L'Unità 11/11/012

La scuola in piazza. Profumo: no alle 24 ore per i profl Giornata di proteste in tutta Italia contro i tagli al sistema scolastico l Il filo conduttore: «Non si distrugga la scuola pubblica» l A Roma almeno 30mila in corteo tra studenti, insegnanti e genitori

di Luciana Cimino Roma

Nessun aumento delle ore di lavoro per i docenti. Il ministro Profumo rassicura e questa volta pone la parola fine alla questione. L'occasione, dopo l'allarme delle ultime ore, è il convegno di ieri «Il futuro del liceo classico» organizzato a Torino. Il ministro è chiaro: «Non faremo l'intervento nella legge di Stabilità». Ma non rinuncia alla sua idea di insegnante del futuro: «Si è aperta la discussione su questo tema e insieme alle componenti della scuola, le parti sociali e i partiti avvieremo un ragionamento di come dovrà essere questa figura». Il docente, comunque, «dovrà avere una presenza diversa all'interno della scuola». Profumo rivendica i buoni risultati raggiunti da questo governo sulla sicurezza nelle scuole, sebbene sia «un tema che si porta dietro una storia e che ha bisogno di una programmazione pluriennale». Il ministro si dice disponibile a incontrare il presidente dell'Upi, Saitta, che nei giorni scorsi aveva minacciato di spegnere il riscaldamento negli istituti, ma soprattutto ci tiene a distinguersi da Elsa Fornero: «I giovani non sono choosy. Non si può essere sempre d'accordo su tutto - dichiara, aggiungendo rivolto ai giovani - se devo confrontarvi con la mia generazione, voi siete molto più bravi perché vivete in una realtà più complessa, con meno sicurezze». Tuttavia ieri è stata ancora una giornata di protesta. Diverse le occupazioni, le assemblee, i presidi in tutta Italia (a Bologna si è tenuto un flash mob) tutto in vista delle manifestazioni del 14 e 17 novembre. Mentre a Roma si è svolto un corteo regionale molto partecipato (al quale hanno aderito anche l'Anpi, la Flc Cgil di Roma e Lazio, l'Unicobas Scuola, l'Usb e l'Usi Scuola, il Coordinamento Scuole Roma e il Coordinamento Precari Scuola) conclusosi proprio sotto la scalinata del ministero al grido di «dimissioni». Trenta, forse 50mila i manifestanti tra studenti, personale Ata, insegnanti di ruolo e precari, genitori. Come le mamme dell'istituto comprensivo di viale Venezia Giulia che riunisce 4 scuole. Hanno portato un lungo striscione fatto con la carta igienica che ormai da anni sono costrette a comprare per le aule dei loro figli. «Lo avevamo fatto per la Gelmini, pensavamo di riporlo invece siamo ancora qui perché è sempre peggio- dicono - Da un governo tecnico ci saremmo aspettati più attenzione per la scuola pubblica, per quella privata è pure troppa». Michela, che insegna francese alle medie, vede «molti elementi di decadenza nella scuola pubblica. I genitori ci comprano le carte geografiche, io faccio le fotocopie a mie spese per le mie 9 classi, un mio alunno diversamente abile quest'anno non poteva fare il campo scuola perché né il Comune né l'istituto potevano pagare l'assistente. Io correggo 250 compiti al mese senza essere retribuita per questo e vengo accusata di lavorare poco». demagogia senza didattica Interviene anche Maria, insegnante da 25 anni: «Mi parlano di tablet quando a me mancano i soldi per le fotocopie, troppa demagogia non sostituisce la didattica». Genitori e docenti di una scuola media di Centocelle (periferia romana) mostrano uno striscione con scritto «meno F35, più istruzione». «Abbiamo fatto seminari per parlare dello stermino dei rom e abbiamo portato in aula i partigiani - spiega una mamma -, è chiaro che se passa il ddl Aprea nella nostra scuola di periferia non investirà nessuno». La stessa preoccupazione dei ragazzi del Liceo Amaldi di Tor Bella Monaca, altra zona della capitale. «Con quella legge la nostra sarà una scuola di serie C, per reietti - dice Matteo (18 anni) - La smettano di chiamarle riforme della scuola , sono leggi di bilancio, la formazione non c'entra». C'è una professoressa del Falcone-Pertini che dice: «Io sono di ruolo ma voglio dire che i precari sono stati massacrati, è indice di uno scarso riconoscimento sociale della figura del docente. I presidi, poi, sono diventati dirigenti che devono pensare ai conti non alla didattica». Le parole pronunciate dal ministro nella mattinata sono accolte con speranza ma anche con diffidenza. «Lo deve mettere nero su bianco», dice una professoressa del Turistico. Mentre quelle del Liceo Aristotele sfilano con tutti i compiti in classe attaccati fino a formare un lungo striscione, «Difendiamo il nostro diritto a lavorare bene e quello dei ragazzi a essere educati, è sulla Costituzione». «Basta con i balletti. L'aumento dell'orario di lavoro per i docenti deve essere ritirato come tutti i tagli alla scuola», chiede il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo.

11 novembre 2012 pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 7)