legge nella relazione tecnica allegata alla manovra.
S.Intravaia da "a repubblica del 24 gennaio
2011