IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
SEZIONE III BIS
composto dai Signori Magistrati:
Consigliere Roberto SCOGNAMIGLIO Presidente
Consigliere Vito CARELLA Componente
Consigliere Franco Angelo Maria DE BERNARDI Componente
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 8050 del 2002 proposto da MANCINI Antonella Anna, MARRONE Maria Gaetana, MAZZOTTA Carmela, MORETTI Floriana e MONOPOLI Pasqua, rappresentate e difese dall’Avv. Franco Carrozzo ed elettivamente domiciliate in Roma presso lo studio dell’Avv. Edoardo Bruno al Viale G. Cesare n. 95,
C O N T R O
Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca Scientifica, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato;Centro Servizi Amministrativi per la Provincia di Lecce, n.c.;
Centro Servizi Amministrativi per la Provincia di Bari, n.c.;
di Iannucci Remo in proprio e nella qualità di Presidente e legale rappresentante del Comitato Insegnanti Precari di Roma rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Selvaggi e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, Via Nomentana n. 76;
e con l’intervento IN OPPOSIZIONE
di Barbara Lorusso, Isabella Suriano, Patrizia Giovanna Gammino, Filomena Ferrante, Claudia Mazzilli, Maria Carmela Tarricono, Maria Angela Spagnuolo, Rosa Verni, Rosa Tagarelli, Erminia Ruggiero, Patrizia Mongelli, Annamaria Lazoi, Maria Pia Rossi, Angela Montemurro, Maria Bisceglia, Alessandra Speranza, Stefania De Pace, Alessandra De Robertis, Rosa Carella, Gaetano De Biase, Tiziana D’Aurea, Francesca Rugge, Pasquale Zampetti, Rossana De Candia, Vanessa Vizziello, Sabrina Turturro, Francesca Sciannimanico, Giammarino Giacobello, Michele Loporcaro, Ivana Lastilla, Anita Pisciazzi, Domenica Pallicano, Teresa Lucia Intranuovo, Maria Rita Fazio, Fara Lacenere, rappresentati e difesi dall’Avv. Gioia Vaccari, ed elettivamente domiciliati presso lo studio della stessa in Roma, Via Monte delle Gioie n. 29;
E NEI CONFRONTI DI
Grenzi Lucia, Campanelli Valeria, Vergine Luigi, n.c;
Rizzo Gabriella, n.c.;
PER L’ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIONE
a) in parte qua della C.M. n. 69 del 14.6.02;Visto il ricorso con i relativi allegati;b) di ogni altro atto o provvedimento preordinato, collegato o conseguenziale;
Visti gli atti di costituzione dell’amministrazione intimata e dei controinteressati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 25 luglio 2002 relatore il Cons. Roberto Scognamiglio uditi i difensori come da verbale di udienza.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. - Con atto notificato in data 10 luglio 2002 al Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ai Centri servizi
amministrativi per le provincie di Lecce e di Bari e a Rizzo Gabriella
i ricorrenti, alcuni destinatari della sentenza di questa Sezione 28 maggio
2002 n. 4731, altri autori di ricorsi tuttora pendenti, hanno impugnato,
nella parte censurata, la circolare ministeriale 14 giugno 2002 n. 69,
con la quale sono state impartite disposizioni per dare esecuzione alla
anzidetta pronuncia.
In particolare i ricorrenti contestano la circolare nella parte in
cui la detrazione del punteggio per i servizi di insegnamento prestati
dagli specializzati presso le SSIS durante il biennio di frequenza dei
corsi di specializzazione viene limitata ai soli periodi di coincidenza
del servizio con la effettiva attivazione e frequenza dei corsi e non per
l’intero biennio di durata legale dei corsi di specializzazione e solo
per le graduatorie nelle quasi esse beneficiano dell’attribuzione del punteggio
fisso aggiuntivo di trenta punti.
2. – La rinuncia alla parte del ricorso volto a censurare le
graduatorie formate dai Centri dei servizi amministrativi delle provincie
di Lecce e di Bari in applicazione della circolare anzidetta ha consentito
al Collegio, nella medesima camera di consiglio fissata per discutere la
misura cautelare richiesta, di convertire quest’ultima in sentenza in applicazione
dell’art. 21, comma decimo, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come integrato
dalla legge 21 luglio 2000 n. 205.
Il Collegio ha, pertanto, invitato le parti presenti a svolgere le
difese in vista della definizione del giudizio direttamente nel merito
ai sensi dell’art. 26 della citata legge 1034 del 1971, sussistendone i
presupposti.
3. – Sono presenti alcuni interventori in opposizione (Lorusso
Barbara ed altri), altri in adesione (il Comitato insegnanti precari di
Roma e Iannucci Remo in proprio e in qualità di presidente e legale
rappresentante del comitato).
Per quanto riguarda la posizione degli interventori in adesione, rispetto
alla quale l’Amministrazione nulla eccepisce, deve essere considerata ammissibile
la loro partecipazione al giudizio atteso che, pur essendo portatori di
un interesse identico a quello dei ricorrenti, e quindi cointeressati,
essi hanno proposto l’intervento entro l’ordinario termine di decadenza
(T.A.R. Abruzzo – Sede, 14 febbraio 1990 n. 100).
4. – E’ irrilevante il fatto che i ricorrenti, che sono parte
in altri giudizi instaurati contro i provvedimenti che hanno disciplinato
dall’origine la vicenda in esame (decreto direttoriale del 12 febbraio
2002 e nuova tabella di valutazione dei titoli contenuta nel decreto ministeriale
12 febbraio 2002 n. 11, in parte annullati dalla sentenza 4731 del 2002)
abbiano proposto ricorso autonomo e non motivi aggiunti nei ricorsi tuttora
pendenti.
La disposizione di economia processuale dettata dall’art. 21, comma
primo, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come integrata dalla legge
21 luglio 2000 n. 205, costituisce una facoltà a favore degli interessati.
Nel caso di specie la parte ricorrente, della quale si discute, ha
evidentemente ritenuto opportuno di non avvalersi di tale disposizione
volendo, proprio per ragioni di economia processuale, affiancarsi ai soggetti
destinatari di sentenza, per i quali l’impugnativa autonoma era l’unica
strada percorribile.
5. – Nessun dubbio sulla proponibilità del ricorso, attesa
la reale consistenza della circolare impugnata. Questa, infatti, non è
meramente interpretativa.
Lontana dall’aver un contenuto esplicativo della legge e delle sentenze
di questo giudice amministrativo, con l’intento di fornire criteri di applicazione
uniforme, la circolare ha carattere evidentemente dispositivo.
E invero, in contraddizione con le statuizioni delle sentenze, alle
quali l’Amministrazione mostra piena acquiescenza ("l’Amministrazione,
tenuto conto dell’avviso espresso dall’Avvocatura Generale, ritiene non
sussistano le condizioni per potere proporre appello al Consiglio di Stato"),
la medesima introduce modifiche alla disciplina che risulta dalla interpretazione
data da questo giudice amministrativo (non contestata dalla Amministrazione
e che ha condotto all’annullamento in parte della normativa regolamentare)
sul metodo e sulla misura della valutazione delle abilitazioni conseguite
alla conclusione della frequenza delle Scuole di specializzazione per l’insegnamento
secondario ai fini dell’inserimento degli abilitati nelle graduatorie permanenti,
nonché dall’aggiornamento delle loro posizioni nell’ambito delle
stesse.
Né possono esservi dubbi sulla immediata lesività delle
disposizioni introdotte dalla circolare impugnata in manifesta elusione
del giudicato.
Il docente in possesso di abilitazione ordinaria sa bene di essere
superato nella graduatoria dal collega con gli stessi anni di servizio
e stessi titoli culturali e professionali per il solo possesso dell’abilitazione
speciale SSIS.
6. – Prima di passare all’esame dei due punti contestati è
il caso di premettere che la Sezione, attraverso le proprie sentenze, ha
dato una lettura della disciplina in chiave tutta europea, la compatibilità
della quale sia con la normativa comunitaria, che costituzionale è
fondata su un presupposto chiaro e inequivocabile: i corsi SSIS devono
rispondere a parametri di completezza e, soprattutto, di serietà:
i quali soli giustificano il trattamento di estremo favore riservato ai
corsisti nei confronti degli altri soggetti che conseguono l’abilitazione
nei modi ordinari.
Ci si riferisce non tanto al meccanismo poco commendevole degli esami
abilitanti, che hanno rappresentato per troppo tempo la preferenza verso
sistemi ispirati alle più spregiudicate sanatorie (dalla sentenza
18 aprile 2002 n. 3309: "fino alla svolta impressa dalla legge 3 maggio
1999 n. 124 nella scuola pubblica abbandonavano più i docenti sanati
che quelli veramente meritevoli"); quanto alle abilitazioni conseguite
attraverso il pubblico concorso, della cui serietà non è
dato certo di dubitare.
Se crolla il detto presupposto, la disciplina si pone in contrasto
col principio costituzionale (e, quindi, mediatamente con le regole comunitarie)
che riserva l’accesso ai pubblici uffici ai migliori, ai soggetti più
preparati e con più elevata professionalità (principio antico,
soventissimamente disatteso).
Non a caso nella sentenza (tra le altre) 4731 del 2002 la Sezione aveva
auspicato "prevedibili modificazioni legislative per attribuire ai corsi
di specializzazione connotati di completezza e di serietà maggiori
di quelli che attualmente li caratterizzano".
Allo stato attuale, attraverso le innovazioni introdotte con la circolare
impugnata, falsamente interpretativa di passaggi delle sentenze che dicono
proprio il contrario e, soprattutto, dell’illuminato parere del Consiglio
nazionale della pubblica istruzione reso nell’adunanza del 14 gennaio 2002,
che l’Amministrazione illegittimamente insiste nel disattendere, è
sicuramente messa a dura prova la credibilità stessa delle scuole
SSIS.
Non può passare inosservato il fatto che l’Amministrazione non
ha mai fornito elementi concreti per valutare in modo convincente la conformità
dell’organizzazione delle SSIS ai parametri comunitari.
Le premesse dalle quali partono le sentenze sono frutto di un atto
di fede scaturito dalla documentazione in atti e, come tale, unica fonte
di convincimento.
7. – La Sezione ha avuto occasione di definire, con dovizia di
particolari, il modo di essere delle scuole di specializzazione attraverso
la sentenza 4731 del 2002, alla quale si rinvia. In quella è stato
osservato che i principi di diritto comunitario nella materia della formazione
professionale, sottesi alla disciplina delle scuole di specializzazione,
richiedono ai partecipanti ai relativi corsi un impegno di studio serio
ed esclusivo, incompatibile con il contemporaneo svolgimento di attività
lavorativa.
Il rigore comunitario non ammette deroghe alla compiutezza della formazione,
tanto da pretendere che lo specializzando dedichi la sua intera attività
professionale alla preparazione teorica e pratica.
Le scuole di specializzazione devono, infatti, rispondere alla esigenza
di assicurare in Europa uniformità alla professione, essere ispirate
al principio di libera circolazione in ambito comunitario, di reciproco
riconoscimento dei diplomi e destinate ad agevolare l’esercizio effettivo
del diritto di stabilimento e di libera prestazione delle attività
professionali.
Se il discorso è valido per l’esercizio delle professioni libere,
lo è non di meno per le attività professionali dipendenti,
attese le prospettive di piena integrazione europea in tutti i campi del
lavoro e della cultura.
Quando verrà disposta anche l’integrazione della lingua, il
docente dovrà essere pronto a insegnare ovunque in Europa.
L’orientamento comunitario è pure indirizzato a riconoscere
alla attività formativa, proprio per l’esclusività, la gravosità
e la serietà dell’impegno richiesto ai partecipanti ai corsi di
specializzazione, una "adeguata rimunerazione" e, al titolo conseguito,
un autonomo punteggio aggiuntivo (per il solo fatto della specializzazione)
da spendere nelle procedure concorsuali.
Nella disciplina in esame non è ancora prevista la corresponsione
di apposite borse di studio ovvero, addirittura, la costituzione di uno
specifico rapporto esclusivo tra docente in formazione e amministrazioni
universitarie e regionali, che abbia origine in un contratto di "formazione
lavoro" regolarmente retribuito.
Tanto avviene per le scuole di specializzazione annesse alle facoltà
di medicina e chirurgia delle università in forza del decreto legislativo
8 agosto 1991 n. 257, adottato su delega conferita con legge 29 dicembre
1990 n. 428, come diffusamente esaminato in numerose decisioni di questa
Sezione (tra le molte: 6 marzo 2002 n. 1684).
Nello stesso modo, per le scuole di specializzazione per l’insegnamento
secondario non è ancora affermata la esclusività, anche se
deve essere riconosciuta che essa è nei fatti ed è desumibile
dalla organizzazione stessa e dai programmi complessi dei corsi.
E’ difficile immaginare come possa armonicamente conciliarsi con l’impegno,
serio e gravoso, richiesto ai corsisti SSIS la contemporanea prestazione
di attività di insegnamento, che- come è risaputo – non si
esaurisce nell’impartire le lezioni nelle ore antimeridiane, ma richiede
la presenza dei docenti nelle attività collaterali, eppure fondamentali
per il corretto espletamento della funzione. Si pensi alle attività
di programmazione, di relazione con gli utenti, di preparazione delle lezioni
e alle frequenti e svariate attività collegiali.
Si ponga mente all’elevato monte – ore delle lezioni (1200 ore: art.
2, comma sesta, decreto ministeriale 26 maggio 1998); alla preparazione
e partecipazione alle prove di valutazione da superare durante il corso,
che attribuiscono il punteggio previsto dall’art. 5 del decreto 268 del
2001; alle intense attività di tirocinio e di laboratorio didattico
svolte nel biennio di formazione (art. 4 del citato 268 del 2002); alle
esperienze da acquisire presso istituzioni scolastiche (art. 1, lett. f,
del decreto ministeriale 26 maggio 1998); agli adempimenti dei corsisti
in relazione all’impegno didattico complessivo sulla base delle disposizioni
attuative del decreto ministeriale 21 luglio 1997 n. 245 in materia di
frequenza a tempo pieno e a tempo parziale nei corsi universitari (art.
2, comma sesto, del decreto ministeriale 26 maggio 1998).
Deve essere, inoltre, considerata la situazione degli insegnanti che,
per frequentare i corsi SSIS, istituiti presso un non elevato numero di
Università, sono costretti a espletare il servizio di insegnamento
in condizioni davvero gravose e con enormi sacrifici, anche fisici ed economici.
Non apprezzare queste realtà finirebbe per discriminare tra
loro gli stessi insegnanti a seconda che la sede di servizio coincida o
meno con la sede della scuola di specializzazione.
Sulla base del complesso delle considerazioni innanzi svolte, per il
modo stesso col quale sono organizzati i corsi, deve essere esclusa la
compatibilità di fatto con il contemporaneo svolgimento del servizio
di istituto.
8. – E’ il momento di chiarire le cose per dissipare il corposo
equivoco nel quale sono caduti gli interventori in opposizione: equivoco
che è anche alla base della circolare impugnata.
In primo luogo, la circolare 14 giugno 2002 n. 69 impugnata non dà
corretta esecuzione alla sentenza 4731 del 2002 (e altre similari).
Per questo, la circolare non lede gli interessi degli interventori
perché sottrae troppo poco rispetto a quanto enunciato con chiarezza
dalla sentenza anzidetta, alla quale l’Amministrazione ha mostrato di fare
acquiescenza.
In secondo luogo è da rilevare che la sentenza non ha mai asserito
la illegittimità (più correttamente: la illiceità)
del servizio di insegnamento prestato durante la frequenza della scuola
di specializzazione (né ha affermata la illegittimità della
sua valutazione), così come non ha mai parlato di incompatibilità
tra le due cose.
Per corrispondere allo spirito della normativa comunitaria, la formazione
di insegnanti specializzati si configura come un servizio da rendere nell’interesse
preminente della comunità (sia statale che europea).
Gli oneri devono essere, pertanto, a carico della comunità medesima.
Agli specializzandi vanno (in cambio) logicamente imposte regole per
assicurare un esito fruttuoso all’impegno pubblico sostenuto per foggiare
personale docente altamente specializzato.
In mancanza (temporanea o meno) di appositi finanziamenti pubblici,
lo Stato deve pure assicurare che siano soddisfatte le elementari esigenze
di sopravvivenza del personale che frequenta il corso.
Per questo la esclusività dell’insegnamento affermato in via
interpretativa dalla sentenza trova un (abbastanza) ragionevole contemperamento
nella reale situazione organizzativa dei corsi.
L’Amministrazione, infatti, ha distribuito gli orari dei corsi anche
in funzione delle attività di insegnamento degli specializzandi
precari, agevolandone in tale modo, così come sancito dall’art.
14 del vigente contratto collettivo di lavoro del personale docente della
scuola e della circolare ministeriale 130 del 2000 la prestazione di attività
di insegnamento a fini retributivi.
Di certo una simile occasione non è offerta a tutti. Solo i
precari più meritevoli (cioè con un sufficiente bagaglio
di punteggio) hanno agevolata la possibilità di svolgere, durante
i corsi, una attività lavorativa di insegnamento ai fini del loro
sostentamento.
Restano fuori dal beneficio i precari meno meritevoli, costretti a
seguire orari certamente meno comodi per chi non ha alcuna occupazione.
Poiché alla base del conseguimento di incarichi di insegnamento
precario è il proprio merito (che si traduce nel punteggio in dotazione),
non è ravvisabile disparità di trattamento nella situazione
di fatto sopra descritta.
E’ peraltro da riconoscere che la situazione di fatto anzidetta, che
consente ai corsisti di svolgere attività di insegnamento (attività
che dovrebbe essere preclusa ove la partecipazione ai corsi fosse retribuita)
si pone ai limiti dello spirito comunitario, atteso che essa sfiora a distanza
ravvicinatissima il limite di credibilità dei corsi SSIS.
E’ solo un atto di fede ritenere conciliabile l’attività di
insegnamento che, come sopra ricordato, non si esaurisce nell’impartire
le lezioni nelle ore antimeridiane, con la pesante, impegnativa, stancante
partecipazione ai corsi SSIS, da fare rientrare in un arco di tempo giornaliero
che anche per i "sissini" dura appena ventiquattro ore.
Atto di fede necessario ove si consideri le mancanza di impegno finanziario
da parte dello Stato.
Tutto questo senza dimenticare che nei corsi SSIS all’attività
di apprendimento deve aggiungersi una complessa attività di tirocinio,
altrettanto fondamentale nella preparazione specializzata degli insegnanti
di scuola secondaria.
L’art. 1 del decreto ministeriale 26 maggio 1998, nel dare conto delle
definizioni dei termini utilizzati nel provvedimento, descrive il "tirocinio"
come il composto delle esperienze svolte presso istituzioni scolastiche
al fine dell’integrazione tra competenze teoriche e competenze operative.
Inoltre, all’art. 2 comma nono, dello stesso decreto del 26 maggio
1998 è espressamente previsto che, nella organizzazione delle attività
della scuola, le università (alle quali è demandata la gestione
delle scuole) "tengono conto, ai fini dei necessari raccordi, dei momenti
formativi previsti quale formazione in servizio degli insegnanti".
Negli schemi di convenzione tra le scuole di specializzazione e gli
istituti scolastici impegnati a svolgere attività di tirocinio che
gli specializzandi sono tenuti a svolgere all’interno delle scuole (secondo
la notorietà del fatto che risulta al Collegio e alle parti attualmente
in causa, siccome derivante da documenti depositati nel giudizio relativo
alla sentenza 3309 del 2001), è dato cogliere la complessità
dei programmi e la gravosità dell’impegno destinato a protrarsi
"per almeno due anni".
In particolare, le attività alle quali devono dedicarsi i docenti
in formazione iscritti alle SSIS in qualità di tirocinanti sono
generalmente le seguenti:
osservazione, analisi e discussione delle attività collegiali di programmazione, gestione e valutazione didattica;
osservazione, definizione secondo parametri univoci e negoziati;
analisi e discussione delle attività educative e del sistema di relazioni in classe;
partecipazione alla progettazione, progettazione autonoma e sperimentazione di attività didattiche e di materiali didattici;
assunzione di responsabilità didattiche in specifici ambiti disciplinari o funzionali a specifici obiettivi formativi;
definizione secondo parametri univoci e negoziati, analisi, discussione ed autovalutazione delle attività svolte.
9. – E’ il momento di esaminare in particolare i punti contestati.
Il primo, si ricorda, riguarda la possibilità di ritenere assorbito
nel punteggio spettante per l’abilitazione conseguita alla conclusione
positiva del corso (comprendente il buono di trenta punti) soltanto il
punteggio che spetterebbe per il servizio prestato contemporaneamente nei
limiti della effettiva durata del corso.
Le sentenze del maggio 2002 avevano con chiarezza detto quanto segue:
"Considerato che il decreto ministeriale 26 maggio 1998, che disciplina
l’organizzazione delle anzidette scuole, conferma che la durata curriculare
del corso è di due anni, apparirebbe del tutto inutile una precipitosa
concentrazione della durata concreta di detti corsi entro tempi più
ristretti, a detrimento di una preparazione seria e completa: la sola che
giustifica l’attribuzione del punteggio aggiuntivo.
Ove questo fosse in ipotesi avvenuto, ancorché come manifestazione
di autonomia universitaria, è incontestabile che il servizio di
insegnamento prestato a qualsiasi titolo successivamente a una frettolosa
conclusione del corso, non può essere considerato, si ripete, che
come periodo di esercitazioni pratiche attinenti obbligatoriamente alla
formazione impartita nella scuola di specializzazione di durata biennale:
pertanto, non valutabile come autonomo servizio.
Una diversa interpretazione, che cercasse in altro modo di giustificare
l’aggiuntività del punteggio in questione, aprirebbe il fronte a
evidenti censure di disparità, di irragionevolezza, di difetto di
proporzionalità e di adeguatezza di questa specifica determinazione
adottata dall’amministrazione".
Non è comprensibile l’accanimento difensivo dell’Amministrazione
a favore di una sola categoria di docenti e, segnatamente, in pregiudizio
della categoria fino ad ora sicuramente la più meritevole: quella
che ha superato il pubblico concorso, pure classificandosi solo tra gli
idonei.
Il rischio concreto è quello di fare cadere l’intera impalcatura
sulla quale, in modo abbastanza precario, si regge il discorso delle SSIS,
che di per sé è difficile conciliare del tutto con il rigore
comunitario.
Questo, senza tenere conto di quel particolare "valore aggiunto" (si
intende: 30 punti) che l’ordinamento ha voluto attribuire alle abilitazioni
conseguite alla conclusione di un corso di specializzazione e, segnatamente,
di quel "massimo del valore aggiunto" riconosciuto dalla legge 27 ottobre
2002 n. 306, di conversione con modificazioni del decreto-legge 28 agosto
2000 n. 240 (si intende: la iscrizione diretta nelle graduatorie permanenti
senza passare per il concorso).
Se viene stravolta la logica del sistema, sorgerebbero seri dubbi di
costituzionalità sull’intero assetto normativo che riguarda le SSIS.
Cade, di conseguenza, ogni motivo di ragionare sulla durata del corso
SSIS, da misurare in termini di anno scolastico ovvero di anno accademico.
Considerato che la durata legale dei corsi SSIS è biennale,
i docenti che conseguono l’abilitazione non hanno titolo ad avere accreditato
alcuno dei 24 punti attribuibili (nel massimo) per due anni di insegnamento,
secondo la tabella di valutazione aggiornata con il decreto ministeriale
12 febbraio 2002 n. 11.
Pertanto, ove pure il corso SSIS durasse in concreto meno di due anni
(cosa che potrebbe comportare mancanza di credibilità a livello
europeo), il servizio di insegnamento eventualmente prestato durante il
biennio di durata curricolare del corso (una parte del quale coincidente
con esso; l’altra collocato al di fuori del corso) in ogni caso deve ritenersi
improduttivo di punteggio utile ai fini del bagaglio in dotazione del docente.
Si tratta, infatti, di servizio di insegnamento sostitutivo o comunque
integrativo del tirocinio e, come tale, già ampiamente compensato
(in termini di punteggio) con il (più che generoso) buono di trenta
punti.
Il servizio prestato al di fuori della effettiva partecipazione al
corso, che comunque rientra nel periodo biennale di durata legale del corso,
vale anche esso come tirocinio obbligatorio e non può essere computato
due volte.
10. – Il secondo punto riguarda l’assorbimento del punteggio
relativo al servizio prestato contemporaneamente alla frequenza del corso
in relazione alla graduatoria nella quale si chiede l’iscrizione.
E’ il caso di un docente dotato di abilitazione ordinaria in una certa
materia (lingua francese) che, durante il corso SSIS relativo a materie
scientifiche, per sostentarsi svolge attività di insegnamento precario
in quella materia (lingua francese).
Certamente il servizio di insegnamento anche nella materia diversa
da quelle relative all’area disciplinare frequentata presso la SSIS vale
come tirocinio per il corso SSIS.
Per questo motivo l’insegnamento della lingua francese non è
produttivo di autonomo punteggio che possa sommarsi al punteggio spettante
per l’abilitazione SSIS.
Pure, non vi sono ragioni per negare al detto servizio il riconoscimento
del punteggio (spettante per esso servizio) da utilizzare in ipotesi in
una diversa graduatoria, nella quale il docente ha la possibilità
di iscriversi in forza di abilitazione ordinaria.
Hanno, quindi, ragione di intervenienti in adesione quando osservano
che la incompatibilità della frequenza al corso SSIS con la prestazione
del servizio vale solo ai fini della produzione del punteggio previsto
per il servizio.
Emerge, a questo punto, la inconsistenza del richiamo, da parte degli
interventori in opposizione (nelle loro pure pregevoli e battagliere difese),
a pretesi diritti quesiti sui quali essi avrebbero fatto pieno affidamento.
E’ chiaro, infatti, che nessuno nega al servizio di insegnamento effettivamente
prestato la valutazione che spetta al docente sulla base della nuova tabella
approvata con decreto ministeriale 12 febbraio 2002 n. 11, a condizione
che si tratti di servizio non valutato ai fini della graduatoria nella
quale il docente ha beneficiato dei 30 punti.
Il discorso non cambia nella ipotesi (di scuola) del docente eccezionalmente
dotato, capace sia di frequentare il tirocinio, che di insegnare contemporaneamente.
In tale caso deve con fermezza essere rilevato che l’attività
di insegnamento non può che essere considerata come integrazione
dell’attività di tirocinio e, quindi, improduttivo di punteggio
per la graduatoria relativa all’area disciplinare frequentata presso la
SISS.
Per concludere, si ribadisce che, il servizio prestato in materia diversa
da quelle comprese nelle aree disciplinari che sono state oggetto del corso
di specializzazione, da ritenere sostitutivo ovvero quanto meno integrativo
del tirocinio obbligatorio, non è produttivo di punti valutabili
nella graduatoria nella quale si chiede l’iscrizione in forza della abilitazione
conseguita presso le scuole di specializzazione.
Di contro, deve riconoscersi al docente in formazione il punteggio
che gli spetta per il servizio prestato contemporaneamente alla frequenza
del corso in una materia estranea al corso stesso.
Il servizio in argomento non è mai e in nessun caso produttivo
di autonomo punteggio per la graduatoria in relazione alla quale il servizio
stesso ha sostituito o integrato l’attività di tirocinio delle scuole
di specializzazione.
E’ ancora una volta evidente la ragione: il servizio prestato in materia
diversa, ascrivibile al tirocinio obbligatorio, non può essere computato
due volte.
11. – Le censure messe con l’unico articolato mezzo di gravame
risultano, pertanto, in parte fondate.
Il ricorso deve essere in parte accolto e, per l’effetto, annullata
la circolare impugnata nei limiti sopra indicati.
Le spese possono essere compensate tra i ricorrenti e gli interventori.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione III bis -, accoglie in parte il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei limiti indicati in motivazione.
Spese compensate tra ricorrenti e interventori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.
Così deciso in Roma, dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III bis , nella Camera di consiglio del 25 luglio 2002 con l’intervento dei Signori indicati in epigrafe.
Consigliere Roberto SCOGNAMIGLIO Presidente – Estensore
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