(Intervento di Stefano d'Errico pubblicato su  “l’Unità”  del 31/5/2000)

A QUESTE CONDIZIONI SCIOPEREREMO ANCORA

Il neo Ministro De Mauro ha dichiarato che avvierà una consultazione nelle scuole per definire come impiegare i 1.260 miliardi stanziati per il defunto “concorsone”. Sarebbe un’ottima iniziativa, se non preludesse a forme di “valutazione” estemporanee affidate al controllo ed all’arbitrio dei presidi. In realtà gli insegnanti hanno già detto la loro scendendo in massa in piazza: non è possibile risolvere il problema della scuola peggio retribuita d’Europa con una mancia, in più destinata ad una percentuale predefinita di “eccellenze” in pectore (il 20%) da ricercare con metodi frettolosi ed approssimati. E’ inutile seguire ancora i dettami di un contratto già ampiamente delegittimato! Tale inaccettabile ostinazione ha già portato all’auto-affondamento di Berlinguer, persona comunque di indiscusso valore, e non risparmierebbe neanche De Mauro. Il problema va affrontato e risolto alla radice: non si può più rimandare l’intervento radicale ad un incognito futuro, quando il primo strumento è già nelle mani del Ministro. Al di la delle buone intenzioni e della solidità tecnica e morale della persona che occupa il Dicastero, risulta poco credibile asserire che la questione di una retribuzione adeguata “verrà posto”. Innanzitutto perchè è il Ministro a disporre dei 1.260 miliardi stanziati per “prove” decadute e non più proponibili: occorre un segnale immediato istituendo con quei soldi una prima indennità di funzione docente, senza la quale l’insegnante è confinato irrimediabilmente ad un livello inaccettabile a carattere meramente impiegatizio. De Mauro deve cominciare dalla testa, non dai piedi del problema! Il problema della qualità è altrimenti mal posto e non può certo essere affrontato con “marchingegni” ampiamente screditati, escogitati da clientele di “formatori” lontani dalla scuola e mai discussi in qualcosa che almeno assomigli ad un ordine degli insegnanti, questi professionisti il cui valore viene negato a priori, tanto che qualcuno pensava che avrebbero accettato supinamente di venire definiti “asini” per l’80 per cento! A meno che non si voglia antistoricamente riproporre quiz, esami estemporanei, “patenti didattiche” (magari a punti) ... esattamente quanto è già stato clamorosamente spazzato via! Cose che nessuno avrebbe mai pensato di poter imporre ad altri professionisti (pensate ad avvocati valutati dai magistrati o a medici costretti a seguire indicazioni, anamnesi e terapie suggerite dai loro pazienti!). Bisogna invece discutere di un codice deontologico della funzione docente, di come la libertà di insegnamento si relazioni alla libertà di apprendimento, del rispetto fra i ruoli e non solo dei ruoli, delle risorse e delle attenzioni da destinare alla scuola di tutti, di un necessario osservatorio della società civile sull’istruzione pubblica.

Grava inoltre su circa 80.000 insegnanti l’incognita del “Riordino dei Cicli”. Quali assicurazioni sono state fornite per la salvaguardia del valore della scuola di base (e della forza propulsiva che ha conservato la Scuola Elementare, attualmente al quinto posto nel mondo)? Perchè non è stato ricompreso nell’obbligo l’ultimo anno di Scuola dell’Infanzia, vero punto di forza della prima riforma Berlinguer? Ha un senso concentrare sui docenti il peso della riduzione di un anno dell’iter formativo, continuando ad aumentare il numero di alunni per classe e riducendo persino il numero degli insegnanti di sostegno che hanno prodotto l’integrazione dei portatori di handicap (elemento positivo, che pone l’Italia all’avanguardia nel mondo)? Può il nostro Paese continuare ad investire per l’istruzione meno di chiunque altro in Europa? Queste sono le altre domande che il corpo docente pone alla nazione ed al Governo e che attendono risposta.

Sul piano del diritto, infine, De Mauro è chiamato a ripristinare un confronto sindacale che nella scuola non può essere “tarato” su criteri meramente ragioneristici, come è stato dimostrato una volta di più dall’entità di una protesta guidata da sindacati ai quali viene negato da Ottobre persino il diritto di assemblea in orario di servizio. Per cosa, se non per una paura irrazionale del confronto, sono state rinviate di due anni le elezioni sindacali per le RSU? Non è così che si affrontano le questioni in un “paese normale”. Non è negando il pluralismo sindacale che riusciremo a dare alla scuola italiana una nuova fisionomia! Solo di fronte a fatti concreti, può venire sospeso il blocco totale degli scrutini, proclamato dal 12 al 16 Giugno. Il tempo non è molto: ci pensi, il Ministro!

Stefano d’Errico

(Segretario nazionale dell’Unicobas Scuola)