Parere del Consiglio di Stato n. 48 del 5 febbraio 1992

Sciopero e serrata. Precettazione. Inosservanza. Dipendenti pubblici. Sanzione pecuniaria. Norme applicabili. Artt. 13 e segg. L. n. 689 del 1981

La sanzione pecuniaria prevista dall'art. 9 L. 12 giugno 1990 n. 146 in caso di inosservanza dell'ordine di precettazione in occasione di uno sciopero di pubblici dipendenti va inflitta con l'osservanza delle norme stabilite dagli artt. 13 e segg. L. 24 novembre 1981 n. 689 per l'irrogazione delle sanzioni amministrative, e non già di quelle previste per i procedimenti disciplinari dal T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 o, in generale, per i procedimenti amministrativi, dalla L. 7 agosto 1990 n. 241.

Diritto
1. La Sezione ritiene che per l'irrogazione della sanzione pecuniaria contemplata dall'art. 9 della legge n. 146 del 1990, per il caso di inottemperanza all'ordinanza di precettazione, debba trovare applicazione la normativa procedimentale contenuta nella legge n. 689 del 1981, gli articoli 13 e seguenti.
In linea di principio va considerato che la sanzione pecuniaria di cui al cit. art. 9 è qualificata dalla stessa legge come sanzione amministrativa: dal che si desume che la legge delinea un provvedimento (e un correlativo procedimento) stricto sensu sanzionatorio, ma esulante dal novero delle violazioni disciplinari. (cfr. art. 12 della legge n. 689).
Alla regolamentazione e alla disciplina delle sanzioni amministrative è esplicitamente preordinata la legge n. 689 del 1981, che fornisce al riguardo una normativa completa ed esaustiva, modellata, sia sotto il profilo sostanziale che dal punto di vista procedimentale e del regime impugnatorio, sul proprium delle sanzioni amministrative, con specifico riguardo alle sanzioni pecuniarie (nella nostra tradizione positiva generalmente estranee al novero delle sanzioni disciplinari).
Tale considerazione di ordine generale trova conferma nel testo dell'art. 9 della legge n. 146 del 1990, che, pur non richiamando espressamente la legge n. 689 nel comma che disciplina la sanzione pecuniaria irrogabile al dipendente (a differenza di quanto avviene nel secondo comma in relazione ai "preposti"), al quarto comma disciplina unitariamente le fattispecie sanzionatorie contemplate sotto il duplice profilo della competenza a irrogare la sanzione e del regime impugnatorio della sanzione medesima, sicché non appare ipotizzabile diversificare, sulla base dei principi generali in tema di riparto, il regime impugnatorio dell'ordine di precettazione, a seconda che destinatari ne siano i dipendenti o i preposti.
Avverso l'irrogazione delle sanzioni amministrative è, infatti, prevista l'opposizione al Pretore nei sensi e nei termini di cui agli artt. 22 e seguenti della legge n. 689.
Anche a non voler considerare l'indubbia rilevanza che una siffatta previsione in tema di regime di impugnazione spiega sulla stessa qualificazione giuridica della sanzione, sembra difficile ipotizzare il cumulo di una disciplina dell'impugnazione, ai sensi della legge n. 689, con la diversa disciplina procedimentale in tema di procedimento disciplinare.
Ove, infatti, si aderisse alla tesi secondo cui la disciplina procedimentale per l'irrogazione della sanzione sia da ricercare nella normativa sul procedimento disciplinare, dovrebbe ipotizzarsi, a fronte del chiaro disposto del quarto comma dell'art. 9, l'impugnazione dinanzi al pretore di una sanzione adottata al termine di un procedimento amministrativo disciplinare, la cui naturale sede di impugnazione è costituita dal giudizio amministrativo. Il che non appare logico e coerente con i principi.
E inoltre sorgerebbero difficoltà interpretative da non sottovalutare anche in ordine all'applicabilità di altri istituti disciplinati dalla legge n. 689, per esempio in tema di prescrizione.
Sembra dunque, in conclusione, che la soluzione di ritenere applicabile alla fattispecie sanzionatoria qui considerata la generale disciplina della legge n. 689 sia la più delineare e la più coerente con la lettera del testo normativo e con la logica del sistema.
2. L'Amministrazione referente, che, nel propendere per la soluzione negativa in ordine all'applicabilità nella specie del procedimento disciplinare, sembra altresì riconoscere la maggiore rispondenza della soluzione esposta al sistema normativo, fa presente peraltro le maggiori difficoltà di ordine pratico e applicativo che una siffatta soluzione comporta per l'irrogazione della sanzione pecuniaria, specie nella ipotesi in cui la stessa debba essere irrogata a un rilevante numero di persone. E si chiede, problematicamente, se non possa farsi applicazione della normativa generale posta dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, in tema di procedimento amministrativo, ai fini dell'irrogazione della sanzione di cui all'art. 9 della legge n. 146 del 1990.
In proposito, va osservato, anzitutto, che la maggiore complessità, in tesi, del procedimento sanzionatorio di cui alla legge n. 689 deve essere rapportata, in concreto, al comportamento che si vuole sanzionare.
Nell'ipotesi di inottemperanza all'ordinanza di precettazione, la fattispecie sanzionatoria, in particolare riguardata nei suoi elementi di fatto, non sarà generalmente di tale complessità da richiedere tutte le fasi procedimentali astrattamente contemplate dalla legge n. 689; mentre verranno in rilievo nel procedimento sanzionatorio quelle concrete circostanze di fatto (per esempio, mancata prestazione lavorativa dovuta a stato di infermità) e quelle garanzie procedimentali (contestazione dell'addebito o termine per controdedurre) che troverebbero comunque ingresso anche nel procedimento di cui alla legge n. 241 del 1990. Sicché non sembra che la corretta applicazione della disciplina contenuta nella legge n. 689 determini un apprezzabile aggravamento del procedimento sanzionatorio.
In linea teorica, poi, non sembra possa essere accolta una tesi che suggerisca l'applicazione della normativa generale sul procedimento amministrativo, di cui alla cit. legge n. 241, ai fini dell'irrogazione della sanzione prevista dall'art. 9 della legge n. 146.
Invero, la legge n. 241 non delinea un autonomo procedimento amministrativo cui possa farsi ricorso sic et simpliciter per la emanazione di un provvedimento, ma costituisce piuttosto una sorta di soglia minima cui deve uniformarsi la disciplina dei procedimenti dettata dalla normativa di settore.
In altri termini, se i precetti contenuti nella legge n. 241 devono orientare la disciplina di singoli procedimenti amministrativi, altresì integrandola, non sembra possa farsi ricorso alla normativa della legge medesima configurandola come esaustiva della disciplina di settore o in alternativa alla stessa.
Resta dunque confermato che, per l'irrogazione della sanzione contemplata dall'art. 9 della legge n. 146, debba trovare applicazione il procedimento delineato dagli artt. 13 e segg. della legge n. 689 del 1981.


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