CAPRI (30 ottobre) - Non è per niente scoraggiata dalle proteste che un
giorno sì e l'altro pure la prendono di mira per le sue riforme. No,
Mariastella Gelimini, ministro della pubblica istruzione va avanti per la
sua strada. «Sono proteste tradizionali fra ottobre e novembre. Anche se,
ribadisco, ognuno ha il diritto di sostenere le proprie idee». La Gelmini
ha appena terminato il suo intervento al convegno dei giovani industriali.
E, nell'intervista al Mattino annuncia di aver sbloccato circa 1 miliardo
di euro per la ricerca nel Sud.
Il ministro Brunetta ha
annunciato un taglio di 300mila posti di lavoro nella pubblica
amministrazione. Ma ha anche auspicato un contratto di lavoro uguale fra
settore pubblico e privato. Sarà un passaggio possibile anche nella
scuola?
«Nel 2012, con il rinnovo del contratto nazionale,
vogliamo finalmente superare il meccanismo obsoleto degli scatti di
anzianità, che non ci consente di distinguere fra professori bravi e
quelli meno bravi. Vogliamo, invece, introdurre un sistema che premi il
merito. Bisognerà naturalmente mettere a punto contestualmente anche un
sistema in grado di misurare la qualità dell'insegnamento. Ma ci sono già
strutture come l'Invalsi che potrebbero essere utilizzate per raggiungere
questo obiettivo».
Però la scuola e ricerca sono stati fra
i settori più colpiti dai tagli alla spesa
pubblica...
«Bisogna uscire dalla illusione della sinistra
che basta chiedere più soldi per evitare di fare le riforme. Noi dobbiamo
tenere i conti pubblici in ordine e nello stesso tempo puntare sullo
sviluppo. Una strada che passa anche attraverso la riforma
dell'Università».
Eppure, la riforma dell'università è
stata bloccata proprio da Tremonti. Dove troverete le
risorse?
«Sono sicura che arriveranno con il decreto mille
proroghe di fine anno. Lo ha confermato lo stesso Tremonti. Senza riforme
è vero che si raccoglie un po' di consenso facile, come la sinistra
continua a fare, ma non si dà una reale possibilità di occupazione ai
giovani».
Però la riforma continua ad alimentare le
proteste. Anche ieri gli studenti sono scesi in
piazza?
«Non si può nascondere la polvere sotto il tappeto
continuando a difendere un sistema che non funziona. Chi fa questo ha in
mente non il bene dei giovani. La sinistra si sottrae ad un confronto sui
problemi reali limitandosi ad accusare il governo di aver fatto solo i
tagli. Ma io voglio ricordare a Bersani che proprio grazie a quei tagli
voluti da Tremonti e da Berlusconi l'Italia non è oggi come la Grecia o
l'Argentina».
Però anche l'Università è in
rivolta.
«Abbiamo la necessità di cambiare la governance
della ricerca per coinvolgere sempre di più l'impresa privata. Vogliamo
portare nei consigli di amministrazione dell'università anche esponenti
del sistema produttivo. I rettori devono diventare anche manager in grado
di amministrare gli atenei come gli imprenditori gestiscono l'azienda.
Meglio avere qualche università in meno e concentrare le risorse su atenei
di grande livello».
Ripeto: con quali risorse, soprattuto
al Sud?
«Abbiamo appena fatto partire il bando per i
distretti tecnologici. Si tratta di un investimento di 900 milioni
concentrato nelle quattro regioni dell'obiettivo di convergenza, ovvero
Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. C'è poi uno stanziamento di 50
milioni riservato ai giovani ricercatori italiani. Anche qui vogliamo
premiare i migliori progetti e riportare in Italia i cervelli che sono
fuggiti all'estero perché in Italia non hanno trovato una possibilità di
lavoro».
Però i ricercatori protestano puntando l'indice
proprio sulla riforma.
«Non possiamo continuare ad
alimentare la speranza di avere un esercito di ricercatori a vita. Bisogna
mettere la parola fine ad una sorta di precarizzazione di questi giovani e
offrire una prospettiva reale di lavoro e ricerca, superando una
situazione di stallo che dura da decenni, il falso egualitarismo
alimentato dalla cultura del ’68 che non ha prodotto alcun risultato. Le
classifiche internazionali sono impietose e parlano di un sistema che
arranca".
Ma questo governo sarà davvero in grado di
realizzare le riforme? Non teme una fine anticipata della
legislatura?
«Sono polemiche e situazioni che si ripetono
ciclicamente. Ogni anno c'è il tentativo di discreditare, di gettare fango
sul presidente del consiglio».
Anche dopo la vicenda della
telefonata alla questura di Milano per Ruby?
«Sono
quindici anni che il presidente Berlusconi è oggetto di una campagna senza
precedenti di demonizzazione da parte degli avversari politici. Gli
italiani lo hanno capito chiaramente e continuano a dargli
fiducia».