Decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 - Accorpamento III e IV fascia - Ordinanze di rimessione nn. 256/2003 289/2003 552/2003 790/2003
LA CORTE COSTITUZIONALE
ha pronunciato la seguente
nei giudizi di legittimità costituzionale
dell'art. 1, commi 2 e 7, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 (Disposizioni
urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002),
convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, promossi
dal Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, sede di Bologna,
seconda sezione, con ordinanze del 18 febbraio, del 5 febbraio, del 28
gennaio e del 4 giugno 2003, rispettivamente iscritte ai nn. 256, 289,
552 e 790 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 19, 21, 33 e 40, prima serie speciale, dell'anno 2003.
Visti l'atto di costituzione di F. P. ed altre,
nonché gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 6 aprile 2004 e
nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Francesco
Amirante;
Uditi gli avvocati Corrado Mauceri e Fausto Buccellato
per F.P. ed altre, Massimo Luciani per P. R. e l'avvocato dello Stato Chiarina
Aiello per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1 - Nel corso di un giudizio promosso con diversi
ricorsi riuniti da alcuni docenti, già inseriti nelle graduatorie
permanenti degli abilitati (terza fascia di cui ai decreti ministeriali
27 marzo 2000, n. 123 e 18 maggio 2000), per ottenere l'annullamento delle
graduatorie medesime, il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna,
sede di Bologna, seconda sezione, ha sollevato (r.o. n. 552 del 2003),
in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 7, del decreto-legge 3 luglio 2001,
n. 255 (Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno
scolastico 2001/2002), convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto
2001, n. 333, nelle parti in cui dispone che i docenti già inseriti
nella terza e quarta fascia di cui al citato decreto ministeriale n. 123
del 2000 confluiscano in un unico scaglione e che siano fatte salve le
nomine in ruolo già conferite nei casi in cui gli interessati non
siano più in posizione utile ai fini delle nomine stesse.
Premette il giudice a quo che i ricorrenti erano
stati collocati nella terza fascia delle graduatorie permanenti degli abilitati
di cui ai citati decreti ministeriali e che, a seguito dell'accorpamento
tra la terza e la quarta fascia disposto dall'art. 1, comma 2, del D.L.
n. 255 del 2001, sono stati sopravanzati da altri docenti i quali, appartenenti
in precedenza alla quarta fascia, avevano potuto far valere, grazie alla
norma impugnata, il punteggio conseguito presso scuole non statali, in
tal modo superando i ricorrenti nella nuova graduatoria unificata. Aggiunge
il Tar che i ricorsi sono fondati su numerosi profili di violazione di
legge e di illegittimità costituzionale di varie norme, precisando
tuttavia di condividere (e di fare propria) soltanto la presunta illegittimità
costituzionale della norma impugnata.
A tale proposito il remittente nota che l'art. 1,
comma 2, impugnato - qualificandosi come norma di interpretazione autentica
dell'art. 2 della legge 3 maggio 1999, n. 124, e perciò applicandosi
retroattivamente - ha in realtà alterato la posizione dei ricorrenti
i quali, a seguito dell'accorpamento tra la terza e la quarta fascia, pur
conservando lo stesso punteggio attribuito loro pochi mesi prima, si sono
di fatto trovati superati da docenti che erano collocati nella quarta fascia,
ossia in posizione deteriore. Da tanto deriva la sicura rilevanza della
presente questione, perché una declaratoria di illegittimità
costituzionale nei termini sollecitati determinerebbe il recupero dell'originaria
posizione in graduatoria.
Per dare conto della non manifesta infondatezza
della questione, il Tar premette una breve ricostruzione delle principali
tappe normative che hanno condotto alla situazione attuale, a partire dalla
legge n. 124 del 1999. Questa, nel modificare gli artt. 399 e 401 del decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ha stabilito che le graduatorie dei
concorsi per soli titoli venissero trasformate in graduatorie permanenti,
dalle quali attingere il cinquanta per cento degli insegnanti da nominare
in ruolo, rimanendo il restante cinquanta per cento da coprire con concorsi
per titoli ed esami. Nell'individuare, all'art. 2, commi 1, 2 e 3, i docenti
aventi diritto all'inserimento in sede di prima integrazione delle graduatorie
permanenti, la legge n. 124 del 1999 rimandava ad un successivo decreto
ministeriale la definizione delle relative modalità applicative;
in esecuzione di tale previsione, sono stati quindi emanati nel 2000 i
due decreti ministeriali già menzionati. Questi ultimi, come si
è detto, articolando le graduatorie permanenti dei docenti in quattro
fasce, hanno tenuto distinta la posizione degli insegnanti che, oltre ad
avere l'abilitazione, potevano anche vantare un periodo di precariato presso
scuole statali di 360 giorni nell'ultimo triennio, rispetto a quella dei
docenti che non avevano tale anzianità di insegnamento presso le
scuole statali. A seguito dell'annullamento - operato da alcune sentenze
del giudice amministrativo (Tar Lazio, sezione III-bis, sentenze n. 2838
e n. 3411 del 2001) - dei suddetti decreti, nella parte in cui prevedevano
la suddivisione delle graduatorie in quattro fasce, è poi intervenuta
la norma impugnata la quale, ad avviso del remittente, non possiede le
caratteristiche dell'interpretazione autentica benché si qualifichi
in tali termini (viene richiamata, in proposito, la sentenza n. 525 del
2000 di questa Corte).
Essa, infatti, in contrasto con l'art. 3 Cost. sotto
il profilo della ragionevolezza e della tutela del principio dell'affidamento,
è andata a modificare con efficacia retroattiva le disposizioni
regolamentari del 2000 (che tenevano distinte la terza e la quarta fascia)
senza che traesse alcuna giustificazione né dall'esigenza di chiarire
il significato dell'art. 2, comma 1, della legge n. 124 del 1999 (che aveva
già sancito una differenza tra i docenti abilitati a seconda che
avessero svolto o meno presso scuole statali un periodo di precariato di
360 giorni nell'ultimo triennio) né da quella del bilanciamento
di interessi costituzionalmente protetti.
Peraltro, secondo quanto affermato nelle sentenze
di questa Corte n. 136 del 2001 e n. 229 del 1999, anche a prescindere
dal carattere interpretativo della disposizione stessa, la sua portata
retroattiva si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza
non tanto per la prevista modifica della disciplina transitoria in questione,
quanto per l'incidenza di tale modifica su situazioni già definite
in conformità dei criteri contenuti nell'indicata normativa regolamentare.
Ad avviso del giudice a quo, l'art. 1, comma 2,
del D.L. n. 255 del 2001 sarebbe, inoltre, lesivo anche del principio di
buon andamento di cui all'art. 97 Cost., in quanto l'accorpamento dei docenti
appartenenti alle precedenti terza e quarta fascia condurrebbe ad effettuare
nomine in ruolo non coerenti con il curriculum degli insegnanti e con i
requisiti richiesti fino al 1999 per poter partecipare ai soppressi concorsi
per soli titoli.
Per le stesse ragioni individuate a proposito del
comma 2, il Tar dell'Emilia-Romagna ritiene di dover sottoporre allo scrutinio
di questa Corte anche il comma 7 del medesimo art. 1 del D.L: n. 255 del
2001. Secondo il remittente, infatti, tale norma, nel prevedere che le
graduatorie permanenti vengano "riarticolate" in ossequio ai criteri ivi
fissati, stabilisce pure che la riarticolazione non abbia alcun effetto
sulle nomine in ruolo già conferite, "che sono fatte salve nei casi
in cui gli interessati non siano più in posizione utile ai fini
delle nomine stesse". In altre parole, ciò comporta che i docenti
collocati nella disciolta terza fascia e già nominati in ruolo,
o perché situati nelle posizioni più alte della graduatoria
o semplicemente perché l'amministrazione è stata più
sollecita, vedono salvaguardata la loro posizione; ma tale limitata tutela
dell'affidamento realizza un'irragionevole disparità di trattamento
con gli altri docenti che, invece, perdono analoga possibilità pur
facendo parte della medesima fascia di insegnanti abilitati.
2 - E' intervenuto in giudizio il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile
ovvero infondata.
Osserva in primo luogo la difesa erariale che l'art.
1 del D.L. n. 255 del 2001 contiene una norma di interpretazione autentica
priva di ogni carattere innovativo rispetto all'art. 2, commi 1 e 2, della
legge n. 124 del 1999. Entrambe le norme, infatti, prevedono - alle lettere
a) e b) - solo due sub-graduatorie: alla prima hanno titolo a partecipare
i docenti già in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa
precedente per la partecipazione ai soppressi concorsi per soli titoli
(ossia aver superato un precedente concorso per titoli ed esami anche a
soli fini di abilitazione ed aver svolto un periodo di insegnamento precario
non inferiore a 360 giorni nell'ultimo triennio); alla seconda sono invece
ammessi i docenti che hanno la medesima qualificazione professionale (perché
hanno superato un precedente concorso per titoli ed esami anche a soli
fini di abilitazione) senza però poter vantare il precariato di
servizio; analogamente la legge valuta coloro che hanno conseguito l'abilitazione
tramite la sessione riservata di cui all'art. 2, comma 4, della medesima
legge n. 124 del 1999. L'impugnato art. 1, comma 2, non fa altro che specificare
quanto già contenuto nella norma precedente, in particolare prescrivendo
che nel nuovo "secondo scaglione" confluiscano i docenti che hanno maturato
i requisiti richiesti per la partecipazione ai soppressi concorsi per soli
titoli alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande
di inclusione nella graduatoria permanente, in precedenza previsti dall'art.
2, comma 4, lettera a2), del d.m. n. 123 del 2000. Risulta evidente che,
con tale statuizione, la norma interpretativa si limita a chiarire il senso
della precedente disciplina introdotta dalla legge n. 124 del 1999, la
cui sola vera innovazione è rappresentata dalla previsione della
possibilità di inserimento nelle graduatorie permanenti (e, quindi,
di ingresso in ruolo) anche per i docenti che non possono far valere alcun
titolo di servizio in aggiunta al conseguimento dell'abilitazione.
La questione prospettata si fonda essenzialmente
sul fatto che i ricorrenti, a seguito dell'unificazione nel secondo scaglione
delle precedenti terza e quarta fascia, sono stati posti sul medesimo piano
di quei docenti che hanno maturato i requisiti per partecipare alla sessione
riservata di abilitazione (360 giorni di precariato: art. 2, comma 4, della
legge n. 124 del 1999) grazie ad insegnamenti svolti nelle scuole non statali
(parificate, pareggiate o legalmente riconosciute). Ma tale questione è,
a detta dell'Avvocatura dello Stato, infondata.
Com'è stato già osservato dal Tar
del Piemonte (sentenza 21 novembre 2001, n. 2163), infatti, il legislatore
del 2001, pur ammettendo che potessero essere fatti valere i periodi di
insegnamento presso scuole non statali, ha tuttavia mantenuto una differente
modalità di valutazione delle due situazioni; l'art. 1, comma 3,
del D.L. n. 255 del 2001 stabilisce che, in sede di prima integrazione
delle graduatorie permanenti, i titoli posseduti dai vari aspiranti vengano
valutati secondo quanto previsto dalla tabella di cui all'allegato A del
D.M. n. 123 del 2000; tabella che prevede per il servizio svolto nelle
scuole statali (B) un valore doppio rispetto a quello prestato nelle scuole
non statali (C). Il legislatore, dunque, non ha integralmente uguagliato
i due tipi di servizio, limitandosi a fissare, nell'ambito della sua discrezionalità,
la rispettiva valutazione di due situazioni oggettivamente diverse.
L'Avvocatura dello Stato, perciò, conclude
nel senso che alla luce della giurisprudenza costituzionale non sia possibile
invocare, come fa il giudice remittente, alcun divieto a che gli insegnanti
della scuola privata e quelli della scuola pubblica vengano posti sullo
stesso piano ai fini dell'ingresso in ruolo.
3 - Si sono costituite in giudizio alcune delle
ricorrenti del giudizio principale chiedendo l'accoglimento della prospettata
questione.
4 - Nel corso di altri giudizi amministrativi di
analogo contenuto, tutti promossi da docenti già inseriti nelle
graduatorie permanenti degli abilitati (terza fascia di cui ai decreti
ministeriali 27 marzo 2000, n. 123 e 18 maggio 2000), per ottenere l'annullamento
delle graduatorie medesime, il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna,
sede di Bologna, seconda sezione, con altre tre ordinanze di contenuto
pressoché uguale, ha sollevato identica questione di legittimità
costituzionale, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali (r.o.
n. 256, n. 289 e n. 790 del 2003).
5 - Anche negli altri tre giudizi che si sono instaurati
dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
con tre atti identici a quello relativo al giudizio di cui si è
detto sopra, rassegnando le medesime conclusioni.
1- Il Tar dell'Emilia-Romagna dubita della legittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dell'articolo 1,
comma 2, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 (Disposizioni urgenti
per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002), convertito,
con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, in quanto, modificando
con efficacia retroattiva il regolamento ministeriale n. 123 del 2000 e
il decreto ministeriale 18 maggio 2000 ed eliminando ogni distinzione tra
coloro che avevano i requisiti per essere iscritti nella terza fascia e
coloro che, viceversa, non li avevano, avrebbe del tutto irragionevolmente
leso il diritto degli iscritti nella terza fascia all'affidamento riguardo
al godimento di una posizione prioritaria rispetto a coloro che erano stati
inclusi nella quarta fascia.
Il giudice remittente sospetta egualmente della
legittimità costituzionale del comma 7 dello stesso articolo 1,
il quale, facendo salve le assunzioni già avvenute sulla base dell'originaria
formulazione del regolamento, avrebbe creato una distinzione fondata su
un elemento estrinseco, in tal modo procurando irragionevolmente vantaggio
a taluni e correlativamente svantaggio ad altri.
2 - Le questioni vengono sollevate con quattro ordinanze
di contenuto identico: pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti
per essere definiti con unica pronuncia.
3 - Le questioni non sono fondate.
A proposito delle c.d. leggi di interpretazione
autentica, questa Corte ha più volte affermato che "il legislatore
può porre norme che retroattivamente precisino il significato di
altre norme preesistenti, ovvero impongano una delle possibili varianti
di senso del testo originario, purché compatibile con il tenore
letterale di esso". La Corte ha anche precisato che "in tali casi il problema
da affrontare riguarda non tanto la natura della legge, quanto piuttosto
i limiti che la sua portata retroattiva incontra alla luce del principio
di ragionevolezza e del rispetto di altri valori ed interessi costituzionalmente
protetti" (v., ex plurimis, sentenze n. 291 del 2003, n. 525 del 2000,
n. 229 del 1999, n. 421 e n. 376 del 1995).
Riguardo a questi ultimi ed a ciò che più
in particolare concerne la prima delle questioni in esame, questa Corte
ha affermato che "in linea generale, l'affidamento del cittadino nella
sicurezza giuridica – essenziale elemento dello Stato di diritto – non
può essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori" (v.,
ex plurimis, sentenza n. 446 del 2002).
4 - Nel caso di specie l'affidamento che, ad avviso
del remittente, sarebbe leso dalla norma censurata trova il suo fondamento
non sulla legge, bensì su di una normativa secondaria costituita
dal regolamento n. 123 del 2000 e dal decreto ministeriale 18 maggio 2000.
Le ordinanze di rimessione, infatti, non indicano le disposizioni della
legge n. 124 del 1999, fonte di legittimità del regolamento, che
avrebbero previsto la distribuzione dei precari in quattro scaglioni o
fasce ed, in particolare, la inclusione in terza o quarta fascia a seconda
che gli interessati avessero prestato o meno servizio di insegnamento negli
istituti statali per il tempo prescritto.
Inoltre gli atti amministrativi suindicati, che
dovrebbero costituire la base dell'affidamento e giustificarne la tutela,
sono stati immediatamente impugnati ed annullati dal giudice di primo grado.
Né può considerarsi diversa la conclusione cui è pervenuto
il Consiglio di Stato il quale, decidendo sugli appelli contro tali sentenze,
ha ritenuto che la norma ora in esame, costituente jus superveniens in
quei giudizi, avesse realizzato l'interesse che si voleva tutelare con
l'azione giudiziaria.
Le difese delle parti private, per dare sostegno
alla invocata tutela dell'affidamento, hanno richiamato il decreto-legge
28 agosto 2000, n. 240, convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre
2000, n. 306, il cui articolo 1, in sede di disciplina di prima integrazione
delle graduatorie permanenti, regola le assunzioni in ruolo del "personale
incluso negli scaglioni di graduatoria, approvati in via definitiva in
data successiva al 31 agosto 2000...". Questa disposizione costituirebbe
il sicuro fondamento legislativo del sistema degli scaglioni previsto dagli
atti amministrativi menzionati e sarebbe idonea a fondare l'affidamento
sulla stabilità di tale sistema.
L'argomentazione non può essere condivisa.
Il sistema degli scaglioni, disciplinato da atti
amministrativi all'epoca ancora efficaci nel loro testo originario, costituisce
il presupposto e non l'oggetto della disposizione citata del d.l. n. 240
del 2000. E' quindi improprio parlare di "legificazione" del sistema stesso.
5 - Il giudice remittente, che pure ha ritenuto
manifestamente infondata la questione di legittimità della stessa
norma (poi censurata per altre ragioni) per non aver nettamente distinto
i possessori del requisito della prestazione dell'insegnamento in istituti
statali da coloro che ne erano privi, sostiene però che la norma
sarebbe tuttavia irragionevole perché la omissione di ogni distinzione
darebbe luogo all'adozione di criteri disomogenei di classificazione dei
docenti.
Anche tale tesi non può essere accolta.
A prescindere dalla sua contraddittorietà,
l'infondatezza di tale affermazione risulta palese ove si noti che l'art.
1, comma 3, del D.L. n. 255 del 2001 stabilisce che, in sede di prima integrazione
delle graduatorie permanenti, i titoli dei candidati vengono valutati,
all'interno dei (residui) due scaglioni, secondo la vecchia tabella approvata
con decreto ministeriale 29 marzo 1993 e modificata con decreto ministeriale
29 gennaio 1994, allegata al regolamento del 2000. In tale tabella al servizio
prestato in istituti statali viene attribuito un punteggio doppio rispetto
a quello riconosciuto al servizio prestato in istituti non statali.
Ne consegue che nel complesso normativo applicabile
nei giudizi a quibus l'equiparazione tra i due suddetti servizi di insegnamento
non vi è stata, in quanto nella prima integrazione delle graduatorie
si è tenuto conto della diversità esistente, ai fini del
precariato, tra i vari tipi di scuola. Infatti, solo a decorrere dal 1°
settembre 2000 tale differenziazione è stata abbandonata per "i
servizi di insegnamento prestati … nelle scuole paritarie di cui alla legge
10 marzo 2000, n. 62" (art. 2, comma 2, del D.L. n. 255 del 2001).
6 - Per quel che riguarda la questione relativa
al comma 7 dell'art. 1 dello stesso D.L. n. 255 del 2001, a dimostrarne
l'infondatezza è sufficiente il rilievo che la norma è ispirata
all'esigenza di tutelare l'affidamento di coloro che hanno conseguito l'immissione
in ruolo, sulla base della normativa regolamentare nella sua versione originaria
e delle graduatorie formate in applicazione di tale normativa.
E' contraddittoria la tesi del remittente secondo
la quale mentre - in riferimento al comma 2 del medesimo art. 1 - sarebbe
degno di tutela l'affidamento di chi, avendo una certa posizione in una
graduatoria, avrebbe potuto confidare di non essere, in futuro, scavalcato
da alcuni di coloro che nella medesima lo seguivano, viceversa - con riguardo
al comma 7 della medesima disposizione - sarebbe irragionevole la salvaguardia
dei diritti di coloro che hanno effettivamente ottenuto l'immissione in
ruolo, così conseguendo una posizione rispetto alla quale la collocazione
in graduatoria poteva dar luogo solo ad una qualche aspettativa. Infatti
di ben diversa consistenza sono le ragioni che giustificano la salvaguardia
di una situazione (l'acquisizione di un posto di ruolo) caratterizzata
nella attualità dal diritto alla sua permanenza - jus in officio
- rispetto a quelle che possono essere addotte per rivendicare la conservazione
di una posizione per sua natura virtuale (collocamento in una graduatoria).
Riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 7, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 (Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002), convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, sede di Bologna, seconda sezione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2004.
Depositata in Cancelleria l'11 giugno 2004.
Home Page |
---|