Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città
CAPO I
PRINCÍPI GENERALI
Articolo 1.
(Finalità)
1. La presente legge promuove un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione, mediante:
a) l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione del sostegno ai genitori di soggetti portatori di handicap ;
b) l'istituzione del congedo per la formazione continua e l'estensione dei congedi per la formazione;
c) il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città e la promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà sociale.
1. Al fine di diffondere la conoscenza delle disposizioni della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale é autorizzato a predisporre, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, apposite campagne informative, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio destinati allo scopo.
CAPO II
CONGEDI PARENTALI, FAMILIARI E FORMATIVI
Articolo 3.
(Congedi dei genitori)
1. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, dopo il terzo comma é inserito il seguente:
"Il diritto di astenersi dal lavoro di cui all'articolo 7, ed il relativo trattamento economico, sono riconosciuti anche se l'altro genitore non ne ha diritto. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 e al comma 2 dell'articolo 15 sono estese alle lavoratrici di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, madri di bambini nati a decorrere dal 1º gennaio 2000. Alle predette lavoratrici i diritti previsti dal comma 1 dell'articolo 7 e dal comma 2 dell'articolo 15 spettano limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino".
2. L'articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é sostituito dal seguente:
" Articolo 7. - 1. Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. Le astensioni dal lavoro dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione
obbligatoria di cui all'articolo 4, primo comma, lettera c), della
presente legge, per un periodo continuativo o frazionato non superiore
a sei mesi;
b) al padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato
non superiore a sei mesi;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo
o frazionato non superiore a dieci mesi.
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi
dal lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di cui alla
lettera b)
del comma 1 é elevato a sette mesi e il limite
complessivo delle astensioni dal lavoro dei genitori di cui al medesimo
comma é conseguentemente elevato a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il
genitore é tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità,
a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri
definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso
non inferiore a quindici giorni.
4. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto, altresí,
di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore
a otto anni ovvero di età compresa fra tre e otto anni, in quest'ultimo
caso nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno per ciascun genitore,
dietro presentazione di certificato rilasciato da un medico specialista
del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato. La malattia
del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe il decorso
del periodo di ferie in godimento da parte del genitore.
5. I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4
sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi
alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.
Ai fini della fruizione del congedo di cui al comma 4, la lavoratrice ed
il lavoratore sono tenuti a presentare una dichiarazione rilasciata ai
sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che
l'altro genitore non sia in astensione dal lavoro negli stessi giorni per
il medesimo motivo".
3. All'articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Ai periodi di riposo di cui al presente articolo si applicano le disposizioni
in materia di contribuzione figurativa, nonché di riscatto ovvero
di versamento dei relativi contributi previsti dal comma 2, lettera b),
dell'articolo 15.
In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le
ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo comma del presente
articolo possono essere utilizzate anche dal padre".
4. L'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é sostituito dal seguente:
"Articolo 15. - 1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità
giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo
di astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della
presente legge. Tale indennità é comprensiva di ogni altra
indennità spettante per malattia.
2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all'articolo
7, comma 1, ai lavoratori e alle lavoratrici é dovuta:
a) fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità
pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo
tra i genitori di sei mesi; il relativo periodo, entro il limite predetto,
é coperto da contribuzione figurativa;
b) fuori dei casi di cui alla lettera a), fino al compimento
dell'ottavo anno di vita del bambino, e comunque per il restante periodo
di astensione facoltativa, un'indennità pari al 30 per cento della
retribuzione, nell'ipotesi in cui il reddito individuale dell'interessato
sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione
a carico dell'assicurazione generale obbligatoria; il periodo medesimo
é coperto da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo
per tale periodo il 200 per cento del valore massimo dell'assegno sociale,
proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà di integrazione
da parte dell'interessato, con riscatto ai sensi dell'articolo 13 della
legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero con versamento dei relativi contributi
secondo i criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.
3. Per i periodi di astensione per malattia del bambino di cui all'articolo 7, comma 4, é dovuta:
a) fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la
contribuzione figurativa;
b) successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino
al compimento dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con
le modalità previste dal comma 2, lettera b).
4. Il reddito individuale di cui al comma 2, lettera b), é
determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali
per l'integrazione al minimo.
5. Le indennità di cui al presente articolo sono corrisposte
con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione
obbligatoria contro le malattie dall'ente assicuratore della malattia presso
il quale la lavoratrice o il lavoratore é assicurato e non sono
subordinate a particolari requisiti contributivi o di anzianità
assicurativa".
5. Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi o affidatari. Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa fra sei e dodici anni, il diritto di astenersi dal lavoro, ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, può essere esercitato nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. Nei confronti delle lavoratrici a domicilio e delle addette ai servizi domestici e familiari, le disposizioni dell'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito dal comma 4 del presente articolo, si applicano limitatamente al comma 1.
Articolo 4.
(Congedi per eventi e cause particolari)
1. La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito
di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave
infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del
convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la
lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi
di documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono
concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento
dell'attività lavorativa.
2. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere,
per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate
ai sensi del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o frazionato,
non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il
posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere
alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non é computato
nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore
può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi,
calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
3. I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione
agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività
lavorativa dopo la sospensione di cui al comma 2.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto,
di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza
sociale e per le pari opportunità, provvede alla definizione dei
criteri per la fruizione dei congedi di cui al presente articolo, all'individuazione
delle patologie specifiche ai sensi del comma 2, nonché alla individuazione
dei criteri per la verifica periodica relativa alla sussistenza delle condizioni
di grave infermità dei soggetti di cui al comma 1.
Articolo 5.
(Congedi per la formazione)
1. Ferme restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo studio
di cui all'articolo 10 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i dipendenti
di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni
di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione,
possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per
la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo
o frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa.
2. Per "congedo per la formazione" si intende quello finalizzato al
completamento della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di
studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione
ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate
dal datore di lavoro.
3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva
il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non
é computabile nell'anzianità di servizio e non é cumulabile
con le ferie, con la malattia e con altri congedi. Una grave e documentata
infermità, individuata sulla base dei criteri stabiliti dal medesimo
decreto di cui all'articolo 4, comma 4, intervenuta durante il periodo
di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di lavoro,
dà luogo ad interruzione del congedo medesimo.
4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo
per la formazione ovvero può differirne l'accoglimento nel caso
di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono
le modalità di fruizione del congedo stesso, individuano le percentuali
massime dei lavoratori che possono avvalersene, disciplinano le ipotesi
di differimento o di diniego all'esercizio di tale facoltà e fissano
i termini del preavviso, che comunque non può essere inferiore a
trenta giorni.
5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui
al presente articolo, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati
secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
Articolo 6.
(Congedi per la formazione continua)
1. I lavoratori, occupati e non occupati, hanno diritto di proseguire
i percorsi di formazione per tutto l'arco della vita, per accrescere conoscenze
e competenze professionali. Lo Stato, le regioni e gli enti locali assicurano
un'offerta formativa articolata sul territorio e, ove necessario, integrata,
accreditata secondo le disposizioni dell'articolo 17 della legge 24 giugno
1997, n. 196, e successive modificazioni, e del relativo regolamento di
attuazione. L'offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati,
certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed
europeo. La formazione può corrispondere ad autonoma scelta del
lavoratore ovvero essere predisposta dall'azienda, attraverso i piani formativi
aziendali o territoriali concordati tra le parti sociali in coerenza con
quanto previsto dal citato articolo 17 della legge n. 196 del 1997, e successive
modificazioni.
2. La contrattazione collettiva di categoria, nazionale e decentrata,
definisce il monte ore da destinare ai congedi di cui al presente articolo,
i criteri per l'individuazione dei lavoratori e le modalità di orario
e retribuzione connesse alla partecipazione ai percorsi di formazione.
3. Gli interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o territoriali
di cui al comma 1 possono essere finanziati attraverso il fondo interprofessionale
per la formazione continua, di cui al regolamento di attuazione del citato
articolo 17 della legge n. 196 del 1997.
4. Le regioni possono finanziare progetti di formazione dei lavoratori
che, sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote di riduzione dell'orario
di lavoro, nonché progetti di formazione presentati direttamente
dai lavoratori. Per le finalità del presente comma é riservata
una quota, pari a lire 30 miliardi annue, del Fondo per l'occupazione di
cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede annualmente,
con proprio decreto, a ripartire fra le regioni la predetta quota, sentita
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano.
Articolo 7.
(Anticipazione del trattamento di fine rapporto)
1. Oltre che nelle ipotesi di cui all'articolo 2120, ottavo comma, del
codice civile, il trattamento di fine rapporto può essere anticipato
ai fini delle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi
di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
come sostituito dall'articolo 3, comma 2, della presente legge, e di cui
agli articoli 5 e 6 della presente legge. L'anticipazione é corrisposta
unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio
del congedo. Le medesime disposizioni si applicano anche alle domande di
anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine
rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori
di lavoro pubblici e privati.
2. Gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto
legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, possono
prevedere la possibilità di conseguire, ai sensi dell'articolo 7,
comma 4, del citato decreto legislativo n. 124 del 1993, un'anticipazione
delle prestazioni per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione
dei congedi di cui agli articoli 5 e 6 della presente legge.
3. Con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con
i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del
lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale,
sono definite le modalità applicative delle disposizioni del comma
1 in riferimento ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Articolo 8.
(Prolungamento dell'età pensionabile)
1. I soggetti che usufruiscono dei congedi previsti dall'articolo 5, comma 1, possono, a richiesta, prolungare il rapporto di lavoro di un periodo corrispondente, anche in deroga alle disposizioni concernenti l'età di pensionamento obbligatoria. La richiesta deve essere comunicata al datore di lavoro con un preavviso non inferiore a sei mesi rispetto alla data prevista per il pensionamento.
CAPO III
FLESSIBILITA' DI ORARIO
Articolo 9.
(Misure a sostegno della flessibilità di orario)
1. Al fine di promuovere e incentivare forme di articolazione della
prestazione lavorativa volte a conciliare tempo di vita e di lavoro, nell'ambito
del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 236, é destinata una quota fino a lire 40 miliardi annue
a decorrere dall'anno 2000, al fine di erogare contributi, di cui almeno
il 50 per cento destinato ad imprese fino a cinquanta dipendenti, in favore
di aziende che applichino accordi contrattuali che prevedono azioni positive
per la flessibilità, ed in particolare:
a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore
padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero quando
abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di particolari
forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro,
tra cui part-time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario
flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità
sui turni, orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano
bambini fino ad otto anni di età o fino a dodici anni, in caso di
affidamento o di adozione;
b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo
il periodo di congedo;
c) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa
o del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione obbligatoria
o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e per le pari
opportunità, sono definiti i criteri e le modalità per la
concessione dei contributi di cui al comma 1.
CAPO IV
ULTERIORI DISPOSIZIONI A SOSTEGNO DELLA MATERNITA' E DELLA PATERNITA'
Articolo 10.
(Sostituzione di lavoratori in astensione)
1. L'assunzione di lavoratori a tempo determinato in sostituzione di
lavoratori in astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro ai sensi
della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificata dalla presente legge,
può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo
di inizio dell'astensione, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione
collettiva.
2. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico
del datore di lavoro che assume lavoratori con contratto a tempo determinato
in sostituzione di lavoratori in astensione ai sensi degli articoli 4,
5 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificati dalla presente
legge, é concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento. Le
disposizioni del presente comma trovano applicazione fino al compimento
di un anno di età del figlio della lavoratrice o del lavoratore
in astensione e per un anno dall'accoglienza del minore adottato o in affidamento.
3. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui alla legge
29 dicembre 1987, n. 546, é possibile procedere, in caso di maternità
delle suddette lavoratrici, e comunque entro il primo anno di età
del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento,
all'assunzione di un lavoratore a tempo determinato, per un periodo massimo
di dodici mesi, con le medesime agevolazioni di cui al comma 2.
Articolo 11.
(Parti prematuri)
1. All'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta,
i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono
aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto.
La lavoratrice é tenuta a presentare, entro trenta giorni, il
certificato attestante la data del parto".
Articolo 12.
(Flessibilità dell'astensione obbligatoria)
1. Dopo l'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é inserito il seguente:
"Articolo 4- bis. - 1 . Ferma restando la durata complessiva dell'astensione dal lavoro, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro".
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite
le parti sociali, definisce, con proprio decreto da emanare entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elenco dei lavori
ai quali non si applicano le disposizioni dell'articolo 4- bis della
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, introdotto dal comma 1 del presente articolo.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, provvede,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad
aggiornare l'elenco dei lavori pericolosi, faticosi ed insalubri di cui
all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre
1976, n. 1026.
Articolo 13.
(Astensione dal lavoro del padre lavoratore)
1. Dopo l'articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, sono inseriti i seguenti:
"Articolo 6- bis. - 1 . Il padre lavoratore ha diritto di astenersi
dal lavoro nei primi tre mesi dalla nascita del figlio, in caso di morte
o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché
in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
2 . Il padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di
cui al comma 1 presenta al datore di lavoro la certificazione relativa
alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore
ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968,
n. 15.
3 . Si applicano al padre lavoratore le disposizioni di cui
agli articoli 6 e 15, commi 1 e 5, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
e successive modificazioni.
4 . Al padre lavoratore si applicano altresí le disposizioni
di cui all'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive
modificazioni, per il periodo di astensione dal lavoro di cui al comma
1 del presente articolo e fino al compimento di un anno di età del
bambino.
Articolo 6- ter. - 1 . I periodi di riposo di cui all'articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non
se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente".
Articolo 14.
(Estensione di norme a specifiche categorie di lavoratrici madri)
1. I benefici previsti dal primo periodo del comma 1 dell'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, sono estesi, dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche alle lavoratrici madri appartenenti ai corpi di polizia municipale.
Articolo 15.
(Testo unico)
1. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo é delegato ad emanare un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia, nel rispetto dei seguenti princípi e criteri direttivi:
a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;
b) esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente,
da successive disposizioni;
c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti,
apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie
per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al
fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;
d) esplicita indicazione delle disposizioni, non inserite nel
testo unico, che restano comunque in vigore;
e) esplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni,
non richiamate, con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato
al testo unico;
f) esplicita abrogazione delle norme secondarie incompatibili
con le disposizioni legislative raccolte nel testo unico.
2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 é deliberato
dal Consiglio dei ministri ed é trasmesso, con apposita relazione
cui é allegato il parere del Consiglio di Stato, alle competenti
Commissioni parlamentari permanenti, che esprimono il parere entro quarantacinque
giorni dall'assegnazione.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo
di cui al comma 1 possono essere emanate, nel rispetto dei princípi
e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con le modalità
di cui al comma 2, disposizioni correttive del testo unico.
Articolo 16.
(Statistiche ufficiali sui tempi di vita)
1. L'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) assicura un flusso informativo quinquennale sull'organizzazione dei tempi di vita della popolazione attraverso la rilevazione sull'uso del tempo, disaggregando le informazioni per sesso e per età.
Articolo 17.
(Disposizioni diverse)
1. Nei casi di astensione dal lavoro disciplinati dalla presente legge,
la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del posto
di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa
unità produttiva ove erano occupati al momento della richiesta di
astensione o di congedo o in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresí
diritto di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
2. All'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é aggiunto,
in fine, il seguente comma:
"Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo 4 della presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all'inizio del periodo di gestazione o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresí diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti".
3. I contratti collettivi di lavoro possono prevedere condizioni di
maggior favore rispetto a quelle previste dalla presente legge.
4. Sono abrogate le disposizioni legislative incompatibili con la presente
legge ed in particolare l'articolo 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
Articolo 18.
(Disposizioni in materia di recesso)
1. Il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo
di cui agli articoli 3, 4, 5, 6 e 13 della presente legge é nullo.
2. La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice o dal lavoratore
durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza
del minore adottato o in affidamento deve essere convalidata dal Servizio
ispezione della direzione provinciale del lavoro.
CAPO V
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
Articolo 19.
(Permessi per l'assistenza a portatori di handicap)
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, dopo le parole: "permesso mensile" sono inserite
le seguenti: "coperti da contribuzione figurativa";
b) al comma 5, le parole ", con lui convivente," sono soppresse;
c) al comma 6, dopo le parole: "può usufruire" é
inserita la seguente: "alternativamente".
Articolo 20.
(Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap)
1. Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente.
CAPO VI
NORME FINANZIARIE
Articolo 21.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni degli articoli
da 3 a 20, esclusi gli articoli 6 e 9, della presente legge, valutato in
lire 63 miliardi per l'anno 1999 ed in lire 298 miliardi annue a decorrere
dall'anno 2000, si provvede, quanto a lire 273 miliardi annue a decorrere
dall'anno 2000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di
spesa di cui all'articolo 3 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito,
con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, concernente il Fondo
per l'occupazione; quanto a lire 25 miliardi annue a decorrere dall'anno
1999, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di
cui all'articolo 1 della legge 28 agosto 1997, n. 285.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni
di bilancio.
CAPO VII
TEMPI DELLE CITTA'
Articolo 22.
(Compiti delle regioni)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge
le regioni definiscono, con proprie leggi, ai sensi dell'articolo 36, comma
3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, qualora
non vi abbiano già provveduto, norme per il coordinamento da parte
dei comuni degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici
e degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, nonché
per la promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà sociale,
secondo i principi del presente capo.
2. Le regioni prevedono incentivi finanziari per i comuni, anche attraverso
l'utilizzo delle risorse del Fondo di cui all'articolo 28, ai fini della
predisposizione e dell'attuazione dei piani territoriali degli orari di
cui all'articolo 24 e della costituzione delle banche dei tempi di cui
all'articolo 27.
3. Le regioni possono istituire comitati tecnici, composti da esperti
in materia di progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione
sociale e di gestione organizzativa, con compiti consultivi in ordine al
coordinamento degli orari delle città e per la valutazione degli
effetti sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari.
4. Nell'ambito delle proprie competenze in materia di formazione professionale,
le regioni promuovono corsi di qualificazione e riqualificazione del personale
impiegato nella progettazione dei piani territoriali degli orari e nei
progetti di riorganizzazione dei servizi.
5. Le leggi regionali di cui al comma 1 indicano:
a) criteri generali di amministrazione e coordinamento degli
orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici
della pubblica amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e turistici,
delle attività culturali e dello spettacolo, dei trasporti;
b) i criteri per l'adozione dei piani territoriali degli orari;
c) criteri e modalità per la concessione ai comuni di
finanziamenti per l'adozione dei piani territoriali degli orari e per la
costituzione di banche dei tempi, con priorità per le iniziative
congiunte dei comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti.
6. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono secondo le rispettive competenze.
Articolo 23.
(Compiti dei comuni)
1. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attuano, singolarmente
o in forma associata, le disposizioni dell'articolo 36, comma 3, della
legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, secondo le modalità
stabilite dal presente capo, nei tempi indicati dalle leggi regionali di
cui all'articolo 22, comma 1, e comunque non oltre un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge.
2. In caso di inadempimento dell'obbligo di cui al comma 1, il presidente
della giunta regionale nomina un commissario ad acta .
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono
attuare le disposizioni del presente capo in forma associata.
Articolo 24.
(Piano territoriale degli orari)
1. Il piano territoriale degli orari, di seguito denominato "piano",
realizza le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera
c),
ed é strumento unitario per finalità ed indirizzi, articolato
in progetti, anche sperimentali, relativi al funzionamento dei diversi
sistemi orari dei servizi urbani e alla loro graduale armonizzazione e
coordinamento.
2. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti sono tenuti
ad individuare un responsabile cui é assegnata la competenza in
materia di tempi ed orari e che partecipa alla conferenza dei dirigenti,
ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni.
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono
istituire l'ufficio di cui al comma 2 in forma associata.
4. Il sindaco elabora le linee guida del piano. A tale fine attua forme
di consultazione con le amministrazioni pubbliche, le parti sociali, nonché
le associazioni previste dall'articolo 6 della legge 8 giugno 1990, n.
142, e successive modificazioni, e le associazioni delle famiglie.
5. Nell'elaborazione del piano si tiene conto degli effetti sul traffico,
sull'inquinamento e sulla qualità della vita cittadina degli orari
di lavoro pubblici e privati, degli orari di apertura al pubblico dei servizi
pubblici e privati, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche,
delle attività commerciali, ferme restando le disposizioni degli
articoli da 11 a 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nonché
delle istituzioni formative, culturali e del tempo libero.
6. Il piano é approvato dal consiglio comunale su proposta del
sindaco ed é vincolante per l'amministrazione comunale, che deve
adeguare l'azione dei singoli assessorati alle scelte in esso contenute.
Il piano é attuato con ordinanze del sindaco.
Articolo 25.
(Tavolo di concertazione)
1. Per l'attuazione e la verifica dei progetti contenuti nel piano di cui all'articolo 24, il sindaco istituisce un tavolo di concertazione, cui partecipano:
a) il sindaco stesso o, per suo incarico, il responsabile di
cui all'articolo 24, comma 2;
b) il prefetto o un suo rappresentante;
c) il presidente della provincia o un suo rappresentante;
d) i presidenti delle comunità montane o loro rappresentanti;
e) un dirigente per ciascuna delle pubbliche amministrazioni
non statali coinvolte nel piano;
f) rappresentanti sindacali degli imprenditori della grande,
media e piccola impresa, del commercio, dei servizi, dell'artigianato e
dell'agricoltura;
g) rappresentanti sindacali dei lavoratori;
h) il provveditore agli studi ed i rappresentanti delle università
presenti nel territorio;
i) i presidenti delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani,
nonché i rappresentanti delle aziende ferroviarie.
2. Per l'attuazione del piano di cui all'articolo 24, il sindaco promuove
accordi con i soggetti pubblici e privati di cui al comma 1.
3. In caso di emergenze o di straordinarie necessità dell'utenza
o di gravi problemi connessi al traffico e all'inquinamento, il sindaco
può emettere ordinanze che prevedano modificazioni degli orari.
4. Le amministrazioni pubbliche, anche territoriali, sono tenute ad
adeguare gli orari di funzionamento degli uffici alle ordinanze di cui
al comma 3.
5. I comuni capoluogo di provincia sono tenuti a concertare con i comuni
limitrofi, attraverso la conferenza dei sindaci, la riorganizzazione territoriale
degli orari. Alla conferenza partecipa un rappresentante del presidente
della provincia.
Articolo 26.
(Orari della pubblica amministrazione)
1. Le articolazioni e le scansioni degli orari di apertura al pubblico
dei servizi della pubblica amministrazione devono tenere conto delle esigenze
dei cittadini che risiedono, lavorano ed utilizzano il territorio di riferimento.
2. Il piano di cui all'articolo 24, ai sensi del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, può prevedere
modalità ed articolazioni differenziate degli orari di apertura
al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione.
3. Le pubbliche amministrazioni, attraverso l'informatizzazione dei
relativi servizi, possono garantire prestazioni di informazione anche durante
gli orari di chiusura dei servizi medesimi e, attraverso la semplificazione
delle procedure, possono consentire agli utenti tempi di attesa più
brevi e percorsi più semplici per l'accesso ai servizi.
Articolo 27.
(Banche dei tempi)
1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l'utilizzo
dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni,
per favorire l'estensione della solidarietà nelle comunità
locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini,
associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del
proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e interesse,
gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni
denominate "banche dei tempi".
2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono
disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e organizzare
attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresí
aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano
scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli
cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere
compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono
costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali
degli enti locali.
Articolo 28.
(Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città)
1. Nell'elaborare le linee guida del piano di cui all'articolo 24, il
sindaco prevede misure per l'armonizzazione degli orari che contribuiscano,
in linea con le politiche e le misure nazionali, alla riduzione delle emissioni
di gas inquinanti nel settore dei trasporti. Dopo l'approvazione da parte
del consiglio comunale, i piani sono comunicati alle regioni, che li trasmettono
al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) indicandone,
ai soli fini del presente articolo, l'ordine di priorità.
2. Per le finalità del presente articolo é istituito
un Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città, nel limite
massimo di lire 15 miliardi annue a decorrere dall'anno 2001. Alla ripartizione
delle predette risorse provvede il CIPE, sentita la Conferenza unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
3. Le regioni iscrivono le somme loro attribuite in un apposito capitolo
di bilancio, nel quale confluiscono altresí eventuali risorse proprie,
da utilizzare per spese destinate ad agevolare l'attuazione dei progetti
inclusi nel piano di cui all'articolo 24 e degli interventi di cui all'articolo
27.
4. I contributi di cui al comma 3 sono concessi prioritariamente per:
a) associazioni di comuni;
b) progetti presentati da comuni che abbiano attivato forme
di coordinamento e cooperazione con altri enti locali per l'attuazione
di specifici piani di armonizzazione degli orari dei servizi con vasti
bacini di utenza;
c) interventi attuativi degli accordi di cui all'articolo 25,
comma 2.
5. La Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, é convocata ogni anno, entro il mese di
febbraio, per l'esame dei risultati conseguiti attraverso l'impiego delle
risorse del Fondo di cui al comma 2 e per la definizione delle linee di
intervento futuro. Alle relative riunioni sono invitati i Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, per la solidarietà sociale, per
la funzione pubblica, dei trasporti e della navigazione e dell'ambiente,
il presidente della società Ferrovie dello Stato spa, nonché
i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e del volontariato, delle
organizzazioni sindacali e di categoria.
6. Il Governo, entro il mese di luglio di ogni anno e sulla base dei
lavori della Conferenza di cui al comma 5, presenta al Parlamento una relazione
sui progetti di riorganizzazione dei tempi e degli orari delle città.
7. All'onere derivante dall'istituzione del Fondo di cui al comma 2
si provvede mediante utilizzazione delle risorse di cui all'articolo 8,
comma 10, lettera f) , della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
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