Sciopero e serrata. Precettazione. Inosservanza. Dipendenti pubblici. Sanzione pecuniaria. Norme applicabili. Artt. 13 e segg. L. n. 689 del 1981
La sanzione pecuniaria prevista dall'art. 9 L. 12 giugno 1990 n. 146 in caso di inosservanza dell'ordine di precettazione in occasione di uno sciopero di pubblici dipendenti va inflitta con l'osservanza delle norme stabilite dagli artt. 13 e segg. L. 24 novembre 1981 n. 689 per l'irrogazione delle sanzioni amministrative, e non già di quelle previste per i procedimenti disciplinari dal T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 o, in generale, per i procedimenti amministrativi, dalla L. 7 agosto 1990 n. 241.
Diritto
1. La Sezione ritiene che per l'irrogazione della
sanzione pecuniaria contemplata dall'art. 9 della legge n. 146 del 1990,
per il caso di inottemperanza all'ordinanza di precettazione, debba trovare
applicazione la normativa procedimentale contenuta nella legge n. 689 del
1981, gli articoli 13 e seguenti.
In linea di principio va considerato che la sanzione
pecuniaria di cui al cit. art. 9 è qualificata dalla stessa legge
come sanzione amministrativa: dal che si desume che la legge delinea un
provvedimento (e un correlativo procedimento) stricto sensu sanzionatorio,
ma esulante dal novero delle violazioni disciplinari. (cfr. art. 12 della
legge n. 689).
Alla regolamentazione e alla disciplina delle sanzioni
amministrative è esplicitamente preordinata la legge n. 689 del
1981, che fornisce al riguardo una normativa completa ed esaustiva, modellata,
sia sotto il profilo sostanziale che dal punto di vista procedimentale
e del regime impugnatorio, sul proprium delle sanzioni amministrative,
con specifico riguardo alle sanzioni pecuniarie (nella nostra tradizione
positiva generalmente estranee al novero delle sanzioni disciplinari).
Tale considerazione di ordine generale trova conferma
nel testo dell'art. 9 della legge n. 146 del 1990, che, pur non richiamando
espressamente la legge n. 689 nel comma che disciplina la sanzione pecuniaria
irrogabile al dipendente (a differenza di quanto avviene nel secondo comma
in relazione ai "preposti"), al quarto comma disciplina unitariamente le
fattispecie sanzionatorie contemplate sotto il duplice profilo della competenza
a irrogare la sanzione e del regime impugnatorio della sanzione medesima,
sicché non appare ipotizzabile diversificare, sulla base dei principi
generali in tema di riparto, il regime impugnatorio dell'ordine di precettazione,
a seconda che destinatari ne siano i dipendenti o i preposti.
Avverso l'irrogazione delle sanzioni amministrative
è, infatti, prevista l'opposizione al Pretore nei sensi e nei termini
di cui agli artt. 22 e seguenti della legge n. 689.
Anche a non voler considerare l'indubbia rilevanza
che una siffatta previsione in tema di regime di impugnazione spiega sulla
stessa qualificazione giuridica della sanzione, sembra difficile ipotizzare
il cumulo di una disciplina dell'impugnazione, ai sensi della legge n.
689, con la diversa disciplina procedimentale in tema di procedimento disciplinare.
Ove, infatti, si aderisse alla tesi secondo cui
la disciplina procedimentale per l'irrogazione della sanzione sia da ricercare
nella normativa sul procedimento disciplinare, dovrebbe ipotizzarsi, a
fronte del chiaro disposto del quarto comma dell'art. 9, l'impugnazione
dinanzi al pretore di una sanzione adottata al termine di un procedimento
amministrativo disciplinare, la cui naturale sede di impugnazione è
costituita dal giudizio amministrativo. Il che non appare logico e coerente
con i principi.
E inoltre sorgerebbero difficoltà interpretative
da non sottovalutare anche in ordine all'applicabilità di altri
istituti disciplinati dalla legge n. 689, per esempio in tema di prescrizione.
Sembra dunque, in conclusione, che la soluzione
di ritenere applicabile alla fattispecie sanzionatoria qui considerata
la generale disciplina della legge n. 689 sia la più delineare e
la più coerente con la lettera del testo normativo e con la logica
del sistema.
2. L'Amministrazione referente, che, nel propendere
per la soluzione negativa in ordine all'applicabilità nella specie
del procedimento disciplinare, sembra altresì riconoscere la maggiore
rispondenza della soluzione esposta al sistema normativo, fa presente peraltro
le maggiori difficoltà di ordine pratico e applicativo che una siffatta
soluzione comporta per l'irrogazione della sanzione pecuniaria, specie
nella ipotesi in cui la stessa debba essere irrogata a un rilevante numero
di persone. E si chiede, problematicamente, se non possa farsi applicazione
della normativa generale posta dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, in tema di
procedimento amministrativo, ai fini dell'irrogazione della sanzione di
cui all'art. 9 della legge n. 146 del 1990.
In proposito, va osservato, anzitutto, che la maggiore
complessità, in tesi, del procedimento sanzionatorio di cui alla
legge n. 689 deve essere rapportata, in concreto, al comportamento che
si vuole sanzionare.
Nell'ipotesi di inottemperanza all'ordinanza di
precettazione, la fattispecie sanzionatoria, in particolare riguardata
nei suoi elementi di fatto, non sarà generalmente di tale complessità
da richiedere tutte le fasi procedimentali astrattamente contemplate dalla
legge n. 689; mentre verranno in rilievo nel procedimento sanzionatorio
quelle concrete circostanze di fatto (per esempio, mancata prestazione
lavorativa dovuta a stato di infermità) e quelle garanzie procedimentali
(contestazione dell'addebito o termine per controdedurre) che troverebbero
comunque ingresso anche nel procedimento di cui alla legge n. 241 del 1990.
Sicché non sembra che la corretta applicazione della disciplina
contenuta nella legge n. 689 determini un apprezzabile aggravamento del
procedimento sanzionatorio.
In linea teorica, poi, non sembra possa essere accolta
una tesi che suggerisca l'applicazione della normativa generale sul procedimento
amministrativo, di cui alla cit. legge n. 241, ai fini dell'irrogazione
della sanzione prevista dall'art. 9 della legge n. 146.
Invero, la legge n. 241 non delinea un autonomo
procedimento amministrativo cui possa farsi ricorso sic et simpliciter
per la emanazione di un provvedimento, ma costituisce piuttosto una sorta
di soglia minima cui deve uniformarsi la disciplina dei procedimenti dettata
dalla normativa di settore.
In altri termini, se i precetti contenuti nella
legge n. 241 devono orientare la disciplina di singoli procedimenti amministrativi,
altresì integrandola, non sembra possa farsi ricorso alla normativa
della legge medesima configurandola come esaustiva della disciplina di
settore o in alternativa alla stessa.
Resta dunque confermato che, per l'irrogazione della
sanzione contemplata dall'art. 9 della legge n. 146, debba trovare applicazione
il procedimento delineato dagli artt. 13 e segg. della legge n. 689 del
1981.
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