Rinviato l'esame del ddl sulla scuola

Il Consiglio dei ministri rinvia l'esame della riforma della scuola presentata dalla Moratti. Ufficialmente per la complessità della materia. Ma il Ccd-Cdu non risparmia alcune critichie al progetto.
 di Alberico Giostra
ROMA - Il ministro dell'Istruzione Letizia Moratti ha presentato oggi in Consiglio dei Ministri la bozza di revisione della legge n.30 del 2000, la cosiddetta riforma dei cicli approvata dal centrosinistra. Otto articoli contenuti in sette pagine nei quali la Moratti ha raccolto il lavoro del gruppo coordinato da Giuseppe Bertagna alla luce delle correzioni emerse agli Stati Generali e dopo la lunga serie di incontri dei giorni scorsi con i partiti della maggioranza, i sindacati e i rettori delle università italiane. Il testo presentato oggi è quindi un testo che si avvia ad essere definitivo, senza però dimenticare che dovrà essere sottoposto all'esame delle Camere e dovrà essere corredato degli strumenti attuativi da concordare con i sindacati.

L'approvazione finale del disegno di legge è stata però rinviata al prossimo Consiglio dei ministri. Ufficialmente il rinvio è dovuto - spiegano fonti del ministero dell'Istruzione - alla complessità della materia. Ma è assai probabile che dai settori centristi della maggioranza si siano levate alcune voci discordanti, in particolare sull'anticipo dell'ingtresso alla scuola materna. Dissidi che peraltro il capogruppo alla Camera del Ccd-Cdu, Luca Volonté, non nasconde. Anzi, rilancia apertamemte. Dalle anticipazioni giornalistiche di questi giorni sulla ipotesi di riforma, dice Volonté, ''emergono alcune analogie di una certa gravità e che a suo tempo denunciammo con la riforma Berlinguer''. Il consiglio dei ministri era ancora in corso e già Volonté faceva sapere di auspicare "miglioramenti importanti volti a non anticipare l'entrata del bambino nelle istituzioni scolastiche e a riformulare le cosiddette scansioni biennali".

Dalle piazze e dalle scuole, lo scontro sembra dunque essersi spostato nella maggioranza. Coi sindacati, il clima è invece leggermente migliorato. Nell'incontro di ieri con le organizzazioni dei lavoratori, il Ministro ha  promesso l'apertura di un tavolo tecnico nel giro di una settimana al massimo.

All'articolo 1 il ddl descrive come sarà il sistema educativo: la scuola dell'obbligo durerà 12 anni e si articolerà in un "primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale". Resta dunque la principale novità della bozza Bertagna, e cioè il cosiddetto doppio canale, oggetto di un' accesa contestazione da parte degli studenti del Movimento e della Cgil che accusano il ministro di voler creare una scuola di serie B.

All'articolo 2 si stabilisce in tre anni la durata della scuola dell'infanzia, introducendo la possibilità che ci si possa iscrivere anche a due anni e mezzo. Decisione che ha provocato le proteste della responsabile della Cisl Scuola, Daniela Colturani, e di Alessando Ameli, della Gilda. La Colturani ha parlato di "snaturamento della scuola dell'infanzia". All'articolo 3 si stabilisce in cinque anni la durata del primo ciclo dell'istruzione, ciclo che sarà diviso in bienni e con un ultimo anno che prevede "un raccordo educativo e didattico con la scuola secondaria di primo grado, cioè la prima media. Anche questo aspetto ha sollevato le perplessità di Ameli della Gilda che parla di "inattuabilità di propositi del genere".

Al primo ciclo della scuola primaria si potranno iscrivere anche i bambini che avranno compiuto 6 anni entro il 31 marzo. La scuola secondaria di primo grado si concluderà con un esame di stato, come attualmente accade in terza media, mentre è abolito l'esame di quinta elementare.

All'articolo 4 si parla dei licei, ovvero dell'istruzione secondaria di secondo grado. I licei saranno i seguenti: artistico, classico, economico, linguistico, musicale, scientifico, tecnologico, delle scienze umane. Saranno organizzati in bienni e si concluderanno con un esame di stato. "Dal quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso l'apprendistato". A chi sceglie l'istruzione professionale sarà consentito di passare ai licei e viceversa e i titoli dell'istruzione professionale varranno su tutto il territorio nazionale.

Quest'ultima decisione ha convinto il leader della Uil scuola, Massimo Di Menna, che era in origine preoccupato dei possibili effetti degenerativi della devolution scolastica. Anche se secondo Di Menna resta da chiarire quale sarà il ruolo effettivo delle Regioni e i loro poteri nell'ambito dell'istruzione professionale. L'alternanza scuola-lavoro è l'oggetto dell'articolo 5. Comprenderanno "periodi di tirocinio e stage presso le imprese". Il governo dovrà emanare uno o più decreti legislativi "recanti disposizioni volte alla disciplina del percorso di formazione in alternanza e nel rispetto dei seguenti principi: svolgere l'intera formazione dai 15 ai 18 anni sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica sulla base di convenzioni con le imprese e prevedere che la convenzione comprenda un contributo da parte delle imprese, finalizzato all'erogazione di borse di studio".

La durata del ciclo di istruzione professionale sarà "almeno quadriennale" e per accedere all'Università si dovrà frequentare un "apposito corso annuale realizzato d'intesa con le Università".

L'aspetto che ha maggiormente convinto il leader della Gilda Alessandro Ameli  è contenuto nell'articolo 7, quello relativo alla formazione degli insegnanti. Dopo aver determinato che "l'esame finale per il conseguimento della laurea specialistica (quella biennale del 3+2, ndr.) ha valore di esame di Stato e abilita all'insegnamento in uno o più insegnamenti individuati con decreto", l'articolo si conclude prevedendo in sostanza la possibilità di una progressione di carriera per gli insegnanti. Si parla infatti di "funzioni di supporto e di coordinamento dell'attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche".

La bozza all'esame del Consiglio dei Ministri non piace affatto alla Cgil scuola. Secondo il leader Enrico Panini la scuola italiana "''si allontana dall'Europa della cultura e del diritto all'istruzione. Quello che si appresta a varare il Consiglio dei ministri e' un disegno di legge che mantiene, peggiorandola, l'attuale scuola che si dice di voler riformare''. Secondo Panini la proposta Bertagna non esiste più e aggiunge che di questo passo
''si torna ad un passato, che speravamo lontano, nel quale l'istruzione era un privilegio per pochi e il rapido avvio al lavoro una condanna per troppi".

Secondo il segretario del sindacato, con la riforma così come è stata concepita ''non si valorizza il ruolo della scuola pubblica e di chi vi opera, non si innalza il livello di istruzione del nostro Paese, non si aumenta il numero dei diplomati e dei laureati, ne' si risolvono problemi annosi, come la selezione e l'evasione''.

Se per Ameli della Gilda "è positivo che la proposta sancisca la validità universale della formazione di ogni insegnante dalle materne ai licei" per Massimo di Menna "è positivo che si legiferi sulla base del carattere nazionale dell'istruzione" anche se aggiunge che "permangono dei dubbi sulla preparazione di base che sarà offerta nelle scuole professionali". Un argomento che sta a cuore a Di Menna è comunque il ruolo dei sindacati. Secondo il leader della Uil infatti l'incontro di ieri, durato ben quattro ore e la promessa dell'apertura del tavolo tecnico, significano il rientro in gioco dei sindacati "senza dei quali non si può fare alcuna riforma della scuola".

Sarcastico il commento di Stefano d'Errico segretario dell'Unicobas. "La Moratti scherzava: Bertagna accantonato come un giocattolo, la riforma era impresentabile" Ma secondo d'Errico di aspetti inaccettabili ne esistono ancora. Fra questi il doppio canale che significa "il ritorno al vecchio avviamento", senza un diploma vero e con gli alunni sottoposti agli "appetiti e clientele degli enti locali ed a nuove disparità tra regioni ricche e povere". Secondo d'Errico è "paradossale che dopo la bocciatura del concorsone di Berlinguer si propongano ancora quiz per valutare le scuole". L'articolo 6 della proposta Moratti infatti prevede la valutazione periodica degli allievi e dell'offerta formativa a cura dell'Istituto nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione, che sarà presieduto da Giovanni Trainito.

Il Nuovo  (11 GENNAIO 2002; ORE 19:17, aggiornato alle 20:35)