IL TRIBUNALE DI CIVITAVECCHIA

In persona della dott.ssa Stefania Ciani in funzione di Giudice del lavoro ha pronunciato il seguente

DECRETO

Nel procedimento iscritto al n. 3207 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell'anno 2001.

A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 6 dicembre 2001;

letti ed esaminati gli atti di causa, nonché le note depositate da entrambe le parti;

osserva

Con ricorso ex art. 28 Legge n. 300 del 1970, depositato in data 2 novembre 2001, il Sindacato Unicobas Scuola, Segreteria Provinciale di Roma, in persona del segretario provinciale Stefano D'Errico e Caperna Antonio, rappresentante RSU eletto nella lista Unicobas dell'Istituto Comprensivo A. Da Sangallo Manzi, di Civitavecchia, esponeva che il dirigente scolastico dell'Istituto Comprensivo Da Sangallo Manzi, aveva dapprima rigettato la richiesta formulata dal Caperna, in qualità di RSU, di convocazione dell'assemblea in orario di servizio, asserendo che le assemblee sindacali in luoghi di lavoro potrebbero essere indette solo se sottoscritte a maggioranza dai rappresentanti sindacali unitari; successivamente aveva condizionato, all'esisto della sottoscrizione della richiesta anche da parte del secondo membro della RSU, la concessione dei permessi per la partecipazione all'assemblea in orario di servizio alla verifica del permanere della volontà maggioritaria; infine aveva negato l'autorizzazione perché l'assemblea avrebbe dovuto tenersi presso il primo circolo scolastico sito in Civitavecchia, Via Apollodoro n. 88 e non nei locali della scuola Da Sangallo Manzi.

Tutto ciò premesso e ritenuta l'illegittimità e l'antisindacalità del comportamento tenuto, il sindacato Unicobas ricorreva all'intestato Tribunale affinché con decreto immediatamente esecutivo dichiarasse antisindacale la denunciata condotta e, in conseguenza, ordinasse al Ministero della Pubblica Istruzione, al Provveditorato degli Studi di Roma e al Dirigente Scolastico dell'Istituto Comprensivo Da Sangallo Manzi, la cessazione del comportamento antisindacale e discriminatorio posto in essere nei confronti del sindacato ricorrente, e, per l'effetto, vietare la reiterazione di detta condotta, riconoscere il diritto a richiesta del rappresentante sindacale eletto RSU in rappresentanza dell'Unicobas di indire assemblea sindacale in orario di servizio anche fuori della locali dello scuola, sancire la concessione dei permessi agli iscritti all'Unicobas ed al personale dell'Istituto resistente necessari per la partecipazione alle assemblee, inibire ogni verifica circa il permanere della volontà maggioritaria; chiedeva, infine, di disporre l'affissione dell'emanando decreto nei luoghi di lavoro accessibili a tutti i lavoratori per la durata di trenta giorni e la pubblicazione dello stesso sui quotidiani il Messaggero e la Repubblica a cura e spese dei convenuti.

Si costituivano in giudizio, a mezzo dell'ufficio dell'Avvocatura Generale dello Stato, il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, il Provveditorato agli Studi di Roma e l'Istituto Comprensivo Da Sangallo Manzi, ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, che, preliminarmente, eccepivano l'inammissibilità del ricorso proposto dal Caperna; nel merito contestavano la fondatezza del ricorso medesimo chiedendone il rigetto.

All'udienza del 6 dicembre 2001, sentite le parti il Giudice si riservava di decidere concedendo termine per il deposito di note fino al 18 gennaio 2002.

Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai resistenti.

La stessa è solo in parte fondata e merita di essere accolta per quanto di ragione. il presente ricorso, infatti, è stato proposto dal sindacato Unicobas Scuola, Segreteria Provinciale, sulla cui legittimazione attiva, non è dato dubitare, e dal Caperna che, viceversa, in quanto RSU non è legittimato ad introdurre il procedimento di cui all'art. 28 Legge n. 300 del 1970 e sulla cui "esclusione" dallo stesso ha concordato la medesima parte ricorrente.

Ciò premesso, nel merito il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

Il contratto collettivo nazionale quadro sulle modalità di utilizzo dei distacchi, delle aspettative e dei permessi nonché delle altre prerogative sindacali del 7 agosto 1998 prevede, infatti, all'art. 2 comma 2 che "le assemblee, che riguardano la generalità dei dipendenti o gruppi di essi, possono essere indette singolarmente o congiuntamente, con specifico ordine del giorno, su materie di interesse sindacale e del lavoro, dai soggetti indicati nell'art. 10"; questa norma prevede, a sua volta, che "i dirigenti sindacali che, ai sensi dell'accordo stipulato il 7 agosto 1988, hanno diritto ad usufruire nei luoghi di lavoro dei permessi sindacali retribuiti, giornalieri od orari, di cui all'art. 9 per l'espletamento del loro mandato sono: i componenti delle RSU….".

Orbene il dato testuale non consente di interpretare la norma nel senso che legittimati ad indire le assemblee sindacali sono i componenti della RSU nel loro complesso ovvero unitariamente considerata. La dottrina più attenta, dal canto suo, non ha mancato di rilevare che il tenore letterale dell'accordo interconfederale del 1993, che ha sancito la scomparsa delle RSA di cui all'art. 19 dello Statuto dei Lavoratori e la creazione delle RSU, depone nel senso di escludere che queste ultime siano esclusivamente un organismo plurisoggettivo, in cui la rilevanza esterna va riconosciuta solo all'organo collegiale.

Il legislatore del 1970, con la disposizione di cui al più volte menzionato art. 19 della legge n. 300, aveva previsto la creazione di tante RSA quante erano le associazioni titolari dei requisiti previsti dalla medesima norma e ad ognuna aveva riconosciuto il diritto di assemblea, secondo il disposto del successivo art. 20, riconoscendo, in tal modo, il diritto di ogni associazione sindacale, costituita in RSA, ad indire assemblee, singolarmente o congiuntamente. Orbene non v'è alcuna norma che indica a ritenere che l'avvicendamento delle RSU alle RSA abbia fatto venir meno il diritto di assemblea già riconosciuto ad ogni associazione sindacale costituita in RSA, dovendosi, piuttosto, riconoscere che siffatto diritto spetta attualmente alle organizzazioni sindacali elette nell'ambito della RSU, quale risulta essere, nel caso di specie, l'odierna ricorrente.

Conseguentemente ad ogni singola componente sindacale eletta nella Rsu devono essere riconosciuti quei diritti e quelle prerogative prima spettanti alle organizzazioni sindacali costituite in RSA.

Quanto al diritto di indire assemblee sindacali, in particolare, esso deve, quindi, essere riconosciuto non solo alla RSU in quanto tale, bensì anche alle singole associazioni sindacali elette in seno alla RSU.  Lo stesso accordo interconfederale del 1° dicembre 1993, del resto, ha espressamente riconosciuto il diritto di ogni associazione sindacale stipulante il contratto collettivo nazionale di lavoro di indire, singolarmente o congiuntamente, l'assemblea dei lavoratori durante l'orario di lavoro, con ciò escludendo che la RSU abbia rilevanza solo unitariamente considerata.

Priva di alcun è la tesi che pretende di correlare gli artt. 2 e 10 del contratto collettivo nazionale quadro del 7 agosto 1998 con l'art. 8 comma 1 dell'accordo collettivo quadro per la costituzione di rappresentanze sindacali unitarie per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni del 7 agosto 1998, a norma del quale "le decisioni relative all'attività della RSU sono assunte a maggioranza dei componenti": l'art. 8 citato, infatti, disciplina unicamente l'attività delle R S.U., non già l'esercizio delle prerogative sindacali dei suoi componenti.

Diversamente opinando, ovvero ritenendo che anche in campi ed ambiti differenti dall'attività posta in essere dalla RSU operi il principio dell'unitarietà, verrebbero frustrati i diritti dei membri di minoranza della RSU che potrebbero non ottenere mai l'avallo delle proprie iniziative sindacali o potrebbero vedere limitate le stesse.

Per completezza giova, inoltre, evidenziare che a nulla rileva il disposto dell'art. 13 del contratto collettivo nazionale integrativo del comparto scuola del 15 marzo 2001, sia perché porterebbe a sopprimere di fatto i diritti previsti e disciplinati dal titolo III dello Statuto dei Lavoratori, sia perché attribuirebbe alla pubblica amministrazione il potere di scegliere, attraverso la scelta di sottoscrivere il contratto con date organizzazioni sindacali, il potere di scegliere altresì le organizzazioni che possono beneficiare o meno delle prerogative sindacali normativamente riconosciute, ciò che rappresenta, all'evidenza, una conseguenza inaccettabile.

Quanto al luogo di svolgimento delle assemblee sindacali, mette conto rilevare che, tenuto conto della ratio della norma di cui all'art. 20 dello Statuto dei Lavoratori, devono considerarsi legittimamente indette le assemblee che si svolgono in luoghi diversi da quelli in cui i lavoratori prestano la propria attività, ma pur sempre di pertinenza del datore di lavoro.

Tale conclusione è confortata dal disposto del citato art. 13 del contratto collettivo del 15 marzo 2001 che fa riferimento a locali idonei. Nel caso specifico, pertanto, l'indizione dell'assemblea in una scuola diversa da quella di pertinenza della RSU non può considerarsi illegittima.

Per tutti motivi sopra esposti deve, dunque, essere dichiarata l'antisindacalità della condotta denunciata e, per l'effetto, devesi ordinare al Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, al provveditorato agli Studi di Roma ed al Dirigente Scolastico dell'Istituto Comprensivo A. Da. Sangallo Manzi di Civitavecchia di cessare il predetto comportamento, di riconoscere a richiesta del rappresentante eletto RSU dell'Unicobas il diritto di indire assemblea sindacale in orario di servizio anche fuori dai locali della scuola, di concedere agli iscritti all'Unicobas ed al personale dell'Istituto medesimo i permessi retribuiti necessari per la partecipazione alle assemblee sindacali.

Non può, viceversa, trovare accoglimento la domanda di inibitoria di ogni verifica circa il permanere della volontà maggioritaria o unanime nell'ambito della RSU non essendo stato questo il motivo del diniego di assemblea nel caso specifico, ma essendosi limitato il Dirigente Scolastico dell'Istituto resistente a manifestare un intento futuro.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alle ragioni della decisione ed ai dubbi interpretativi esistenti in materia, per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale, pronunciando sul ricorso ex art. 28 Legge n. 300 del 1970 presentato in data 2 novembre 2001 da Unicobas Scuola Segreteria Provinciale di Roma e Caperna Antonio, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così decide:

dichiara il difetto di legittimazione attiva di Caperna Antonio;

accoglie il ricorso e per l'effetto dichiara antisindacale il comportamento di cui è causa;

ordina al Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, al Provveditorato agli Studi di Roma ed al Dirigente Scolastico dell'Istituto Comprensivo A. Da Sangallo Manzi di Civitavecchia:

- di cessare dal comportamento posto in essere nei confronti della RSU Unicobas;

- di consentire, a richiesta della RSU Unicobas di indire assemblea sindacale in orario di servizio in locali idonei anche fuori dei locali della scuola;

- di concedere agli iscritti all'Unicobas ed al personale dell'Istituto medesimo i permessi retribuiti necessari per la partecipazione alle assemblee sindacali.

Dichiara integralmente le spese di lite tra le parti.

Manda alla cancelleria di comunicare il presente decreto alle parti.

Così deciso in Civitavecchia il 28 gennaio 2002

Il Giudice
Dott.ssa Stefania Ciani
 

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Civitavecchia 31 GEN 2002

Il Cancelliere
Pasquale Scicchitano


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