Intervista sullo sciopero di Lunedì 16 Ottobre a Stefano d'Errico, segretario nazionale dell'Unicobas scuola (Il Tempo 15/10/2000)

D. Quali sono le motivazioni dello sciopero di lunedì?

R: L’Unicobas, al Governo, chiede semplicemente coerenza. Dal momento che gli stipendi dei docenti sono da fame (come ha riconosciuto lo stesso De Mauro, e gliene diamo atto), esiste un’emergenza scuola cui far fronte con scelte appropriate e coraggiose. Non si può riconoscere solo a parole l’insostenibilità della situazione e poi offrire mance. Tutti ormai riconoscono che il differenziale con il salario medio europeo è di almeno un milione e mezzo di lire nette e se è pur chiaro che non si possono ottenere tutte da domattina, non bastano certo gli 800 miliardi che Amato propone oggi nè i 1.000 che chiedono Confederali e SNALS. Gli insegnanti sanno fare i conti: se 400 miliardi equivalevano a 30.000, 1.000 corrisponderebbero a 75.000 lire! La partita per noi non si risolverà quindi con l’incontro ed un accordo al ribasso, mercoledì a Palazzo Chigi. Esecutivo e Confederali, con lo SNALS che ormai sembra fare da comparsa, devono rendersi conto che non possono più incantare nessuno. La scuola potrà venire soddisfatta solamente da un vero segnale di svolta: noi non deroghiamo dalla richiesta di almeno 500.000 lire nette per tutti i docenti dal primo Gennaio 2001, nell’ambito di un piano triennale che ci porti a colmare il differenziale con l’Europa. Parallelamente va investita una cifra idonea a salvaguardare da subito il salario di tutti (docenti, amministrativi, tecnici ed ausiliari), da un’inflazione di nuovo galoppante: quanto avrebbero già dovuto averci corrisposto da Aprile (lo prescriveva il vecchio accordo), come indennità di vacanza contrattuale, per un CCNL scaduto da Dicembre ‘99. A tale scopo dovevano servire quelle poche centinaia di miliardi (da incrementare) che oggi vengono impropriamente calcolate nel paniere del nuovo contratto, ma che nulla hanno a che fare con un “salario europeo”. Nella scuola non esistono figli e figliastri, ed anche i duecentomila non docenti hanno diritto di veder riconosciuta la propria professionalità con stanziamenti specifici, pure per garantire il rispetto dei diritti acquisiti del personale proveniente dagli Enti Locali, diritti bellamente disattesi: la verità è che ARAN e sindacati, prima della rivolta della scuola, si erano occupati solo dei dirigenti scolastici, per i quali sono pronti circa venticinque milioni lordi l’anno in più! Infine è veramente paradossale che - mentre dicono che ci sono difficoltà per il reperimento dei fondi - vogliono invece sottrarre al budget di tutti i 1.260 miliardi accantonati per il “concorsone”. Noi abbiamo seppellito i quiz e loro vorrebbero ritornare alla carica con “patenti didattiche” a punti, “superprof”, “gradimenti” estemporanei, esami in itinere, e destinare ancora quella somma ad un massimo del 20% di docenti-clienti: tutto ciò che è destinato agli insegnanti deve venire utilizzato per creare la base dell’indennità di funzione docente.
 

 

D.: De Mauro insiste su aumenti di merito per i migliori. L’Unicobas è contrario ad ogni sistema di controllo della qualità?

R.: Il Ministero ed i suoi sindacati di comodo si muovono in modo schizofrenico. Pensano a tutto, tranne che a riconoscere le punte di qualità esistenti, così mettono costantemente in crisi la scuola italiana. Abbiamo una elementare che è stata al primo posto nel mondo sino al 1990, attualmente collocata al ­comunque autorevole quinto scalino a causa della controriforma dei moduli varata dieci anni fa. Anziché rimuovere i danni causati da quella legge (148/90) si procede alla completa distruzione dell’elementare, che il “disordino” dei cicli accorpa con la media, per di più mandando in esubero 80.000 insegnanti fra i due ordini di scuola. Si dovrebbe pensare piuttosto a parificare - tramite il ruolo unico docente - gli stipendi, che per le elementari sono i più bassi in assoluto, nonché ad inserire nell’obbligo l’ultimo anno della scuola dell’infanzia.

I nostri diplomati erano i migliori d’Europa ma, tra “sperimentazioni” assurte a regime, decretini e riformette, è stato ridotto d’autorità il peso specifico dei saperi tramite un minimalismo d’accatto.

Invece di illudere genitori e studenti di poter interferire nella didattica, si ascoltino finalmente i professionisti dell’educazione e si facciano riforme degne di tale nome, magari innalzando veramente l’offerta formativa a 18 anni di età, anziché fare demagogia sul cosiddetto obbligo formativo, per poi alzare l’obbligo vero di un solo anno.

E’ stata sotto gli occhi di tutti la vergogna clientelare dei concorsi, ma nessuno li vuole abolire. Anzi, si mettono in cantiere lauree ridotte a 3 anni per diminuire la qualità del titolo di accesso e giustificare salari indecenti. Noi la risposta la abbiamo data: il vero problema da risolvere subito è quello della formazione di base degli insegnanti. Non si può pensare di “valutarci” dopo 10 o 18 anni dall’assunzione (vd. il “concorsone” berlinguerian-confederal-snalsiano) e senza che si siano istituite lauree abilitanti per tutti gli ordini di scuola. Lauree vere, con l’obbligo di esami di psicologia dell’età evolutiva, metodologia, didattica ed un anno di serio e selettivo tirocinio pratico. Solo così, creando graduatorie universitarie stabili ed assumendo direttamente i più meritevoli, si può eliminare la vergogna delle valutazioni estemporanee o clientelari delle prove concorsuali. Nel frattempo si assumano i precari, ma con un tutoraggio qualificato, non con i cosiddetti “corsi-concorsi”. Occorre poi un osservatorio super partes sulla scuola, istituito dalla società civile che, con la partecipazione di tutti i soggetti, controlli la qualità della scuola, ma i professionisti dell’educazione non possono venire giudicati da presidi e genitori. Gli avvocati non vengono certo “valutati” dai magistrati, nè i medici possono venire costretti a scrivere anamnesi e terapie sotto il dettato dei pazienti. Il corpus deontologico della funzione docente attiene allo specifico professionale e non alle valutazioni estemporanee dei demagoghi sostenuti su “Repubblica” da Miriam Mafai: si chiedano se l’uomo della strada sarebbe contento di veder affidati i propri figli ad un 80% di docenti di serie b! La creazione del super-docente è un mito da cartoni animati, che si rivelerebbe un boomerang terribile: servirebbe solo a fare in modo che qualcuno riesca a trovare il modo per non fare l’unica cosa che vale la pena di fare nella scuola, cioè insegnare, magari per andare a controllare il lavoro degli altri. Una “figura che si sistema”! Crediamo invece che vada premiata la scuola militante, quella di Don Milani, non quella di alteri “cattedratici” che si sottraggono all’impegno quotidiano nascondendosi dietro alle mode delle baronie accademiche ed alla demagogia!
 

 

D: Il Ministro parla di carriera e di anzianità.

R: Anche Berlinguer, in una recentissima intervista. Ma ambedue contraddicono la politica contrattuale che i loro Governi hanno seguito, allungando nel ‘95 per l’appunto gli scatti di anzianità, cosicché con quel contratto sono persino riusciti a darci di meno di quanto avremmo avuto se quell’accordo scellerato sottoscritto dai Confederali non ci fosse stato ed avessimo conservato gli scatti biennali. Esattamente per questo è stato creato un appiattimento.
 

 

D.: De Mauro dice di voler riconoscere l’impegno nelle scuole più “difficili”.

R.: Il ministro non ricorda però che sono stati stanziati solo 90 miliardi per i 300.000 insegnanti impegnati in scuole difficili o di frontiera. La strada era un’altra e noi l’avevamo proposta.

L’Italia retribuisce gli insegnanti impegnati all’estero (spesso in opere di mera rappresentanza) con cifre che variano dai 7 ai 12 milioni mensili e riconosce loro un’anzianità di servizio pressoché doppia rispetto a quella maturata: perché chi garantisce la continuità didattica allo Zen di Palermo o al Tiburtino Terzo di Roma, non può usufruire di almeno due anni di maggiorazione ai fini pensionistici ogni cinque svolti?
 

 

Stefano d’Errico
segretario nazionale dell'Unicobas scuola