L’Unicobas ha recentemente scritto il disegno di legge sul nuovo stato giuridico dei docenti presentato alla Camera e al Senato dall'Italia dei Valori.
Contiene le Norme per l'istituzione di un'area contrattuale specifica per il comparto della scuola nonché del Consiglio superiore della docenza, e altre disposizioni in materia di organizzazione scolastica come l’elettività dei presidi e l’anno sabbatico d’aggiornamento.
Questa scelta nasce da un'attenta analisi della situazione della scuola pubblica italiana, delle dinamiche intercorrenti tra i diversi attori della stessa e, in particolar modo, dello statuto e della natura professionale dell'attività docente che, nell'attuale situazione normativa, risulta particolarmente penalizzata, deprezzata e di conseguenza con sempre più scarso riconoscimento sociale.
Nella prima fase del nostro Stato unitario, sono stati adottati, dai governi, cinque stati giuridici degli insegnanti e tutti, tranne quello del 1906, sono sempre stati collegati a processi più generali di riforma della scuola; hanno, in un certo qual senso, portato con sé un'idea di scuola, una filosofia del processo d'insegnamento e di apprendimento.
In questi ultimi vent'anni il Parlamento ha approvato, infatti, una serie di leggi che hanno inciso profondamente sulla condizione degli insegnanti, considerandoli, però, essenzialmente «indistinti dipendenti pubblici», alla stregua di tutti gli altri impiegati dello Stato:
la legge 29 marzo 1983, n. 93, nota come legge quadro sul pubblico impiego, a seguito della quale i docenti furono inseriti nel 6o e 7o livello impiegatizio e la funzione docente perse ogni specificità e si recise definitivamente il legame con la docenza universitaria;
la legge delega 23 ottobre 1992, n. 421, sul pubblico impiego che ha dato il via alla privatizzazione del rapporto di lavoro, distinguendo fra ciò che rimaneva riserva di legge e ciò che diventava materia di contrattazione. Il rapporto di lavoro della docenza universitaria non veniva invece privatizzato;
la sua diretta emanazione: il decreto legislativo n. 29 del 1993;
la legge 15 marzo 1997, n. 59, con cui è stata istituita l'autonomia scolastica e si è attribuita la dirigenza ai capi d'istituto, separando la loro contrattazione dal restante personale della scuola. Nell'università persiste invece, giustamente, la qualifica di preside di facoltà, quale primus inter pares.
S'impone un'inversione di marcia per abbandonare la concezione burocratica dell'identità docente che porta a: stipendi modesti, poca preparazione dei docenti, assenza di valutazione del merito individuale, scarsa stima da parte di famiglie e studenti. La strada da seguire è quella che porta all'esaltazione della professione: conoscenza verificata e in continuo aggiornamento della materia insegnata, stipendio parificato alle fasce superiori europee, riconquistata dignità di funzione agli occhi di famiglie e studenti.
Sorge la necessità di un profondo ripensamento in termini culturali e organizzativi di tutto il comparto scuola e, in particolare, del modo di intendere l'esercizio della funzione docente.
La società del terzo millennio ha necessità di «professionisti della conoscenza» (knowledge workers) che facciano riferimento ai loro enti di rappresentanza e non alla burocrazia ministeriale.
La professione docente è segnata da tre elementi: alta specificità del ruolo istruttivo ed educativo, autonomia e autoreferenzialità rispetto a valutazione e selezione dei professionisti che non vengono giudicati da altri enti, etica e deontologia elaborate fra gli operatori del settore.
Il mondo della scuola possiede una particolarità rispetto al resto del mondo del lavoro. In esso si insegna e si apprende e non si tratta neanche di mera trasmissione del sapere, bensì si sviluppa e ricrea il sapere stesso, almeno per quanto attiene alle strategie dell'istruzione, dell'educazione e della formazione.
Nella scuola non si costruiscono manufatti industriali, né si svolgono mansioni di tipo burocratico. Lo specifico prevalente è quello della funzione docente, che non è funzione d'impresa, né di tipo impiegatizio: proprio per questo l'assetto normativo e contrattuale attuale è assolutamente inadeguato.
La Costituzione della Repubblica definisce scuola e università quali «istituzioni» (e la cosa non ha solo un rilievo terminologico, perché stabilisce una linea di demarcazione rispetto ai «servizi»), ma esse hanno due assetti contrattuali differenti: dell'università è stato creato un ibrido, dove i docenti hanno un contratto di natura pubblica e le altre figure lavorative un contratto privatizzato; nella scuola, invece, esiste solo la privatizzazione del rapporto di lavoro: la scuola, quindi, è stata trasformata in un «servizio» e i docenti in impiegati.
Ma il momento dell'interazione metodologico-didattica non è affatto l'erogazione di un servizio; gli insegnanti non sono pompe di benzina e gli alunni non sono automobili di passaggio da riempire di nozioni.
La figura del docente non è quella di chi attende ad un servizio, bensì quella di un ricercatore di percorsi formativi e culturali, e il titolo di studio non è un «atto dovuto», come la certificazione di un'analisi del sangue, bensì il risultato di un'interazione personale e didattica, di un percorso di vita e di ricerca.
L'Unicobas nel recente passato ha
guidato grandi lotte, come quella contro la valutazione e la differenziazione
salariale dei docenti prevista a base di quiz, che portò in piazza 50.000
insegnanti in occasione di uno sciopero proclamato dal sindacalismo di base (che
nella scuola è rappresentato quasi unicamente da Unicobas e Cobas), lotta che
determinò le dimissioni del ministro della pubblica istruzione
Berlinguer.
Sin dalla sua nascita nel 1990, con il suo primo congresso
del 1991, nonché con il Convegno Internazionale di Roma del 1998 - al quale, tra
le altre
organizzazioni europee, era presente la CNT francese - ha
dato largo spazio e importanza alle tematiche internazionali, riconoscendo nel
meccanismi
della globalizzazione mercificatrice un elemento di grande
pericolo per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori europei e di tutto il
mondo.
L'Unicobas sostiene la necessità di giungere ad una forma
stabile di coordinamento fra le realtà sindacali libertarie e di base a livello
europeo, capace di produrre comuni scadenze di lotta, segnatamente per affermare
il diritto di sciopero, i diritti sindacali e la titolarità del mondo del
lavoro.
L'Unicobas sostiene che il coordinamento europeo fra i
sindacati realmente di base, possa essere l'unico soggetto capace di contrastare
la ristrutturazione liberista e di imporre forme di decisione e partecipazione
diretta a carattere sindacale totalmente autonome dai partiti ed in grado di
rappresentare un reale modello di cambiamento rispetto alla politica dominante.
La CIB
Unicobas conta cinquemila iscritti, più della metà dei quali nel settore della
scuola.
E'
presente anche in altre categorie: metalmeccanici, sanità, pubblica
amministrazione, servizi.
Particolarmente attiva nella difesa dei lavoratori precari, è
tra i promotori della campagna nazionale per la regolarizzazione, nonché per il
ripristino della scala mobile, un meccanismo automatico di riadeguamento
retributivo al costo della vita.